Cultura

Pubblicato il 1 Aprile 2013 | di Andrea G.G. Parasiliti

Terra matta: Il Novecento dell’analfabeta

Quando la letteratura sembrava ormai aver percorso tutti i suoi sentieri, quando sembrava (Grazie a Dio) che non ci fosse più nulla da scrivere né da leggere, ecco spuntare nel panorama letterario un libro nuovo, innovativo, difficile.
Il libro di cui intendo tracciare un’irrisoria prefazione (e per questo chiedo scusa già da ora) è quello di un autore tutt’altro che assiduo fruitore di opere letterarie, tutt’altro che frequentatore di circoli e disquisizioni dilettevoli…
Un autore estremamente difficile a causa di quella che non può neanche essere definita una scelta linguistica. Ci troviamo di fronte ad una lingua reale che viene messa per iscritto, non per scelta ma per stretta necessità.
La difficoltà di rendere graficamente fonemi non solo della lingua parlata ma anche di quella italiana.
Si tratta di un bracciante siciliano che fra gli anni 68’ e 75’ del Novecento si è rinchiuso nella sua stanza, senza dare spiegazione a nessuno, ingaggiando una lotta contro il proprio semi-analfabetismo..
Vincenzo Rabito è nato nel 1899 a Chiaramonte Gulfi dove morirà nel 1981, attraversando tutti i periodi più drammatici della storia d’Italia, vivendoli in prima persona e raccontandoceli dal suo punto di vista. Un punto di vista al quale non siamo stati certamente abituati dalla letteratura.

La sua è un’opera imprevedibile in tutti i sensi, ritrovata fortunosamente da uno dei figli, realizzata attraverso la sua vecchia Olivetti.
Un’autobiografia monumentale: Dalla guerra di trincea alla quale un ragazzino pensava di potersi sottrarre proprio per la giovanissima età (infatti tutto mi poteva credere, meno che io doveva antare in querra), alla seconda guerra mondiale, passando per l’improvviso benessere della bella ebica, arrivando financo all’ultima battaglia, forse la più difficile, combattuta per consegnare ai posteri quest’autobiografia.
1027 pagine a interlinea zero, senza lasciare un centimetro di margine superiore né inferiore, né laterale…
L’opera di Vincenzo Rabito, ragazzo del 99, si è da subito imposta all’attenzione dei filologi e degli studiosi della lingua, quasi un miracolo per quello che è un settore poco praticato, probabilemente a torto, della scrittura popolare…
Terra matta ci racconta le furberie, le peripezie di chi ha dovuto lottare tutta la vita per affrancarsi dalla miseria, un’opere frizzante e divertentissima sotto molteplici aspetti.
Lingua tragicomica, di chi non perde mai l’ironia del narrare. Lingua di chi ha provato sulla propria pelle che il conto del povero non torna mai…
Ma di colui che alla fin fine può almeno dire in faccia a tutti «Si, d’accordo, ho fatto una vita da cane però…». Perché in effetti se all’uomo in questa vita non ci incontro aventure, non ave niente darracontare… (stupendo questo raddoppiamento fono-sintattico, catena del parlato che non si spezza neanche sulla carta).

Rabito è davvero un personaggio della letteratura popolare, diventato narratore di se stesso. Sembra davvero uscito da Le parità e le storie morali dei nostri villani (Edizione Bur 1976, Milano) di un altro chiaramontano, il barone Serafino Amabile Guastella, vissuto interamente nell’800, conosciuto anche come il “barone dei villani” poichè, nelle sue opere sul circondario della contea di Modica, il protagonista indiscusso era sempre il “villano” nella sua concretezza e nel suo essere proverbiale.

Nel ricordare a tutti che l’italiano non è la lingua della nutrice, ma frutto di convenzioni storico-politiche tutt’altro che sepolte, auguro a questo libro eterna memoria.

Tags: , , , , , , ,


Autore

(Ragusa, 1988). Post-doctoral Fellow della University of Toronto si è laureato in Filologia Moderna all’Università Cattolica di Milano e ha conseguito il dottorato di ricerca all’Università degli Studi di Catania. Collaboratore del Centro di Ricerca Europeo Libro Editoria Biblioteca della Cattolica di Milano (CRELEB) e, nel 2018, del PRISMES (Langues, Textes, Arts et Cultures du Monde anglophone) dell’Université Sorbonne Nouvelle – Paris 3, si occupa di Libri d’artista e Letteratura Futurista, Disability Studies e Food Studies. Fra le sue pubblicazioni: Dalla parte del lettore: Diceria dell’untore fra esegesi e ebook, Baglieri (Vittoria, 2012); La totalità della parola. Origini e prospettive culturali dell’editoria digitale, Baglieri (Vittoria, 2014); Io siamo già in troppi, libro d’artista di poesie plastiche plastificate galleggianti per il Global Warming, KreativaMente (Ragusa, 2020); Ultima notte in Derbylius, Babbomorto editore (Imola, 2020); All’ombra del vulcano. Il Futurismo in Sicilia e l’Etna di Marinetti, Olschki (Firenze, 2020). Curatore del volume Le Carte e le Pagine. Fonti per lo studio dell’editoria novecentesca, Unicopli (Milano 2017), ha tradotto per il CRELEB le Nuove osservazioni sull’attività scrittoria nel Vicino Oriente antico di Scott B. Noegel (Milano, 2014). Ha pubblicato un racconto dal titolo Odisseo, all’interno della silloge su letteratura e disabilità La mia storia ti appartiene, Edizioni progetto cultura (Roma 2014). Come giornalista pubblicista, ha scritto per il «Corriere canadese» (Toronto), «El boletin. Club giuliano dalmato» (Toronto), «Civiltà delle macchine» (Roma), l’«Intellettuale Dissidente» (Roma), «Torquemada» (Milano), «Emergenze» (Perugia), «Operaincerta» (Modica), e «Insieme» (Ragusa) dal gennaio del 2010.



Torna Su ↑