Pubblicato il 19 Novembre 2013 | di Andrea G.G. Parasiliti
0Il secondo mestiere più antico del mondo
Questo il titolo di una raccolta di cinque intensi racconti che Massimo Gatta, bibliotecario, biblofilo e direttore della casa editrice Biblohaus di Macerata, come dichiara nel colophon, stampa fuori commercio per gli amici nel 2012, in tiratura limitata a qualche esemplare, in occasione dei suoi 25 anni nel mondo dell’università e delle biblioteche.
L’autore, seguendo il filone della narrativa dis-topica (pensiamo in particolare al Bradbury di Fahrenheit 451 e ai roghi dei libri e argomento dell’ultimo numero dei “Minima Bibliographica”, collana di piccole pubblicazioni che intendono contribuire alla diffusione della cultura del libro, delle biblioteche e della bibliografia edita da CRELEB) riesce a trasmetterci le perplessità di un bibliotecario e di un bibliofilo dei giorni nostri circa la prospettiva della «scomparsa del libro cartaceo».
Attorno all’orbita di questo filo rosso, come bene ci indica Giorgio Palmieri nella sua prefazione, ruotano gli interrogativi e le paure degli amanti del settore: «il diffondersi della documentazione digitale e della comunicazione elettronica, la loro contrastata coesistenza con il libro cartaceo, la dematerializzazione della biblioteca, la crisi del ruolo […] del bibliotecario, la progressiva dequalificazione di quest’ultimo al rango di mero tecnico […] depauperato […] di spessore e orizzonte culturale».
Protagonista indiscussa dei racconti è la biblioteca, luogo che diventa sempre di più un non-luogo, uno «spazio completamente vuoto» ma assolutamente sicuro. Direttori cinici e visionari, come nel caso di Un camino in sala lettura, i quali con fare mefistofelico portano finalmente a termine la “soluzione finale” liberando gli scaffali dai libri che, una volta consegnati al rogo, vengono rimpiazzati da personal computer…
Scene da campo di sterminio insomma come nel racconto La separazione degli amanti dove una povera sovraccoperta viene allontanata per sempre dal tomo che aveva abbracciato e protetto fin dagli anni ’50…
Pseudo bibliologi che nelle Nuove frontiere della bibliologia palesano tutta la propria ignoranza pensando di aver cambiato, complice un banale “qui pro quo”, il corso della storia del libro annunciando ad alta voce, durante la presentazione del loro Grande Piano Strategico di Abolizione Opere Cartacee, l’acquisto da parte della Nuova Biblioteca Virtuale dei «manoscritti rari a stampa»… Fermo poi scoprire dopo qualche tempo che il «politico studioso consulente culturale» aveva letto male il suo discorso che citava invece «rari e a stampa».
Infine mi piace ricordare la comparsa di una strana figura altrettanto inquietante che incontriamo ne La Signora in Nero della Biblioteca: una strana donna che, una volta preso il posto dell’antico direttore, uomo illuminato che «volle riportare la biblioteca ai fasti del PPI (Periodo Pre Informatico), fa sparire a uno a uno i volumi più importanti, lei che è membro della «Santa Alleanza contro il sapere», la setta già smascherata da Jacques Bergier nel suo romanzo I libri maledetti.
Arrivati a fine lettura, sembra che al bibliotecario non resti altra possibilità che quella di trovarsi una «via di fuga» che lo porti ad allontanarsi dalla realtà per poterla meglio comprendere e descrivere attraverso la «disinteressata lente bifocale dell’ironia».
Insomma, per dirla con Queneau: «Tutta questa storia», disse il Duca d’Auge al Duca d’Auge, «tutta questa storia per un po’ di giochi di parole, per un po’ d’anacronismi: una miseria. Non si troverà mai una via d’uscita?»