Approfondimenti

Pubblicato il 21 Febbraio 2014 | di Andrea G.G. Parasiliti

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Raccontando “La politica al servizio del bene comune: quali responsabilità per il cristiano?”

Il 19 febbraio presso la parrocchia del Preziosissimo Sangue di Ragusa è avvenuto un incontro dal titolo La politica al servizio del bene comune: quali responsabilità per il cristiano? L’evento che fa parte dei “percorsi in-formativi” sulla Dottrina Sociale della Chiesa, è stato organizzato dall’Ufficio diocesano della Pastorale Sociale e del Lavoro, insieme al vicariato foraneo di Ragusa, e ha avuto come relatore il Prof. Giuseppe Rossi dell’Università degli studi di Catania.

Dopo il saluto di padre Roberto Asta, vicario diocesano di Ragusa ha preso la parola Renato Meli, direttore dell’Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro, il quale ha fatto riferimento al piano pastorale della Diocesi di Ragusa, e al valore della corresponsabilità che lo ispira come valore fondante della scelta del tema dell’incontro di oggi.

Meli ha ricordato i passaggi del piano in cui si dice che evangelizzare la politica non è per la Chiesa solo un diritto, ma anche e specialmente un dovere, e che bisogna passare dalle presenze alla “presenza” della Chiesa nel Mondo.  «I cristiani», continua Meli, «devono entrare nelle problematiche della società e del territorio di cui sono parte. La dottrina sociale della Chiesa deve essere conosciuta e attuata. I laici, elaborando soluzioni concrete ai problemi della società, si pongono come parte importante della Chiesa e della società, realizzando la sintesi coerente fra etica e politica».

Carlo Maria Martini: “l’azione politica è la realizzazione del bene possibile nelle situazioni concrete cui si opera”

Meli ricorda che l’ormai compianto cardinal Carlo Maria Martini usava dire che “l’azione politica è la realizzazione del bene possibile nelle situazioni concrete cui si opera”. «Se dunque molti laici non credono nella politica e nella giustizia, come si può realizzare il bene della vita pubblica? C’è un problema di peccato di omissione e uno di incoerenza».

«La stessa Evangelii Gaudium di Papa Francesco – continua il direttore dell’Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro – esorta:

1) Alla pace sociale tra i vari ceti e fra i cittadini, attraverso il superamento delle disuguaglianze e della precarietà del lavoro e considerando la necessità di risolvere i problemi dei poveri, quale fine ultimo della politica;

2) Alla politica intesa come forma eccellente di carità, e alla necessità del dialogo fra i politici per sanare le radici profonde dei Mali e non la superficie della realtà.

Ma oggi, la carità in politica è una metà e non una realtà. L’oggi, in una vera evangelizzazione, è da considerarsi come i “tempi nuovi” cui bisogna credere, vivendo la gioia dell’evangelizzazione attraverso la politica».

Ecco dunque il prof. Giuseppe Rossi, docente all’Università di Catania, già Direttore della Pastorale della Cultura della Diocesi di Acireale e dirigente regionale del MEIC (Movimento Ecclesiastico d’Impegno Culturale): «La mia esperienza politica è limitata alle vecchie campagne elettorali al fianco del Prof. Angelo Scivoletto. I voti procurati a lui, non eletto, finivano per giovare solo all’elezione dell’On. Drago di Catania». A questo punto, mette da parte lo schema del discorso, distribuito all’ingresso, e parla a braccio.

Spiega che cos’è la politica:

«In senso stretto l’azione degli organismi democraticamente eletti e dei partici; più in generale il contributo del cittadino – singolo o associato – alla vita della comunità».

Che cosa sono i beni comuni naturali:

«Le risorse fondamentali (aria, acqua, clima ecc..), che sono indispensabili alla vita dell’umanità e non hanno solo un valore commerciale».

Che cosa sono i beni comuni sociali:

«Beni (come la scuola o i beni culturali) che superano l’utilità individuale e che devono poter essere fruiti da tutti.

Che cos’è il bene comune, al singolare:

Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall’altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di pólis, di città

«Concetto più tradizionale e specifico: Nella Gaudium et Spes n.26, (uno dei principali documenti del Concilio Vaticano II e della Chiesa Cattolica, promulgata da papa Paolo VI l’8 dicembre 1965, l’ultimo giorno del Concilio), leggiamo che per bene comune si intende “l’insieme delle condizioni della vita sociale che permettono alla collettività e ai singoli membri, di raggiungere la perfezione”. O ancora nella Caritas in Veritate, al punto 7, leggiamo che: ”Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall’altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di pólis, di città”.

Di contro però, secondo il professor Rossi, oggi disponiamo di “nuove Tavole della legge” dettate dall’ideologia liberista imperante e nelle quali troviamo i seguenti precetti:

1) Mondializzazione: non opporrai resistenza!

2) Innovazione tecnologica: non ti fermerai!

3) Liberalizzazione: un solo mercato!

4) Deregolamentazione: non permetterai allo Stato di fissare le regole dell’economia!

5)Privatizzazione: lascia che l’impresa domini la società!

6) Competitività: se vuoi sopravvivere!

Vi sarebbe dunque una scomparsa delle cose comuni oggi, con il prevalere esclusivo della proprietà privata su di essi, infatti «già Enico Mattei contestava agli economisti del suo tempo il fatto che essi negavano la possibilità di avere beni comuni. Lo Stato deve servire il bene comune, così come lo definiscono la Gaudium et Spes e la Caritas in Veritate».

Giuseppe Rossi continua ricordando che anche la Pacem in Terris, l’ultima enciclica di papa Giovanni XXIII e che risale al 1963, al punto 50, parla di bene comune al servizio dei diritti dell’uomo, che la Chiesa riconosce sia dal punto di vista naturale, sia dal punto di vista cristiano, e che definisce la libertà economica nel rispetto della sua funzione sociale.

«A questi diritti, aggiunge la Pacem in Terris, corrispondono speculari doveri: Si pensi alla responsabilità del cristiano quale  diritto/dovere del credente laico di contribuire allo sviluppo della società (sviluppo che deve essere “di tutto l’uomo e di tutti gli uomini” come leggiamo nella Populorum Progressio di Paolo VI) nel rispetto assoluto del principio di laicità, e nella coerenza fra fede e vita. Infatti seguire Cristo – continua Rossi, significa rispondere all’amore di Dio attraverso la fatica e la gioia della vita quotidiana».

Riguardo alle nuove prospettive della politica, vanno oggi considerate la svolta ecologista, la gestione responsabile della crescita esponenziale delle tecnologie informatiche, la globalizzazione della solidarietà e della giustizia sociale come riduzione decisa della disuguaglianza. Il relatore ha concluso proponendo “la scelta fondamentale”, proposta dal filosofo Jacques Maritain, secondo la quale chi si impegna in politica “da cristiano” dovrebbe essere 1) un romantico della giustizia; 2) un rabdomante, ovvero fare come coloro i quali riescono a scoprire le sorgenti sotterranee attraverso le vibrazioni di una bacchetta tenuta in mano, e quindi, nella nostra fattispecie, cercare di leggere i segni dei tempi e avvertire le cose nuove che crescono con fatica; 3) un mendicante del cielo che rifiuta la menzogna e i compromessi morali per vantaggi personali, per rispondere ai bisogno dei fratelli per amore.

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Autore

(Ragusa, 1988). Post-doctoral Fellow della University of Toronto si è laureato in Filologia Moderna all’Università Cattolica di Milano e ha conseguito il dottorato di ricerca all’Università degli Studi di Catania. Collaboratore del Centro di Ricerca Europeo Libro Editoria Biblioteca della Cattolica di Milano (CRELEB) e, nel 2018, del PRISMES (Langues, Textes, Arts et Cultures du Monde anglophone) dell’Université Sorbonne Nouvelle – Paris 3, si occupa di Libri d’artista e Letteratura Futurista, Disability Studies e Food Studies. Fra le sue pubblicazioni: Dalla parte del lettore: Diceria dell’untore fra esegesi e ebook, Baglieri (Vittoria, 2012); La totalità della parola. Origini e prospettive culturali dell’editoria digitale, Baglieri (Vittoria, 2014); Io siamo già in troppi, libro d’artista di poesie plastiche plastificate galleggianti per il Global Warming, KreativaMente (Ragusa, 2020); Ultima notte in Derbylius, Babbomorto editore (Imola, 2020); All’ombra del vulcano. Il Futurismo in Sicilia e l’Etna di Marinetti, Olschki (Firenze, 2020). Curatore del volume Le Carte e le Pagine. Fonti per lo studio dell’editoria novecentesca, Unicopli (Milano 2017), ha tradotto per il CRELEB le Nuove osservazioni sull’attività scrittoria nel Vicino Oriente antico di Scott B. Noegel (Milano, 2014). Ha pubblicato un racconto dal titolo Odisseo, all’interno della silloge su letteratura e disabilità La mia storia ti appartiene, Edizioni progetto cultura (Roma 2014). Come giornalista pubblicista, ha scritto per il «Corriere canadese» (Toronto), «El boletin. Club giuliano dalmato» (Toronto), «Civiltà delle macchine» (Roma), l’«Intellettuale Dissidente» (Roma), «Torquemada» (Milano), «Emergenze» (Perugia), «Operaincerta» (Modica), e «Insieme» (Ragusa) dal gennaio del 2010.



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