Approfondimenti

Pubblicato il 5 Marzo 2014 | di Mario Tamburino

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A proposito del Registro delle Disposizioni Anticipate di trattamento

L’aspetto più triste dell’incontro dell’8 novembre svoltosi nella Sala AVIS di Ragusa con Peppino Englaro, fortemente voluto dall’Amministrazione Piccitto per lanciare il Registro delle Disposizioni Anticipate di Trattamento di fine vita è stato certamente il silenzio dei cattolici.

“La vita è mia, decido io!” sintetizzano i nostri giovani all’uscita delle assemblee studentesche indette da solerti presidi. Poiché tra quei ragazzi ci sono i nostri figli, in mancanza di voci più autorevoli, è necessario offrire qualche spunto di riflessione alla loro libertà e intelligenza.

La mia vita non è mia. Tant’è vero che la ricevo. Io non mi faccio da me; è un’evidenza della ragione!

La vita non è un bene disponibile. Io non posso disporre di me stesso come si dispone di una cosa. Non posso vendere una parte di me, ad esempio un rene e, maggior ragione, non posso “comprare” una persona (si chiama schiavitù), la quale non può disporre di sé sino a questo punto.

Lo stato neutrale? Lo stato o le istituzioni, si afferma, nel caso delle DAT restano neutrali: ti informi e scegli. È stato Pietro Barcellona a denunciare l’ipocrisia di questa posizione. Lo Stato che esprime la propria neutralità rispetto alla scelta se vivere o morire dei propri cittadini dichiara, di fatto, la sua indifferenza rispetto al loro destino. Inoltre, quale libertà di scelta reale permette un contesto culturale che lega la dignità della persona alla sua capacità produttiva e di autonomia?

L’eutanasia della ragione e della scienza. Nell’antichità il malato rappresentava una potenziale minaccia per la comunità e veniva per questo spesso emarginato. All’interno di una concezione cristiana persino il lebbroso, invece, cominciò ad essere visto come immagine di Gesù sofferente. Tale riconoscimento modificò la vecchia prospettiva e contribuì grandemente all’apertura delle menti verso l’individuazione delle cause delle malattie e delle loro cure. Una posizione scientifica che vede nel malato terminale o in stato di coma vegetativo solo un corpo esposto ad una sofferenza senza senso non rischia forse di rinunciare alle ragioni della ricerca? Una ragione che rinuncia a ricercare il significato della sofferenza e del dolore, non rischia di censurare una parte troppo grande dell’esistenza?

Dichiarazioni anticipate.  Non stupisce che dei ragazzi esposti ad una visione unilaterale di un tema così delicato si omologhino apparentemente senza discutere. Mi colpisce, però, la mancanza di considerazioni critiche degli adulti nei confronti di decisioni prese oggi e che riguardano avvenimenti futuri del tutto ipotetici. Non si rischia di far confondere ciò che è consideriamo indesiderabile a diciotto anni con un fatto reale del quale non abbiamo alcuna esperienza e che si verificherà a ottanta? “Decido io” si dice. Ma di fatto Eluana non ha deciso lei, ha deciso suo papà.

Dignità della vita. Una volta stabilito che ciascuno decide sulla qualità di vita che è disposto ad accettare, esistono ancora dei limiti? Se sì, chi ha il potere di stabilirli? In base a quali criteri? Se io non sopportassi di vivere dopo la morte di una persona cara ci sarebbero ragioni per opporsi? Perché la legge mi impone di mettere la cintura di sicurezza o il casco? La vita non è forse mia anche in quel caso?

Economia. In relazione all’ultimo esempio fatto, si potrebbe argomentare  nel caso dell’obbligo di indossare il casco, ad esempio, la norma incide, non tanto sull’esercizio della volontà quanto sui costi sociali che potrebbero derivare dalla sua inosservanza in caso -poniamo- di incidente. Ma proprio questo aspetto dimostra che, negando alla vita un valore incondizionato si finisce per ridurla ad una funzione di carattere economico.

Scuola. Che senso ha utilizzare la testimonianza di Peppino Englaro, davanti alla cui drammaticità emotiva i ragazzi sono totalmente indifesi, per introdurre una riflessione sul Testamento biologico? Si vuole proporre una riflessione o si vogliono condizionare dei comportamenti?

Cattolici. Come è possibile che su un tema così delicato che tocca nel profondo l’idea di persona, di vita, di dignità dell’essere umano, il mondo cattolico taccia? Ci si è allineati, senza volerlo confessare, sulle posizioni della mentalità dominante, oppure non ci si espone per timore dell’ostilità che ne ricaveremmo? In entrambi i casi faremmo bene riflettere sulla nostra miseria.

 

 

 

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