Vita Cristiana

Pubblicato il 12 Marzo 2014 | di Mario Cascone

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I pericoli dell’accidia pastorale

È sicuramente un documento programmatico del suo pontificato l’esortazione apostolica “Evangelii gaudium” di Papa Francesco, scritta sulla base delle riflessioni fatte dal sinodo dei vescovi tenutosi nel 2012 sul tema della nuova evangelizzazione, ma anche sulla scorta di alcuni convincimenti forti di questo Papa che viene dall’America latina, dove ha maturato un’esperienza ecclesiale sicuramente molto particolare.

Dentro questo documento sono presenti alcuni concetti cari a Papa Francesco, come quello di una Chiesa che non deve farsi rubare la gioia del Vangelo e che pertanto deve presentarsi al mondo attuale come «una Chiesa in uscita», estroversa, essenzialmente missionaria. Quella disegnata da Papa Bergoglio è una Chiesa non centralizzata, capace di ascoltare il cuore che pulsa nelle diverse regioni del mondo e di non sovrapporsi alle legittime autonomie degli Episcopati locali, le cui riflessioni vengono citate abbondantemente in questo documento. Bergoglio non esita a scrivere che «anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale hanno bisogno di ascoltare l’appello ad una conversione pastorale»  e che «un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria» (n. 32).

Se questa è la cornice ecclesiologica nella quale l’esortazione pontificia si colloca, le riflessioni più incisive sono probabilmente quelle di natura più squisitamente pastorale, in cui si sente «l’odore delle pecore», ossia un’esperienza maturata da Francesco sul campo di un’azione pastorale molto ricca, in un contesto, come quello dell’America latina, nel quale si avvertono in modo lancinante le contraddizioni e le complessità della cultura globalizzata.

Fra le numerose osservazioni che il Papa fa all’attività pastorale della Chiesa attuale vorrei, in quest’articolo, limitarmi a coglierne una: quella dell’accidia pastorale, che secondo il Pontefice è una tentazione ricorrente e assai pericolosa per gli operatori pastorali del nostro tempo. Dopo aver rilevato con gratitudine che molti oggi spendono con generosità la loro vita per la causa del Vangelo, il Papa si rammarica di coloro che si attaccano a «sicurezze economiche, o a spazi di potere e di gloria umana che ci si procura in qualsiasi modo, invece di dare la vita per gli altri nella missione»  (n. 80).

 

Francesco è preoccupato di quei sacerdoti che «si preoccupano con ossessione del loro tempo personale», sentendo il bisogno imperioso di preservare i loro spazi di autonomia, «come se un compito di evangelizzazione fosse un veleno pericoloso invece che una gioiosa risposta all’amore di Dio che ci convoca alla missione». Il Papa dice a chiare lettere che «alcuni fanno resistenza a provare fino in fondo il gusto della missione e rimangono avvolti in un’accidia paralizzante»  (n. 81).  Quest’accidia può avere diverse origini: portare avanti con ostinazione progetti irrealizzabili, attaccarsi solo ad alcuni progetti coltivati dalla propria vanità, avere perso il contatto reale con la gente, puntando più all’organizzazione che alle persone (n. 82). Ma la più grande minaccia è «il grigio pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa, nel quale tutto apparentemente procede nella normalità, mentre in realtà la fede si va logorando e degenerando nella meschinità». Quest’ultima frase Papa Francesco la mutua da Benedetto XVI, facendo leva su di essa per osservare, stavolta con originali parole sue, che in questo modo «si sviluppa la psicologia della tomba, che a poco a poco trasforma i cristiani in mummie da museo». Questi cristiani, delusi dalla realtà, dalla Chiesa o da se stessi, «vivono la costante tentazione di attaccarsi ad una tristezza dolciastra, senza speranza, che si impadronisce del cuore come il più prezioso degli elisir del demonio»  (n. 83).

Mi sembra che queste riflessioni di Papa Bergoglio siano la fotografia di una particolare tentazione che può serpeggiare tra gli operatori pastorali di oggi. Alla base di questa tentazione c’è lo smarrimento delle motivazioni di fondo che devono sostenere quanti sono chiamati a portare avanti la missione della Chiesa. Il Papa richiama più volte il pericolo di un’accidia pastorale che nasce da un cuore privo di slancio missionario e che, a poco a poco, si lascia intorpidire in un’azione monotona, ripetitiva, priva di mordente. Egli perciò ripete più volte l’invito: «Non lasciamoci rubare la gioia del Vangelo!».

 

 


Autore

Sacerdote dal 1981, attualmente Parroco della Chiesa S. Cuore di Gesù a Vittoria, docente di Teologia Morale allo studio Teologico "San Paolo" di Catania e all'Istituto Teologico Ibleo "S. Giovanni Battista" di Ragusa, autore di numerose pubblicazioni e direttore responsabile di "insieme".



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