Pubblicato il 20 Aprile 2014 | di Andrea G.G. Parasiliti
0Padre Giovanni Nobile spiega il libro di Carmelo
All’indomani della presentazione del libro “Volo di un’anima inquieta: Volando ho trovato il tuo amore”, avvenuta il 3 aprile scorso alla Sala Avis di Ragusa, è parso utile e opportuno fare qualche qualche domanda sull’evento e sul libro in sé a padre Giovanni Nobile, parroco di Chiaramonte Gulfi e prefattore del libro di Carmelo D’Amanti.
Che partecipazione ha avuto l’evento e che cosa ha significato per la nostra comunità?
«La partecipazione debbo dire che è stata ottima. All’AVIS le poltrone sono 100 e c’era molta gente rimasta all’inpiedi. Ma vedi, non è tanto il fatto che ci fossero molte persone. Il fatto è che fossero interessate. Il libro di Carmelo è stato presentato in modo tale che si parlasse di tante cose. Non avevo mai assistito a una presentazione in cui, partendo da un libro, si parlasse di meditazione, di fisica, di postura, di preghiera…»
Cosa significa questo libro di preghiere di Carmelo?
«Innanzitutto, si tratta di preghiere che vengono dal cuore di un laico, e non da quello di un sacerdote. Carmelo, come scrivevo nella prefazione, è un vulcano e pertanto non riesce a stare dentro a un singolo movimento, anche se “i movimenti sono in movimento”. Egli è animato da una religiosità particolare, centrata sull’Eucaristia e sulla Madonna. Io l’ho conosciuto nella Chiesa Madre di Chiaramonte Gulfi giacché voleva confessarsi con me. Io gli dissi che avrebbe dovuto aspettare 20 minuti, mezz’ora. E lui mi aspettò, restando, nel mentre, in ginocchio in adorazione. Non è che sia un santo, Carmelo, ma è un tipo particolare: alcuni dei suoi pezzi, e non ho paura a dirlo, sono dettati da quella libertà che viene dallo Spirito…»
Che contributo, il suo libro, potrebbe dare alla comunità dei credenti e non?
«L’uomo di oggi non è interessato a Dio. Allora, forse, siamo noi preti a sbagliare, a non saper comunicare il messaggio, cosa possibile… Ma c’è da dire che gli uomini di questi tempi sono eccessivamente in preda alle preoccupazioni: il lavoro, la famiglia, gli impegni. I giovani, invece, sono presi dai divertimenti, ma poi sono tristi e non sono mai contenti. Perché? Perché non si stabilisce alcun rapporto con Dio, attraverso la preghiera. Il libro di Carmelo può colpire un po’. Ha scritto cose semplici, in modo semplice, così come dettate dallo Spirito».
Qual è stata la ricetta del libro di Carmelo, secondo lei?
«La preghiera e la contemplazione sono stati i due ingredienti fondamentali: non credo che si tratti solo di Carmelo. Se lo vedi sotto l’aspetto metrico e puramente tecnico, magari ci rimani mali. Ma il libro di Carmelo è scritto da un laico, il quale non è neanche del mestiere del poeta, in quanto tale. È un libro che non va criticato, bensì accolto».