Pubblicato il 4 Giugno 2014 | di Redazione
1Alle radici della Violenza di Genere
Sì, speriamo che sia femmina, era il titolo di un film di Dario Monicelli, ma, fatta eccezione di poche ed illustri eccezioni, come Giovanna D’arco o Lady Oscar, di fatto da Oriente ad Occidente, da Sud a Nord, l’essere donna determina una condizione di subalternità rispetto all’uomo, poche sono le culture, e minoritarie, in cui l’essere donna, o l’essere omosessuali o transgender, non crea discriminazione e disparità.
Interessanti, a tal proposito, gli studi svolti dall’ antropologa statunitense Margaret Mead, in Nuova Guinea, su tre popolazioni primitive: gli Arapesh, i Mundugumor e i Tchambuli, tre popolazioni che, pur vivendo a pochissima distanza gli uni dagli altri, avevano una struttura sociale assai diversa: tra gli Arapesh e i Mundugumor i ruoli uomo donna erano assolutamente indifferenziate, mentre erano ben definiti nei Tchambuli. L’antropologa pubblicò i suoi studi, in un testo dal titolo SESSO E TEMPERAMENTO in tre società primitive (tit. orig.: SEX AND TEMPERAMENT in Three Primitive Societies – 1935, Edizione italiana: 2003), dimostrando di fatto che, la distinzione tra uomo donna è influenzata fortemente dalla cultura.
Importantissima, inoltre, è la ricerca: L’ADOLESCENTE IN UNA SOCIETÀ PRIMITIVA, sempre della dott Mead, condotta nelle Isole Samoa del 1928 (ed italiana: Giunti-Barbera, 1980).
La rigida assegnazione dei ruoli, gli stereotipi sull’ essere femminile e l’essere maschile, fuori dai quali non si è più riconosciuti e riconoscibili per sé e per gli altri, le dinamiche relazionali e sociali, i modelli dominanti dell’essere femminile e dell’essere maschile, la stigmatizzazione dei comportamenti considerati devianti dalla società, ma che di fatto sono un’intima espressione dell’individuo, sono concausa di violenza e amplificano la sua manifestazione e l’isolamento di chi ne è vittima.
Dogmi e tabù su ciò che riguarda la sfera affettiva e che implica anche quella sessuale, pregiudizi su ciò che è “naturale” e su ciò che non lo è, producono tante vittime silenziose, invisibili, spesso del tutto private di legittimazione sociale.
La folla assume il ruolo di giudice moralista di ciò che bene e ciò che è male, prescindendo da un reale valore etico o sociale delle persone, e avallando di fatto la paura, l’odio e la violenza di genere. Tutto ciò torna utile, con intento o effetto ingannevole, a coloro che si riconoscono nei modelli dominanti carichi di pregiudizio, e che aspirano ad uno status sociale o hanno paura di perderlo, e soprattutto ne fanno strumento di potere e di controllo sugli altri.
Risulta evidente, quindi che esiste, prima di tutto un’emergenza culturale ed educativa, che coinvolge le famiglie, la scuola i media e la nostra cultura religiosa, occorre una rivoluzione culturale ed antropologica per ridefinire il paradigma educativo e culturale in cui le differenze, siano esse di genere, di razza o di religione, non rappresentino un pericolo da allontanare e da combattere, ma una ricchezza, un incontro, che ci permetta di crescere e vivere donando agli altri ciò che noi siamo e ricevendo ciò che loro sono.
In questo mi ritrovo sicuramente nelle parole del Cardinale Angelo Bagnasco: “Bisogna accelerare la conversione dall’io al noi e dal mio al nostro: non certo nel senso che non esistono più l’io e il mio, ma nel senso che mai più dovranno essere intesi come degli assoluti, cioè slegati dal resto del mondo fatto di “altri” “.
La Chiesa si sta interrogando su questi temi, con la dialettica necessaria e naturalmente punti di vista diversi, l’intervento di Mons. Nunzio Galantino, Segretario Generale della CEI al XII congresso nazionale dell’Associazione Scienza & Vita sul tema, AMORE & VITA – QUESTIONI DI CUORE, è uno dei tanti segni che forse, già con Papa Francesco e prima ancora con i nostri Vescovi e Sacerdoti, un po’ tutti si aspettavano e chiedevano, Mons. N. Galantino dice aprendo il convegno: “Quando come Chiesa tocchiamo questi temi – quando parliamo di amore e di sessualità – sembra che sia semplicemente per negare o per proibire: e quando passa questa idea, la proposta cristiana finisce per non attrarre più nessuno, né potrebbe essere altrimenti. Siamo qui, piuttosto, a raccogliere con passione e convinzione anche su questo fronte la sfida educativa … “.
Il dibattito sarà lungo, ma occorre che le Istituzioni e la Chiesa non offrano, nel frattempo, nessun alibi a chi usa la discriminazione e la violenza: la Chiesa è soprattutto Ascolto, Aiuto ed Accoglienza proprio per gli ultimi, per quella periferia esistenziale di cui parla Papa Francesco.
Questo il tema affrontato, nell’ultimo incontro del ciclo “Venerdì Insieme 2014 – Corresponsabili o irresponsabili?” , alle RADICI DELLA VIOLENZA DI GENERE, tenutosi alla Sala Avis il 16 maggio, i relatori: Antonella Passani, antropologa e sociologa, che ha collaborato con enti pubblici, istituti di ricerca pubblici e privati, università italiane e straniere e aziende private. Una delle sue aree di ricerca principali è quella della diversità, che l’ha portata ad affrontare i temi della non-discriminazione, della comunicazione interculturale e dell’omofobia. In merito a quest’ultimo aspetto, ha coordinato – per la Provincia di Roma – una ricerca europea di due anni che, coinvolgendo quattro Paesi, ha analizzato gli stereotipi e i pregiudizi dei ragazzi nei confronti delle persone LGBT (o GLBT è un acronimo utilizzato come termine collettivo per riferirsi a persone Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) e li ha poi attivamente coinvolti in processi di sensibilizzazione ed empowerment e Luca Casadio, psicologo e psicoterapeuta, che ha lavorato a lungo come psicologo dirigente nella AUSL di Modena.
Docente di diverse scuole di specializzazione post-lauream, svolge la libera professione e si occupa anche di formazione con singoli, gruppi e aziende. Ha pubblicato per editori prestigiosi di psicoterapia, psicologia dell’arte ed epistemologia. Negli ultimi anni ha partecipato a diversi progetti sul tema della discriminazione delle persone LGBT e del disagio giovanile; moderava il dibattito Rosanna Caudullo avvocata del centro antiviolenza di Vittoria, DONNE A SUD.
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