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Pubblicato il 1 Luglio 2014 | di Alessandro Bongiorno

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Suor Cristina, un successo sul quale riflettere: «Parla ai nostri giovani»

Il successo di Suor Cristina in tv, su youtube e sui social network ha riaperto un dibattito sull’uso dei media e su come vadano gestiti. In questo caso da una giovane che ha compiuto una scelta di vita e di fede molto forte. È giusto che la comunità si ponga questi interrogativi. Dalle risposte che arriveranno si potrà compiere comunque un passo avanti del nostro cammino di Chiesa.

Una premessa è doverosa. La Rai ha creato attorno a Suor Cristina un prodotto televisivamente molto accattivante. Senza la sua presenza, l’edizione di quest’anno di “The Voice” sarebbe stata un fallimento di ascolti. Questi programmi (i “talent”) hanno bisogno, più che di bravi artisti, di personaggi che possano catturare il pubblico. E Suor Cristina è stato il personaggio perfetto. Ha suscitato curiosità, ammirazione, simpatia da parte di tutti. L’averla abbinata a un rapper è stata la magia mediatica perfetta. Senza la suora di Comiso, nessuno avrebbe parlato di “The Voice”, né tantomeno ne avrebbero parlato in tutti e cinque i continenti. Nessuno ricorda gli altri partecipanti. In finale con Suor Cristina è arrivato un giovane metallaro che canta e suona come tanti altri metallari.  E che Suor Cristina sia stato un successo più mediatico che culturale lo confermano i dati sulle canzoni più ascoltate e scaricate. “Lungo la riva” – il suo bel brano – non rientra nelle classifiche tra i primi cinquanta.

Completata la premessa, occorre tornare alla domanda iniziale. Sino a quanto è giusto che una suora (o un sacerdote)  frequentino le arene televisive e dello spettacolo?

La risposta possono darla gli ultimi fotogrammi dello stesso “The Voice” con il regista costretto ad allargare l’inquadratura perché molti degli artisti sul palco non conoscevano le parole del Padre Nostro che Suor Cristina aveva chiesto di recitare. Per togliere tutti d’imbarazzo, il regista ha deciso di “staccare” su panoramiche molto ampie.

Abbiamo scoperto che c’è – tra i personaggi più apprezzati e imitati dai nostri giovani – chi non conosce il Padre Nostro. Sono loro che sanno parlare ed emozionare quei ragazzi con i quali a dodici anni genitori, parroci, sacerdoti, insegnanti di religione, catechiste, animatori, capibranco non riescono più a comunicare.

Questo avviene soprattutto in Europa. In Sud America, dove le Chiese sono più giovani, nessuno si stupisce di incontrare suore, sacerdoti e pastori che cantano e danzano. Anzi, i loro spettacoli sono sempre affollati. E piene sono anche le chiese (soprattutto, ma non solo, quelle protestanti che riescono a fare grandi proseliti).

E allora, occorre trovare un modo per parlare e incontrare in modo diverso queste generazioni. Suor Cristina può essere una risorsa, insieme alle sue tante consorelle che, nel silenzio dei monasteri, recitano il Padre Nostro per chi non lo conosce e pregano per una generazione con la quale non riusciamo proprio a entrare in contatto.

Leggi il parere di Laura Barone

 

 

 

 

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Autore

Giornalista, redattore della Gazzetta del Sud e condirettore di Insieme. Già presidente del gruppo Fuci di Ragusa, è laureato in Scienze politiche.



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