Attualità

Pubblicato il 8 Novembre 2014 | di Redazione

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Insieme ricorda Emanuele Giudice

L’Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali e la redazione di Insieme ricordano con ammirazione e gratitudine l’avvocato Emanuele Giudice per il suo significativo impegno, che lo vide tra i primi e più qualificati collaboratori  di INSIEME fino ai tempi più recenti.

Egli costituisce esempio di integrità morale, generosità politica ed impegno di servizio culturale per tutta la Chiesa diocesana e la società iblea.      

+ IL RICORDO DI DON MARIO CASCONE

Ho conosciuto Emanuele Giudice all’inizio del mio ministero sacerdotale, nel 1981, quando ero vicario parrocchiale nella chiesa madre San Giovanni Battista di Vittoria. Da allora è iniziata un’amicizia mai interrotta, che si è consolidata in tante forme di collaborazione, la più importante delle quali fu la promozione a Vittoria della prima scuola di formazione politica, intitolata a Giuseppe Lazzati: un’esperienza molto positiva, che coinvolse un centinaio di persone, oltre che relatori del calibro di padre Bartolomeo Sorge. Da allora fu tutto un susseguirsi di collaborazioni per conferenze, dibattiti, presentazione di libri suoi o miei, impegni ecclesiali e culturali di vario genere......

È sotto gli occhi di tutti quanto Emanuele Giudice ha fatto sul piano sociale, politico, culturale. La sua vita è stata costellata di numerose esperienze di servizio, che lo hanno visto impegnato anche come presidente della provincia e vice-sindaco di Vittoria. In questi servizi egli si è contraddistinto per la rigorosa coerenza morale, oltre che per la specifica attenzione ai poveri, agli “ultimi”, a quelli che oggi Papa Francesco definisce come le vittime di una “cultura dello scarto”. Era questa la motivazione più nobile della sua appartenenza alla sinistra democristiana, della quale fu per lunghi anni uno dei leader più autorevoli. Notevole è stato anche il suo impegno ecclesiale, che è cominciato nella parrocchia del Sacro Cuore, sotto la guida di quel santo primo parroco, che fu monsignor Salvatore Gurrieri. Emanuele si impegnò subito tra i giovani di Azione cattolica, nelle file della Fuci, nel Meic. Fu anche presidente diocesano di Azione cattolica. Per tantissimi anni fu collaboratore di “Insieme”, curatore di una rubrica che era sempre molto seguita dai nostri lettori, perché esprimeva, con rigorosa coerenza logica, il disagio sociale sofferto da tanti, a causa di una politica che il più delle volte se ne infischiava del bene comune. La sua era una fede vivace, appassionata, che conosceva anche l’oscurità, l’interrogativo lancinante, nell’ottica di una ricerca continua, che faceva pensare al concetto agostiniano, secondo cui dobbiamo cercare sempre la verità, continuando a cercarla anche dopo averla trovata. Nei suoi scritti, e in particolare nelle sue poesie, emergeva la luce di questa fede, che balenava in mezzo alla sofferta angoscia per le sorti dei poveri e dei sofferenti di ogni specie Era questo che lo portava anche a provare, sovente, una palese indignazione morale, che non era la rabbiosa protesta o la sterile, sloganistica denuncia priva di proposta. Era più esattamente il coraggio di sentirsi offeso nella sua coscienza di cristiano tutte le volte che constatava il calpestamento dei diritti e il soffocamento della giustizia. Addio, carissimo Emanuele! Grazie per quello che ci hai donato nel corso della tua vita. Godi ora il riposo eterno nell’abbraccio della misericordia del Padre. Mario Cascone

 

+ IL RICORDO DI ANTONIO CORBINO

La mancanza di Emanuele Giudice dalla scena pubblica veniva avvertita già da tempo. I malanni che l’affliggevano e che, da qualche anno, lo tenevano lontano dagli eventi pubblici, non gli impedivano, tuttavia, di scrivere i suoi articoli su questo giornale e di pubblicare altri libri, da aggiungere alla lunga serie di scritti della sua carriera letteraria. Doveva addirittura presentare fra qualche mese, con il sostegno di un’associazione culturale di Vittoria e con l’intervento di una colta docente, l’ultimo suo libro di poesie, dal titolo suggestivo e profetico: “Il sole provvisorio”.......

Non ce l’ha fatta. Il libro sarà certamente presentato e costituirà l’ultima perla della sua collana di numerosi libri di poesia, narrativa, drammaturgia poetica e, soprattutto, saggistica; ma lui non vi sarà. O meglio: vi sarà, ma nella dimensione eterna, e per noi misteriosa, di un’anima assorta nella contemplazione di Dio e tuttavia attenta – fa parte delle cose in cui crediamo e speriamo – alle vicende umane dei suoi cari e dei suoi amici. Egli ha avuto in sorte, nella storia genealogica della sua famiglia, il nome di Emanuele, che significa “Dio è con noi” e che preconizza il destino dell’ultimo viaggio per ritrovarsi accanto a Lui. Questo evento liberatorio e felice, che riusciamo ad apprezzare a mala pena con quel granello di fede che tentiamo di conservare, è un fatto certo per Emanuele, “Neli” per i familiari e gli amici. Fin da quando era giovane studente liceale ed universitario, è stato coerente con il suo credo, onesto nella mente e nel cuore. Le sue idee di democratico senza ipocrisie o secondi fini e il suo modo di essere un intellettuale cattolico di punta lo hanno sempre accompagnato nel lavoro, nelle attività di avvocato, di funzionario, di politico, di pubblico amministratore ed anche nella fase della vita che lo ha visto prolifico ed apprezzato poeta e scrittore di romanzi, di saggi (politici, di etica sociale, di ricerca umana e religiosa) e di drammi in versi (soprattutto di natura religiosa: come “Un uomo chiamato Gesù”, “Oratorio per un Bambino”, drammi pluripremiati ed anche rappresentati in pubblico). Chi scrive lo ha conosciuto nell’estate del 1951, da presidente della Giac nella parrocchia del Sacro Cuore di Vittoria. Era un’associazione di giovani di Azione cattolica, considerata allora, assieme a quella della parrocchia Ecce Homo di Ragusa, la più vivace e frequentata della Diocesi. Poi, al tempo in cui la Diocesi, staccatasi da quella di Siracusa, era retta dal grande vescovo monsignor Francesco Pennisi, divenne presidente della Fuci e, quindi, presidente dell’Azione cattolica diocesana. Nel frattempo, ancora giovanissimo, partecipava alle campagne elettorali per la Democrazia cristiana, sfruttando la sua notevole capacità oratoria, che, col passare degli anni, si affinava sempre più. Bisognava, del resto, affrontare aspre polemiche con il forte Partito comunista vittoriese di allora. A questo proposito, memorabili rimangono i suoi comizi durante i fatti d’Ungheria del 1956. Fu poi segretario politico della Democrazia cristiana, comunale e provinciale; consigliere comunale e, al tempo del centro-sinistra, vice aindaco di Vittoria. Per due volte venne anche eletto presidente della Provincia dal Consiglio provinciale (l’elezione diretta popolare non era allora prevista). Si presentò anche, più di una volta, per essere eletto deputato; ma ciò non avvenne mai. Cosa che egli si aspettava, perché, sebbene segretario provinciale e componente del Consiglio nazionale della Dc, faceva parte del gruppo della sinistra di base di quel partito, della quale, in provincia, era il capo stimato ed indiscusso. Lo spirito di servizio che lo animava gli impediva di rifiutare le candidature che gli amici gli proponevano. Ma dalle destre, anche quelle interne della Dc, gli giungeva sempre l’accusa di essere un “comunista”. Non era egli, infatti, un cristiano, che partecipava, per obbligo morale, alla vita pubblica ed essere lievito nel mondo? Non doveva manifestare la preferenza evangelica verso i “poveri”? La sua cosiddetta “sinistra” – come egli ha ben spiegato nel libro “A sinistra perché credo” – non era una semplice collocazione politica, ma un’autentica attenzione verso gli emarginati, gli immigrati, “i più piccoli”, come si era espresso Gesù. Nel 1993, a Vittoria, quando egli cominciava ad allontanarsi dalla politica attiva, alcuni ex fucini ed altri cattolici si riunirono – artefice il compianto poeta e letterato don Domenico Anastasi – e fondarono il gruppo Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale), movimento cattolico nazionale succeduto, negli anni ’80, al Movimento laureati di Azione cattolica. Emanuele Giudice, in questi venti anni trascorsi da allora, è stato uno degli elementi portanti del “gruppo”. Inoltre, nel 2003, si spese assieme ad altri, perché nascesse a Ragusa un secondo gruppo Meic. L’esperienza vissuta in questa associazione nazionale, ricca di intellettuali cattolici, sede di fermenti culturali di primo piano (molti aderenti sono docenti universitari), ha dato ad Emanuele, e a quelli che gli siamo stati vicini, l’occasione di crescere ancor più nella fede adulta, già maturata nel corso degli anni, e di rendere più acuto il senso di discernimento etico degli accadimenti politici e sociali. Non sempre ciò è stato considerato positivo per il laicato cattolico; sicché il Meic, nell’ambito nazionale, non ha goduto della simpatia di una parte dell’episcopato (almeno fino a quando non è stato ricevuto da Benedetto XVI in occasione dell’80. anniversario della fondazione del Movimento laureati, poi Meic). Se si leggono gli scritti di Emanuele o si sono ascoltati i suoi interventi nei convegni e nelle riunioni del Meic, si comprende bene che egli non era né bigotto né comunista. Era un intellettuale cattolico che conduceva la propria vita, coltivava il suo patrimonio culturale ed aveva un’idea della solidarietà sociale, conformi agli insegnamenti evangelici. Antonio Corbino

 

+ IL RICORDO DI FRANCO ANTOCI

«Molti di noi spesso rifiutano il pantano della politica come una realtà contaminante, dove la purezza della fede rischia di subire una adulterazione che ci sembra irreversibile. Invece la politica è lo spazio di verifica della nostra autenticità cristiana, perché è il luogo in cui l’imperativo dell’amore diventa storia»......

Questo pensiero di Emanuele Giudice è contenuto in un suo articolo pubblicato su Insieme nel lontano 1995 ed è frutto non di una astratta elaborazione teorica, bensì delle sue personali esperienze, vissute con tenacia e faticoso impegno nella nostra realtà politica provinciale. Ad Emanuele mi legano, oltre alla cinquantennale amicizia, anche due singolari circostanze. Fui chiamato infatti, dalla fiducia del compianto monsignor Pennisi, nel 1972, a succedergli nella carica di presidente diocesano dell’Azione cattolica, nel momento in cui, con il nuovo statuto promulgato da Paolo VI, l’associazione si avviava verso un rinnovato cammino. Ed ancora, per uno strano destino, sono stato chiamato a ricoprire la carica di presidente della Provincia, che Lui aveva ricoperto in anni precedenti: mi riferisco agli anni 1985-1987, anni nei quali ero sindaco di Ragusa. Due amici, due democristiani della sinistra di base, abbiamo avuto in quegli anni l’onore e l’onere di guidare i due più importanti enti locali del nostro territorio. È stata una bella e significativa esperienza che ci ha visto collaborare al massimo per dare risposte concrete alle nostre comunità. Ancora prima, negli anni ’70 ,Emanuele Giudice era stato, per noi giovani di allora, così come Angelo Scivoletto, così come Corrado DiQuattro, un sicuro e prestigioso riferimento nel variegato mondo politico democristiano. Abbiamo combattuto con lui e per lui tante battaglie per eleggerlo deputato all’Ars, ma noi eravamo dotati solo di tanto giovanile entusiasmo, di tanti ideali e di tanti progetti, mentre altri settori della Dc erano ben più potenti ed organizzati e così perdemmo quelle nostre battaglie. Emanuele però era convinto che «lo spazio della politica diventa lo spazio della carità» e che «il Vangelo è tutta una sinfonia che ci travolge nella suggestione di una fede che trova il suo compimento nell’impegno per cambiare la faccia della terra». Alla luce di questa sua profonda convinzione la sua vita è stato un esempio di coerenza, trasparenza ed impegno. Un impegno che a partire dalla famiglia “piccola Chiesa”, egli ha profuso nel campo professionale, politico e culturale. Emanuele Giudice non amava molto le mediazioni, i facili compromessi, la visibilità ad ogni costo; teneva piuttosto ad un lavoro silenzioso, frutto di approfondimento culturale dei problemi e di sincera ricerca delle soluzioni. Quanta distanza dal “pantano” della politica di oggi, quale abisso separa la sua figura da tanti piccoli attori delle istituzioni politiche dei nostri giorni ! La sua testimonianza, il suo rigore morale, la sua dedizione agli altri, ora che ci ha lasciato, siano non solo un caro e grato ricordo per coloro che lo abbiamo avuto vicino, ma soprattutto un pregnante insegnamento per i nostri giovani, specialmente per coloro che, con generosità, intendono spendersi negli «spazi in cui si realizza l’impegno nella nostra storia per cambiarla, partecipando alla costruzione di una società a misura d’uomo». Franco Antoci


Autore

"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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