Pubblicato il 27 Gennaio 2015 | di Redazione
0Impossibile chiudere gli occhi. Anche questa è schiavitù
di Emiliano Amico
Spesso la tv ci mostra le diverse forme di schiavitù che ancora esistono ai giorni nostri nel mondo. Ne restiamo colpiti, ma molte volte pensiamo che non ci appartengano, che non ci riguardino…
In realtà non è così perché, anche nel nostro territorio, purtroppo, ci sono delle forme di schiavitù che noi pensiamo appartengano al passato, ma, in maniera differente, esistono anche adesso.
La Chiesa italiana si è interrogata su questo e ha affidato a Caritas Italiana il “Progetto Presidio”, presente in 10 diocesi italiane tra cui Ragusa. Con Presidio gli operatori della Caritas stanno portando avanti un’azione di monitoraggio del territorio locale che va da Marina di Acate a Marina di Ragusa occupandosi soprattutto della tutela e del’assistenza dei lavoratori stagionali extracomunitari ed autoctoni del settore agricolo in ambito sanitario legale e amministrativo.
Nel concreto l’attività di promozione del progetto è costante e consiste in una fase di primo contatto e aggancio,in una mappatura delle zone per verificare le abitazioni, nel fornire risposte ai bisogni primari quali indumenti e coperte, nell’ascolto delle persone e, infine, nella consulenza amministrativa, legale e sanitaria. Grazie ad una precisa volontà del vescovo Paolo, Presidio usufruisce anche di una sede fissa a Marina di Acate che è diventato un luogo di ritrovo, un centro di ascolto e un piccolo ambulatorio medico dove gli operatori di “Medici senza Frontiere” effettuano visite per chi ne ha bisogno.
Le criticità riscontrate sono molteplici. A partire dal disagio abitativo con case caratterizzate da inadeguatezza e fatiscenza delle strutture che sono anche spesso sovraffollate; vivono infatti diversi nuclei familiari al loro interno e ci sono anche dei minori che non hanno il minimo indispensabile e hanno difficoltà a frequentare la scuola.
Adibite ad abitazioni sono delle vere e proprie baracche, dei casolari senza porte, con tetti in eternit e quindi con infiltrazioni di acqua, non isolate da caldo e freddo; in alcuni casolari non c’è né luce né acqua, né pavimenti e spesso per dormire si usano dei mezzi di fortuna tipo le cassette della frutta proprio per non dormire direttamente a terra. Vedere tutto questo, in contrapposizione alle strutture di cui invece sono costituite le aziende dove lavorano queste persone è davvero duro. Moltissimi soldi spesi per ottenere profitto e poi un trattamento al di sotto dell’umano per i lavoratori.
Altra criticità emersa è l’assistenza sanitaria; infatti in molti non possono accedere alle cure perché non iscritti al sistema sanitario nazionale. Proprio al Presidio fisso è arrivato un ragazzo che ha avuto un incidente sul lavoro; lavoratore in nero, senza i minimi requisiti di sicurezza, è rimasto ustionato dai diserbanti usati nelle serre, perché non indossava le calzature di protezione. A prima vista il piede era così gonfio che sembrava fosse affetto da qualche malattia grave; in realtà dalla visita è emerso trattarsi di una ustione infetta dovuta al contatto con i fitofarmaci usati nella serra che non è stata adeguatamente curata. Grazie alle visite e alle cure di “MsF”, dopo dieci giorni abbiamo potuto apprezzare il miglioramento dello stato del piede che ha consentito alla persona di camminare.
Altro punto critico è l’inquadramento contrattuale dei lavoratori. Sono per la maggior parte lavoratori in nero che ricevono saltuariamente paghe che vanno dai 15 ai 20 euro al giorno per oltre 12 ore di lavoro, da cui spesso vengono sottratti i costi del pane o della ricarica telefonica o del pacchetto di sigarette.
Altro problema è la mobilità; essendo un territorio senza alcun servizio per avere qualunque cosa queste persone devono spostarsi, quindi devono chiedere al datore di lavoro stesso o al caporale anche per andare a fare la spesa, sbrigare qualunque cosa; il “passaggio”non è gratuito, viene loro richiesta una cifra fino a 20 euro. A tutto questo va aggiunto che per le baracche che i lavoratori occupano viene richiesto il pagamento dell’affitto dai 150 ai 300 euro al mese, cosa che invece dovrebbe spettare gratuitamente da contratto, quindi tutto ha un costo ma con uno scarso compenso economico.
Abbiamo distribuito circa 300 coperte ad oggi tra coloro che sono arrivati al Presidio e coloro che abbiamo incontrato in giro. Malgrado il nostro aiuto materiale comunque, lo scopo principale è far emergere la legalità, quindi promuovere le istituzioni che possono dare l’assistenza occorrente a queste persone che è inammissibile che vivano in queste condizioni in una società che definiamo civile.