Politica

Pubblicato il 18 Febbraio 2015 | di Vito Piruzza

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Buon lavoro, presidente!

La storia a volte è bizzarra e le strade dei destini si intrecciano in modo sorprendente, in quel lontano 6 gennaio 1980 il magistrato di turno alla procura di Palermo, Piero Grasso, che accorre in via Libertà trova accanto alla prima vittima politica eccellente della mafia, il Presidente della Regione Piersanti Mattarella, il fratello Sergio; nessuno dei due fa politica, il primo è un giovane magistrato, l’altro un docente universitario, 35 anni dopo Piero Grasso, Presidente del Senato, Capo dello Stato supplente, fa il passaggio di consegne a Sergio Mattarella dodicesimo Presidente della Repubblica Italiana.

Abbiamo più di un motivo per esserne lieti, sia per chi è il nuovo Presidente sia per cosa rappresenta in questo momento.

È il primo Presidente siciliano, proviene dalle fila del cattolicesimo democratico, impegnato nella lotta a quella mafia che gli ha ucciso il fratello, e che l’ha indotto a dare una sterzata alla propria vita con l’ingresso in politica, schivo e riservato nello stile, determinato e coraggioso nelle scelte, limpido e tenace nella coerenza con i propri valori; insomma un siciliano che ben rappresenta ciò che di positivo questa nostra terra complessa e piena di contraddizioni può esprimere.

Lo stile e la motivazione dell’azione politica l’ha già esplicitata in quelle sue poche e scarne parole pronunciate per accettare la carica: «Il mio pensiero va alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini, e questo è sufficiente» … Nessuna retorica, nessuna autocelebrazione, nessuna ansia di bucare il teleschermo ne di compiacere questa nostra società dell’apparire, e al contempo l’unico pensiero rivolto alla sofferenza dei cittadini che però si apre alla speranza; una bella lezione di sintesi, di concretezza e di proiezione positiva verso il futuro.

Questo per quanto riguarda la persona del nuovo presidente, ma qualche riflessione credo sia opportuna anche sul percorso che ha portato a questo risultato.

Anche questa volta, come sempre, l’elezione del Presidente della Repubblica è un momento topico sia di verifica dello stato di reattività del Parlamento sia del confronto politico-istituzionale.

Due anni fa la rielezione di Napolitano ha da un lato reso palese lo stallo del Parlamento frammentato in tre minoranze, dall’altro misurato l’incapacità della politica di reagire a uno scenario inatteso, di avere uno scarto di fantasia creativa che superasse quello stallo; anzi la frustrazione per la mancata vittoria e la rivalsa degli sconfitti portò all’umiliazione politica di un Parlamento che non è riuscito a svolgere la sua funzione …

Adesso, due anni dopo, quello che ha affrontato questo passaggio, pur essendo costituito dalle stesse persone (i delegati regionali incidono per il 6 per cento sulla composizione di questa assemblea) sembra un altro Parlamento: nessuna sbavatura, nessun passo falso.

Questo intanto serve, e tanto, a ripristinare l’autorevolezza del Parlamento che è il cuore della democrazia e contribuisce a ricostruire un rapporto di fiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini.

Molto è dipeso dalla ritrovata unità del partito di maggioranza relativa (il Pd ha 446 grandi elettori su 1009), ma è stato reso possibile anche dal rigore con cui Renzi ha seguito il percorso che egli stesso aveva preannunciato. Prima di lanciare la candidatura ha incontrato tutte le forze politiche (tranne i soliti grillini che si sono rifiutati) dopo avere riscontrato che tutti preferivano un politico a un tecnico e che il requisito maggiormente richiesto era l’indipendenza di giudizio (che non fosse persona “appiattita” sulle posizioni del premier) e l’autorevolezza ha incontrato Bersani per condividere una candidatura che avendo le caratteristiche richieste da tutti i partiti costituisse all’interno del suo partito un’occasione di ritrovata sintonia dopo le ultime dolorose contestazioni.

Renzi in questa, come per la verità anche in altre occasioni, ha dimostrato coraggio; dopo essersi garantito l’unità del suo partito è andato deciso indicando un nome secco e dichiarando che il Pd si sarebbe scommesso fino in fondo su Mattarella, l’unica alternativa sarebbe stato un “tecnico”.

E il coraggio è stato premiato su tutta la linea: il Pd ha ritrovato unità, il centrodestra si è sfaldato, circa 40 elettori di Forza Italia hanno votato Mattarella e il resto scheda bianca, il partito di Alfano alla fine ha aderito alla candidatura, la Lega è rimasta isolata assieme a Fratelli d’Italia, Sel ha approfittato della ciambella di salvataggio per riavvicinarsi al Pd e il M5s ha perso l’ennesima occasione per presentarsi ai propri elettori come forza che sa assumersi le proprie responsabilità, in più è stato eletto un Presidente di assoluto prestigio (tutti, tranne Salvini, perfino Grillo ne hanno riconosciuto le indiscusse qualità) …

In più ha smentito tutti i complottisti che paventavano accordi segreti e inconfessabili stipulati al Nazareno; meglio di così?

Praticamente Renzi ha fatto filotto!

E comunque a prescindere dalle considerazioni su chi ha vinto e chi ha perso, credo che in fondo tutti abbiamo argomenti di ritrovato ottimismo, Mattarella da sicuramente garanzia di sobrietà, di rigoroso rispetto delle istituzioni e delle garanzie costituzionali, di rigore politico e morale, insomma sarà un mattone fondamentale nella ricostruzione del rapporto di fiducia tra il popolo e le istituzioni, tra i cittadini e la politica.

Buon lavoro Presidente!

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