Pubblicato il 6 Ottobre 2015 | di Andrea G.G. Parasiliti
0Quando Marinetti sbarcò (librariamente parlando) in America
The New York Times, 26 novembre 1972
In America si sbarca sempre. Anche in aereo. Anche se non sei più una persona in carne ed ossa ma sei solo un segno. Un segno di inchiostro impresso su carta. E anche in questo caso, da libro, anche se PAROLIBeRO, come capitò a Marinetti, devi passare i controlli. All’aereoporto, all’inizio degli anni ’70, arrivò, dunque, Filippo e Tommaso Marinetti (come l’Enea Silvio e Piccolomini, di Camilleri). E vi arrivò in veste di scrittore. Arrivò Marinetti, in un’urna di segni, dinamici e sintetici come una bomba a mano, e i controlli, futuristicamente, suonarono.
Arrivò Marinetti, in un’urna di segni, dinamici e sintetici come una bomba a mano, e i controlli, futuristicamente, suonarono.
Con le scarpe. Senza scarpe. Ai controlli suona sempre qualcosa. Il metal detector immancabilmente fa bip ed è già un’assagio di galera, scriveva ad aprile un amico, per Bompiani. All’epoca però non si compilava il questionario. Quello dinnanzi al quale un terrorista è obbligato a mettere le crocette affermative se gli fosse capitato, in passato, di aver avuto rapporti con al-Qaeda. Marinetti, ah sì, Marinetti!, o quello che rimaneva di lui, il plico di cartuzze futuriste, venne portato in una saletta e venne interrogato. Librariamente parlando. Era un futurista, e quindi un fascista. Mentre lo stavano per rispedire a Malpensa, nell’America del cristianesimo militante qualcuno, grazie a Dio, si ricordò di una poesia, l’ultima, quella scritta a Bellagio, sul Lago di Como, il 2 dicembre del ’44. «Parla di Gesù! – notò una voce – e ascoltate! scrive pure che “siamo le inginocchiate mitragliatrici a canne palpitanti di preghiere”». E fu così che Filippo e Tommaso passò non solo da cristiano, ma anche per santo. Non che fosse l’unico. Mentre Jack Kerouac trascorreva i suoi ultimi giorni a disegnare cardinaluzzi, Marinetti metteva giù l’Aeropoema di Gesù. Una vita di automobili in corsa, e per l’uno e per l’altro. «Il mio automobile», al maschile, avrebbe aggiunto Marinetti. Una vita di segni e di croci, e per l’uno e per l’altro. Ci fu un segno però che nessuno, in America, decifrò. Ed era croce, sì. Ma più che Gesù, sant’Andrea. Più che sant’Andrea, X Mas. Che l’ultima poesia, fu proprio il Quarto d’ora di poesia della X Mas.
Accolto, lavato e stirato, Marinetti, lo scrittore, venne finalmente tradotto in lingua inglese. E fu così che il 26 novembre del 1972 il «New York Times» pubblicò una recensione della buonanima di Michael Kirby, all’epoca professore di recitazione alla New York University, direttore di «Drama Review», e attore professionista che fece delle apparizioni finanche in alcuni film di Woody Allen (per citarne uno, Shadows and Fog del 1991). Fresco fresco di una pubblicazione sul teatro futurista, (Futurist Performance: Theory and Practice in the Drama, Scenography, Acting, Costumes, Film, and Music of the Italian Futurists, 1971), Kirby non rimase indifferente di fronte all’uscita del volume Filippo Tommaso Marinetti: Selected Writings, curato e tradotto (e introdotto) da R. Warren Flint, già a quest’altezza temporale non estraneo all’ambiente italiano se, tre anni prima, aveva proposto una selezione di opere di Cesare Pavese. E questa fu la prima volta che il Marinetti, lo scrittore, sbarcò in America (la priiiiiiiiiiiima volta!!!!)
La traduzione integrale è in uscita nel prossimo numero cartaceo di Emergenze, rivista trimestrale di arte, edito a Perugia e diretto da Antonio Cipriani e distribuita a Perugia, Milano e a Malta.
Per info: www.emergenzeweb.it