Pubblicato il 21 Ottobre 2015 | di Redazione
0FestiWall: il festival di street art di Ragusa che ha colorato la città
FestiWall sono stati sette giorni vissuti tutti d’un fiato, senza una pausa. Un giorno, uno dopo l’altro, lungo un anno, ma della durata di ventiquattro ore. Cinque artisti hanno cambiato prospettiva e dato una nuova vita ad alcuni angoli troppo “impolverati” di Ragusa Superiore.
Abbiamo organizzato un corso di disegno su dei poster con l’artista catanese Poki, alias di Emanuele, un ragazzo che ama dipingere i suoi ritratti su grande scala in tutte le città d’Italia, insieme a bambini dagli 8 ai 12 anni, per far capire a loro che anche l’arte è un mezzo di comunicazione e di formazione importante.
Abbiamo organizzato un laboratorio di serigrafia, una tecnica di stampa che utilizza come base un tessuto di poliestere teso su un riquadro in legno o metallo definito, insieme ai ragazzi del Teatro Mediterraneo Occupato di Palermo per far conoscere e comprendere al meglio cos’è la serigrafia e come questa pratica artistica deve sempre di più rimanere in vita, anche nel ventunesimo secolo. Abbiamo organizzato diversi appuntamenti musicali, al Prima Classe e in Piazza San Giovanni. Abbiamo organizzato un dibattito nel giardinetto dell’ex Palazzo Ina per discutere di street art, spazi sociali e beni comuni e, finalmente, ho assistito alla collaborazione attiva ed intelligente tra associazioni locali, assessori comunali e gente che vive in ogni parte d’Italia e che ha organizzato esperienze simili alla nostra. Ho visto Ragusa mai viva come in quei giorni, con migliaia di persone scese per strada ad assistere, e, perché no, a partecipare, ad un cambiamento come non si era mai visto.
Si è respirata, io ho respirato – tutti abbiamo respirato! – una nuova ed insolita aria nella cittadina siciliana figlia della speculazione edilizia e dell’illogica crescita di nuovi micro quartieri ad ogni anno che passa. Ragusa, non è proprio una metropoli con una lunga e solida storia di graffiti e murales, ma soprattutto non ha mai avuto una vera e propria storia di controcultura. Eppure ciò che è stato fatto per la città, tra il barocco patrimonio dell’Unesco ed una insolita indifferenza iniziale, è stato recepito ed assorbito esattamente come volevamo. Dalla madre con il figlio che si fermavano sotto il muro di Pixel Pancho, street artist di Torino e un po’ spagnolo di formazione che porta in giro in tutto il mondo la sua iconografia robotica, per una foto, alle scolaresche che improvvisamente hanno abbandonato le proprie aule per andare in giro tra i cinque muri, fino ad un’incidente avvenuto in Via Anselmo da Ragusa Padre mentre un’autista, invece di guardare la strada e chi aveva davanti a sé, ha preferito concedere ai propri occhi cinque secondi di arte, pubblica, con il muro di Daniel Eime.
Anche questo, così come per tanti altri episodi avvenuti nei sette giorni del festival, rappresenta per tutti una vittoria assoluta e a trecentosessanta gradi. FestiWall è stato una felice esperienza partecipata, giocata a 20 metri d’altezza, sotto lo sguardo stupito della città
È stata una festa collettiva a cielo aperto. Un’occasione sfruttata al 100%. Dal primo all’ultimo abitante della città, loro sono stati gli involontari spettatori dello spettacolo.
Ma i veri protagonisti, ovviamente sono stati i muri. Quelli sotto la Biblioteca Comunale, sotto la Protezione civile o davanti a tre condomini: di via Ariosto, via Ercolano e via Archimede..
Dalle brulicanti geometrie di Moneyless, visual artist milanese che ha creato a sua personale dialettica visiva caratterizzata da un forte astrattismo investigativo e da una cruda espressività degli elementi dello spazio per una percezione urbana differente, agli incredibili scenari urbani in bianco e nero inzuppati di surrealismo di Millo, artista pugliese famoso per le sue opere che si distinguono per la tessitura di intricate linee su cui campeggiano figure che strizzano l’occhio al mondo dei fumetti; dall’oniricità del bambino a cavallo di una luna rosa che pesca con un cuore un pesce di Natalia Rak, al bellissimo ritratto robotico-agreste di Pixel Pancho, per finire con il maxi volto di Daniel Eime, scolpito con gli stencil, tecnica artistica che permette tramite il taglio di alcune sezioni della superficie del materiale, nel caso di Daniel Eime carta, la formazione di un negativo fisico dell’immagine che si vuole creare, tra cornici di alberi e balconi.
FestiWall è stato un esperimento totalizzante di partecipazione: di sicuro la strada da percorrere nei prossimi anni non sarà facile, bisognerà stare attenti all’evoluzione del tessuto urbano cittadino e di come questo potrà assorbire la street art, o per come dice il famosissimo artista Aryz, il muralismo contemporaneo. La passione e la voglia di cambiare e poter camminare a testa alta sono il primo passo verso la rigenerazione di luoghi della comunità che per troppo tempo sono stati “non luoghi”. La street art di oggi non è un punto d’arrivo, bensì è la spinta da cui partire.