Emanuele Giudice

Pubblicato il 26 Novembre 2015 | di Redazione

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Emanuele Giudice testimone fedele e politico impegnato

La vita di Emanuele Giudice è la storia singolare di un uomo libero e coraggioso, buono e generoso, di un politico impegnato e onesto, signorile e prudente in un meridione che continua purtroppo a vivere per i capi tribù e secondo la logica della tribù di appartenenza e di arrivo.

E’ la vicenda di una bella personalità intellettuale e morale di un cristiano coerente che serviva con il suo carisma la chiesa con semplicità e consapevolezza profonda nello stile dei “fratres minori”.

Non fu mai “un protagonista della profezia” né “una sirena dell’integrismo”. E’ stato per la nostra realtà una forte luce vicina e un animatore attento e scrupoloso di civiltà e di progresso. Era un uomo “democratico” nell’animo e nel cuore, un convinto protagonista di un cammino corale di comunione collettiva sulla strada di una qualità superiore per ridurre il gap di cultura  e di moralità pubblica per far avanzare la società meridionale.

Ebbe a dire in una rapida ma significativa analisi del costume politico di personaggio noti che “la gente ha bisogno di stendardi, di parole facili in cui credere, di mobilitazioni della memoria in cui arruolarsi.

(e precisava come in un giuramento!?) << Ma io non mi arruolo dietro nessun stendardo. Ho bisogno di ragionare io, di convincermi, e di dialogare. E a nche voi ne avete bisogno, anche se non lo dite … La storia non si scrive con la paura … ma tenendo alto lo sguardo per scoprire e capire la realtà >> E. Giudice da “Pensieri sparsi sul nostro tempo”  edizioni Feeria – Comunità di San Leolino – Panzano in Chianti (Firenze) 2005 (pag. 52)

Avevo un sacro rispetto per la Parola e la usava con correttezza e proprietà semantica, con scrupolosa sintassi e con un’ermeneutica e una simbolica narrativa e non accettava la decadenza e la caduta di tono e di stile del parlare sia nella quotidianità esistenziale che nella comunicazione “politica” di rappresentanza. Egli notava che tutti <<Parlano parlano parlano. Tutti. Senza preoccuparsi dei significati, senza immaginare un interlocutore, senza proposito di comunicare … “ La nostra sembra diventata una civiltà della parola a ruota libera della chiacchiera infinita, del cicaleggio insistente e molesto … della caduta verticale dell’intelligenza e buon gusto per dare spazio al nulla gaudente” (pag 63).

Quando parlava di Ponzio Pilato “giudice” lo indicava come esemplare in negativo dell’appello alla volontà popolare opportunamente manipolata dal Sinedrio e dal tempio “che scelse Barabba al posto di Gesù (un ladro e un noto assassino invece di liberare un uomo buono!) piegando la giustizia alle ragioni della politica. “ (pp 82-83)

Quando esaminava il degrado della politica nelle istituzioni democratiche ai vari livelli sino allo spettacolo indegno dei parlamentari “comprati” diceva : << La politica è diventata oggi il luogo dove imperversa e spadroneggia l’interesse privato e personale fino a toccare punte di indecenza nauseanti.  >> (pag. 83)

Parlando di Giorgio La Pira egli sposava il nuovo compito della politica nella nuova storia dell’Umanità, dal momento che Cristo è veramente risorto tutto e soprattutto la politica doveva avere come nuovo inizio e sfida metastorica la Resurrezione di Gesù.  (pp. 120 – 121)

Per Emanuele Giudice la politica è nobile perché tesse non solo la storia visibile degli eventi ma anche in verità perché scorre invisibilmente con sapienza escatologica il corso provvidenziale della macrostoria.

Per questo la politica è fatta di intelligenza e di pazienza, di miseria e nobiltà, di anima e corpo, di grazia e peccato.

I politici sono i più grandi peccatori non solo per le ruberie e le negazioni del bene comune pubblico ma anche e soprattutto per le omissioni grandi e quotidiane.

La vera politica è discontinuità di cielo e di terra e guarda alla passione più forte e a quella più grande ed elevata della Croce del Risorto e coniuga la logica dell’immanenza (logica dell’Incarnazione) con quella della trascendenza (logica del bene comune o della Resurrezione) .

La buona politica è una medicina salutare a piccole buone dosi di conversione e di virtù, di sacrificio e di altruismo (logica della prossimità) .

Per chi ha fede la politica e lo sguardo vicino di Dio e della sua provvidenza .

Per chi non ha fede la politica è l’arte del buon governo per curare e bonificare i diritti della cittadinanza visibile.

Per tutti, credenti e non credenti, la politica non si fa religione ma diventa con misura laicità e distinzione signorile o l’arte dell’amare civile decondizionante, destrutturante e ricostruttivo nella società e nello Stato.

Presuppone quindi e sempre un agire spirituale e morale di tipo distaccato e ascetico cioè del “ servi inutili siamo! “.  Emanuele Giudice fu in questo senso alto e profondo un uomo politico di Dio.


Autore

"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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