Emanuele Giudice

Pubblicato il 26 Novembre 2015 | di Redazione

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La decadenza e il sequestro della politica

Ma cosa c’è scritto nell’agenda politica quotidiana, quali i temi, le urgenze, le priorità per cui il Governo, il Parlamento, i partiti e la classe politica stanno spendendo il loro impegno? La scuola, le pensioni, i salari, il lavoro, la sicurezza? Sono argomenti latitanti. Non sono in agenda. Eppure c’è anche un linguaggio della politica che si esprime secondo scelte e graduatorie di importanza pertinenti alla politica che il paese ha diritto di conoscere.

Aspettiamo dunque gli elenchi. Delle opere non delle intenzioni e dei sogni.
Se uno ha la ventura, superando lo sconcerto e il disarmo che lo invade, di prestare l’orecchio e l’occhio alla televisione, lo perseguita un rischio di fuga che nasce dalla tentazione di rimanere impigliato in un vischio untuoso e disgustante che ti cattura e domina, il vischio del melenso e dell’insulso, di una tiritera di luoghi comuni, di cibi pre-confezionati e stantii, di intrugli misteriosi e maleodoranti che ti vengono proposti per esser tracannati senza fiatare.
Abbiamo speso settimane a sorbirci un castello di artifici e di tralicci costruiti per distruggere, non l’avversario, ma il “caro amico” che si suppone abbia sgarrato. A giudizio, s’intende, del sodale di famiglia che controlla un buon numero di giornali e televisioni. Siamo stufi di Montecarlo, di un appartamento di 60 metri quadrati palleggiato tra un partito che non c’è più (Alleanza Nazionale), Fini e il cognato di Fini che abbiamo appreso chiamarsi Tulliani, passato all’onor della cronaca proprio in virtù dell’eminente parentela. Il “cognato” si sa che è divenuto ormai, in questa Italietta dell’intrigo familista e dossierista, una istituzione indispensabile per far politica o crescere in politica. Se non hai un “cognato” che ci stai a fare nel pantano della politica? Un “cognato” da blandire e beneficare non si nega ormai a nessuno.
A parte il silenzio imbarazzante, sulle molte ville del capo, ben più estese e consistenti dei 60 metri quadri di Montecarlo.
Tiene banco per quasi un mese, su tutti i maggiori quotidiani e periodici, una querelle insulsa e deprimente, per certi aspetti anche miseranda, nella misura in cui persegue l’obiettivo di distruggere il “caro amico e collega di partito”. Il fango ora si produce con apposita devastante macchina mediatica, costruendo verità, inventando dossier, insinuando, sospettando, aggredendo. La caratteristica che guida gli autori-manipolatori, in questi casi, è quella di prescindere dal vero o dal falso di quanto si asserisce e ingrandisce. La logica è un’altra, scoraggiare, o colpire per scoraggiare, a sua volta, chiunque osi dubitare, del capo o della corte, o abbia l’audacia di criticarli.
Ma chi è solito giocare con questi arnesi fangosi è, nel caso italiano, proprio chi col fango ha lunghe dimestichezze, avendo collezionato nel proprio catalogo di vita, processi per sentenze comprate, per concussioni e corruzioni varie, appropriazioni indebite e scalate acrobatiche per costruire le proprie fortune di magnate rampante.
Ora c’è da gestire un declino, l’avvicinarsi della conclusione, e non sempre si riesce a spettacolarizzare la vicenda, mitizzando se stesso come protagonista, spesso si finisce nell’avanspettacolo deprimente e pietoso affidato allo stantio attore scalcinato che non riesce più né a commuovere né a far ridere.
Si riduce a raccontare barzellette pecorecce a ragazzotti della corte che sghignazzano, a buttar giù battute da osteria, a propinare raccontucci delle proprie gesta, o infine a insolentire contro la solita magistratura “comunista”.
C’è un Romolo Augustolo ora sulla scena, intrattiene la platea nella recita malinconica e a volte penosa della decadenza dell’impero, narrandoci un tramonto inconsapevolmente descritto come preludio fatale della fine. Si inscena cioè la celebrazione di se stesso, nella quale non mancano, come d’uso, i fasti del governo, ma senza elenchi di fatti reali, bastando i proclami la cui eco si presume debba durare più a lungo nelle orecchie di chi ascolta.


Autore

"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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