Pubblicato il 26 Novembre 2015 | di Redazione
0L’appassionata terza via, un libro di Luciano Nicastro
Leggere un libro di Luciano Nicastro è una fatica piacevole e appagante. Una fatica, perché non è certo una lettura amena, da spiaggia. Sia per l’intensità della riflessione, che per la determinazione dell’autore di non concedere nulla a un facilismo di maniera, né sul piano semantico, né su quello degli strumenti per veicolare la densità del pensiero, lo spessore dei concetti e dei riferimenti filosofici, sociologici, politologici. L’autore si affida a un linguaggio volutamente elitario, fondato su un dialogo alto col lettore, per una indagine di grande rilevanza per l’avvenire del Paese che richiede impegno intellettuale ed è aliena da qualsiasi improvvisazione.
Nicastro parte dalla constatazione, davvero incontestabile, che« il riformismo di destra e di sinistra si rivela inadeguato nell’era della complessità e del globalismo pervasivo… La destra ripete il modulo del populismo “storico” ricorrendo a temi e problemi più adatti a una comunicazione mediatica. La sinistra è come il re nudo, non ha colori, ma solo ambizioni e antiche passioni». (pag.19)
Prevale nel libro, ricco di citazioni e richiami ad altre riflessioni sul tema, lo sforzo di tracciare le linee di superamento di una impasse politica a cui ha portato il vecchio paradigma destra-sinistra, capitalismo-comunismo, socialismo-cattolicesimo democratico. L’analisi socio-politica che pervade il libro è tesa a superare l’antica dicotomia della contrapposizione per un approdo ad un rimedio altro, che faccia tesoro anche dell’esperienza storica fin qui condotta, ne registri le cadute e i fallimenti e si avvii lungo un sentiero terzo, alternativo, ma capace di mettere a frutto e tesaurizzare quanto è possibile delle passate espressioni filosofico-politiche.
Con un lavoro di grande rilevanza speculativa, l’autore passa in rassegna le crisi storiche delle ideologie post-illuministiche, per poi tracciare le linee di un’alternativa al vecchio dualismo, facendo tesoro delle grandi intuizioni mouneriane, di cui egli è eminente cultore.
Ne consegue una indagine profonda, intelligente e puntuale sulla crisi che incombe nel Paese per la caduta dei vecchi moduli filosofico-politici, sulla necessità conseguente di individuare modelli nuovi oltrepassando le “colonne d’Ercole” dei vecchi assetti e percorrendo le vie nuove che egli fondamentalmente indentifica nel cosiddetto “socialismo bianco” di segno muoneriano, quale ipotesi capace di dare senso e contenuti alla “terza via”.
Mounier, infatti, in questa indagine, fa da protagonista e battistrada, indicando nella “rivoluzione personalista e comunitaria”, l’approdo credibile di ciò che, già ai suoi tempi, presentava i germi di un disfacimento.
La terza via viene proposta quindi come prassi, cioè come scelta attinta alla maieutica dell’impegno e della sperimentazione, per farsi paradigma di una nuova “socializzazione politica” come egli annunzia già dal titolo del libro.
L’approdo quindi è ad una politologia inedita che si avventura nei labirinti del futuro con la forza di lunghe esperienze maturate anche in sede politica, e soprattutto attraverso un impegno severo e stimolante di riflessione e di studio.