Pubblicato il 26 Novembre 2015 | di Redazione
0Partito Democratico tra amnesie e acrobazie
Bersani mette in cassetto le primarie, Letta parla di difesa «dal» processo, D’Alema definisce un «inciucio positivo» l’articolo 7 della Costituzione. E in Puglia si annaspa.
Comincia Letta, dichiarando sprovvedutamente, in una intervista su «Repubblica», che Berlusconi ha tutto il diritto di difendersi, sia nel processo – sul che tutti concordiamo – che «dal processo». Si finisce così col rifiutare ogni tentativo della magistratura di aprire indagini e rinviare a giudizio un cittadino quando si hanno fondati indizi di reato. Chi parla è vice segretario nazionale del Pd, ma forse, nel corso dell’eloquio, non se ne ricorda. Le sue dichiarazioni sono infatti in conflitto con l’articolo 112 della Costituzione che sancisce l’obbligatorietà dell’azione penale. Ma Letta non voleva dire questo. Lo precisa, secondo il più puro stile politichese, con una dichiarazione a chiarimento.
Una gaffe, alla quale però ne segue un’altra, a distanza di qualche giorno. Autore, stavolta, è D’Alema. Il quale nel suo empito di convertito alla moderazione, asserisce che non tutti gli «inciuci» sono negativi e detestabili, essendoci anche quelli buoni e digeribili. Cita in proposito l’articolo 7 della Costituzione, allora votato anche dai comunisti, per dare tutela costituzionale ai patti lateranensi. L’articolo 7 un inciucio? D’Alema sa, certo, che significa «inciucio». Alla lettera chiacchiericcio, pettegolezzo, in traslato pateracchio, pasticcio, frutto di scambi politici di basso conio mercantile. Un’asserzione quindi, quella del leader Massimo, che non ha fondamento storico, né politico. Un’altra gaffe. Utile però all’autore per l’annuncio di future disponibilità a qualche “inciucetto”, da trasformare in evento positivo ed elegante, come il vestito di Biancaneve al tocco della fata.
Poi c’è la Puglia, in cui gli avvenimenti hanno un timbro surreale, a prima vista incomprensibili dall’uomo della strada. Qui l’operazione ha due volti, entrambi sconclusionati. Da una parte si vuole sostituire, con poco stile e molta approssimazione, il Governatore Vendola, scelto, a suo tempo con le primarie di coalizione ed eletto dal popolo. Così avrebbero deciso i vertici del Pd per ingraziarsi il possibile alleato Udc, partito dal palato difficile, allergico ad ogni contaminazione a sinistra e incline a dettar legge in casa altrui, imponendo di stracciare ogni norma altrove vigente, quando non sia di sua convenienza.
L’altro volto dell’operazione non è meno strambo. Anzi è beffardo verso l’elettorato. Si tratterebbe di sostituire, de- decorandolo del titolo di governatore della Puglia, il sin- daco Emiliano, scelto appena pochi mesi fa dal popolo a larga maggioranza, al quale popolo ora si vuole dire grazie e buona notte. Roba da mandarli a quel paese, nel primo caso e nell’altro, qualora si fosse elettori del Pd, un partito che ormai ha nel suo Dna politico un unico punto di forza e di eccellenza, e cioè le primarie, a cui pare voler rinuncia re allegramente per non disturbare le pretese dell’Udc.
Segue un palleggio indecoroso sul tema primarie sì, primarie no, Vendola che le vuole, Emiliano che dice prima sì e poi no, il partito che non sa che pesci pigliare.
Nell’uno e nell’altro caso la volontà popolare è un optional che consente di cancellare primarie e risultati elettorali, usando una acrobazia politica di stampo veterodoroteo. Mi chiedo quale sorta di obnubilazione possa indurre un partito di grande spessore e ruolo come il Pd, a vedere le primarie come una scelta opinabile affidata ai capi, mentre, nello specifico, quelle di coalizione sono uno strumento divenuto nel tempo, per la sua singolarità democratica, il fiore all’occhiello irrinunciabile del partito.
C’è gente ai vertici del Pd che afferma e sancisce la teoria del doppio binario, germogliata da un trasformismo politicante che è un abito consunto e di foggia antica, in base al quale le primarie vanno applicate dove conviene. E il dove stabiliscono i vertici. I quali dicono, per bocca di qualche esponentuccio, che applicarle è inutile se c’è unanimità. Unanimità di che cosa? Del Pd o di tutta la coalizione di ogni singola Regione?
Intanto lo Statuto parla così (articolo 18, punto 4): «Vengono in ogni caso selezionati col metodo delle primarie i candidati alla carica di Sindaco, Presidente di Provincia e Presidente di Regione. Quando il Pd concorre con altri partiti alla presentazione di candidature comuni per tali cariche, valgono le norme di cui all’art. 20…». Si vuole cancellare tale norma? Allora va detto chiaramente, assumendosene tutte le responsabilità. Di fronte agli elettori e agli altri.
Il Pd sembra aver perso la bussola e annaspare. Questa è l’impressione che si ha di fronte alla bagarre scatenata in Puglia dal conflitto per le candidature. E a tutto il resto.