Emanuele Giudice

Pubblicato il 26 Novembre 2015 | di Redazione

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Segni del tramonto e presagio dell’alba

L’intervento del cardinale Bagnasco, presidente della Cei sui temi della politica italiana, ha avuto il dono della chiarezza e fermezza nella denuncia. Il tentativo di decontestualizzarlo, sottolineandone la valenza generale, appare cinico e mendace, eticamente discutibile.

I cortigiani, anche cattolici, che si rifugiano nel senso generale necessariamente dato dal cardinale al suo intervento,  hanno costruito solo un debole escamotage per coprire maldestramente il capo, ma senza riuscirci.

Bagnasco parlava nel contesto di un crepitio di accuse e di imputazioni che per giorni avevano occupato stampa e tv, fino a far lamentare un certo silenzio della chiesa, per prudenza o interesse. Non spettava a lui fare nomi e cognomi, gli bastava il vecchio adagio “intelligenti pauca”.

C’è uno squallore, esteso e forte, che invade e inquina tutto e induce a cercare riscontri che non si trovano nel calendario della storia italiana. E il rischio che si corre è quello d’essere ritenuto un insolente ficcanaso, un puritano giacobino intento a spiare il prossimo, violando i sacri recinti del privato, dove ad ognuno è lecito far quel che vuole, compreso il debosciato. Se tu ne parli è per invidia, se ne scrivi nei giornali è una montatura. Politica, s’intende.

Il Giuliano Ferrara, dall’alto della sua supponenza li definisce guardoni, incapaci di capire che c’è un’etica vitalista di chiara ascendenza fascista, che ti assolve prima che tu commetta il fatto. E’ il rito di Arcore o di villa La Certosa.

C’è una logica da basso impero, postribolare, gaudente, permissiva, che invadendo la politica, contagia la società, si fa messaggio e cultura e come tale ha l’ardire di pretendere perfino rispetto.

Quanto ai cortigiani, ci si attende siano sobri, prudenti, almeno nella parola. Invece no. C’è una cagnara televisiva, serotina o mattutina, intenta ad aggredire, a tacitare il personaggio non gradito, a imporre l’insolente sistematica interruzione dell’avversario sommergendolo in una cascata di parole vuote come gusci,  ma con funzione di zittirlo.

Chi riesce a farsi un varco, una fessura, chiede i connotati dell’imputato, se per caso fa il presidente del Consiglio e rientra nella casistica di cui all’art. 54 Cost. che impone a chi esercita un mandato pubblico, di farlo con dignità e onore. Ma quale onore, quale dignità? Nel vocabolario di Arcore le parole non esistono. Il giro di escort, di lenoni e procacciatori, di loschi intermediari alla Tarantini, uno che media si, ma anche paga per conto del Capo perché si taccia davanti ai giudici, è vorticoso e sfacciato e incontenibile.

Certo, tutto è ancora avvolto nell’immediato e non ancora definitivamente provato, e saranno i giudici, a darci la paro- la definitiva. Ma intanto, se la politica deve essere una casa di vetro, abbiamo o no il diritto di sapere, di giudicare sia pur con tutte le riserve del mondo. Gli indizi valgono poco o niente, ma quando sono ripetuti, concordanti, realistici e rilevanti, servono ad impedire che i misfatti si ripetano come i tocchi di un orologio a pendolo.

La Corte del satrapo invece che fa? Attende il verdetto dei magistrati, si intimorisce davanti alle reazioni dell’opinione pubblica a alla caduta nei sondaggi? Neanche per idea. La Corte grida al complotto mediatico, e intanto prepara una nuova legge contro le intercettazioni, magari un decreto elaborato dai suoi giurisvendoli, pur prevedendone il destino nel macero, per mancanza dei requisiti di necessità e urgenza. Il Capo intanto si bea suonando la cetra davanti alla città che brucia. Come Nerone.

Immaginate, in questo contesto decadente, la gioia dei disoccupati, dei pensionati, dei giovani allo sbando, dei malati che sperano in un’assistenza più decorosa, dei precari, delle vittime della mafia e di quanti attendono che il governo si metta al lavoro per risolvere un tocco dei loro problemi. Si accorgono di essere di nuovo sul Titanic, di là si suona, si balla e si sballa, si beve la vita come un bicchier d’acqua. Di qua si attende e si vede già avanzare il bianco dell’iceberg che affonderà la nave.


Autore

"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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