Pubblicato il 26 Novembre 2015 | di Redazione
0Signore Bambino donaci un altro Natale
A grandi passi si avvicina il Natale e tutto sembra voler ritornare a rinverdire riti antichi, emozioni struggenti, inscritti in un copione che si ripete ogni anno.
Natale rischia perciò di diventare una solitudine per chi si interroga sulla coerenza tra l’evento religioso e la sua traduzione nella concretezza del vivere quotidiano, all’interno di quella trama di usanze e rappresentazioni che ci accerchiano da ogni parte.
Confesso di sentirmi addosso la tentazione di disertare il Natale nei suoi tentacoli mondani perché scopro che ad aggredirci è una nausea in cui sembrano sciogliersi le antiche emozioni del Natale.
Questa corsa da un negozio a un bar, a un ufficio postale, a un ristorante, è come il riepilogo di un affanno che ci avvinghia in un abbraccio velenoso.
C’è ancora, nella memoria, dove di tanto in tanto fa capolino, il richiamo di un bambino infreddolito e povero, dimenticato sui ginocchi di una donna da folle innumerevoli che pur continuano a parlare di Lui, parla- no parlano, senza mai fermarsi, incapaci di silenzio, guardandolo senza accorgersi di Lui, toccandolo senza sentire la sua febbre, ignari delle sue domande e delle sue urgenze.
Ma che Natale è mai questo delle martellanti idiozie, del dilagare di sorrisi patinati e luccichii di stagnole e cellofan e fiocchi e nastri, di questa alluvione di frasi consunte dall’uso mentre ogni quattro minuti, sulla terra che egli è venuto a irrorare di grazia, muore un bambino all’interno della schiera di più di un miliardo di bambini che hanno fame?
Ma che Natale è mai questo delle strade goffamente addobbate di luci e girandole e presepi appariscenti e finte cornamuse e campane che suonano da sole con marchingegni elettronici mentre schiere di giovani cercano disperatamente un lavoro senza trovarlo?
Ma che Natale è mai questo degli alberi morti, tenuti in piedi a forza con incastri di zeppe e puntelli, sul selciato delle vie e delle piazze, come spettri imbellettati, mentre siamo intenti a distruggere, avvelenando l’aria e l’acqua e quindi la vita della terra che Dio ci ha donato?
Ma che Natale è mai questo del nostro comune, soave rincretinire davanti all’affollarsi, sui nostri teleschermi, di messaggi commerciali che propongono paradisi consumistici, mentre la droga, l’ebbrezza della velocità di automobili e motorini falcia le vite dei più giovani?
Ma che Natale può essere mai questo delle scommesse e degli azzardi sul tavolo verde di giochi che talvolta precipitano famiglie nel baratro mentre nella terra di Dio noi stessi organizziamo le guerre dove mandiamo a morire i nostri giovani?
Ma che Natale è mai questo dello scambio rituale e obbligatorio di doni anche costosi, tra chi ha molto e chi ha moltissimo mentre i disperati muoiono a Lampedusa, a due passi da noi, e noi non riusciamo più a sentire l’eco di quel rifiuto di ghiaccio opposto alla povera famiglia dei profughi di Nazareth: “…perché non c’era posto per loro nell’albergo…”.
Quale spazio po’ essere riservato a questo Natale mendace mentre siamo intenti a respingere in mare i poveri, o a cacciare oltre le frontiere dell’egoismo quelli che tentano l’avventura dello sradicamento dalla loro terra avara di risposte, per trovare un pane e un lavoro per i loro bambini il cui volto è copiato sulla stampo del bambino di Betlem?
Questo che abbiamo davanti è il Natale dei sazi, intenti a crapule e abbuffate sempre più raffinate, a base di salmoni e caviali e capitoni e spumanti d’annata.
Siamo smemorati e stanchi, sordi davanti al fragore delle armi che ancora insanguinano la terra, muti e incapaci di sentire il grido dei disperati che chiedono invano, ciechi che non vedono la miseria che stringe nel dolore la terra, svagati sulla scena dove si recita la tragedia delle più infami solitudini, fuggitivi davanti al dolore che artiglia gli innocenti, indifferenti davanti ai milioni di giovani disoccupati e precari a cui è negato il diritto alla famiglia e alla vita.
Dovremmo dunque pregarti con altra voce, così: “Signore bambino, pregarti di darci un altro Natale, di cui abbiamo impellente bisogno, un Natale come un grande inizio che conclude le attese estenuanti dei poveri, una musica nuova per le nostre anime, una luce diversa che si posa sul mondo, mani che si tendono e si stringono davvero, perché Tu nasca di nuovo. Tra noi”.