Approfondimenti

Pubblicato il 19 Febbraio 2016 | di Giuseppe Nativo

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Il crocefisso del Giubileo della Misericordia

Il discorso sulla iconografia della Crocifissione di Gesù diviene articolato e molto ampio quando va a toccare la rappresentazione figurativa del racconto evangelico. La straordinaria diversificazione delle raffigurazioni del Calvario va spiegata in rapporto alla diversa attribuzione di significato religioso data all’evento ma  anche (e forse soprattutto) in rapporto alla creatività degli artisti.

«Mentre dipingevo giravo intorno alla tela allo scopo di dare movimento alla figura e, nel contempo, dare l’impressione a chi guarda di essere sempre visto dalla stessa». Inizia così il veloce ma intenso colloquio, informale e amichevole, con Franco Cilia, eclettico maestro delle arti visive. Era una mattinata come tutte le altre ma speciale perché nella cattedrale di San Giovanni Battista di Ragusa erano in atto i preparativi per un evento epocale: l’apertura della porta santa per il Giubileo 2015-2016. A Ragusa come a Roma. Franco era lì, in un angolino all’interno della Cattedrale, accanto alla statua di San Giovanni Battista, con una sciarpa che copriva appena il collo e con gli occhi che brillavano perché osservava soddisfatto la sua tela, riproducente il Crocefisso, installata sopra la porta santa (nella parte interna).

Si tratta della tela riproducente il Crocefisso (“Christus patiens”) ritratto in forma ravvicinata. Cilia accenna, segna, dà una delicata luce alle ombre delle mani, delle dita. Il profilo del naso, le ciglia e le sopracciglia, le ferite e le relative piaghe appena abbozzate, sono tratteggiati da delicate pennellate schematiche ma decise. L’intera figurazione è addolcita da uno sguardo del Cristo che sembra scrutare in qualunque direzione si ponga l’osservatore. Quello di Cilia non sembra un Cristo sofferente, anzi dà l’impressione di essere a disposizione di chiunque lo cerchi con umiltà d’animo. Sullo sfondo le tenebre che cercano di avvolgere la sagomatura di un monte ma stentano a diffondersi perché cedono il passo alla luce nascente che squarcia il silenzio assordante del peccato. Una luce che, come cantava Francesco d’Assisi, “de te, Altissimo, porta significatione”. «La luce non si oppone alle tenebre che albergano nel cuore dell’uomo e nel dramma della storia dal di sopra e dall’esterno: ma vi si cala dentro, sino in fondo, per vincerle e fugarle dal di sotto e dal di dentro», spiega Franco Cilia.


Autore

Pubblicista. Appassionato di storia locale. Nel 2004 ha pubblicato un libro sulla Inquisizione in Sicilia nel XVI secolo, con particolare riferimento alla Contea di Modica. Collabora a diverse testate cartacee e on line.



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