Cultura

Pubblicato il 16 Marzo 2016 | di Agenzia Sir

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Mimì Arezzo, il cantore della Ragusa più vera

Una perdita, quella di Mimì Arezzo, che difficilmente sarà colmata. C’è infatti la consapevolezza che in Mimì v’era qualcosa che era solo suo.

minìL’occasione che ci induce a ricordarlo è data dalla volontà da parte della famiglia di donare al Comune alcuni oggetti antichi a lui appartenuti. Si tratta di un binocolo da teatro, una borsa, un ombrellino ed un libro di preghiere, pezzi pregiati di fine ‘700 ed ‘800 della famiglia di Mimì Arezzo di Trifiletti che andranno ad arricchire la collezione di abiti antichi ed accessori della moda appartenuti al professore Gabriele Arezzo di Trifiletti. «È bella Ragusa ! – sono parole di Mimì –. É bella nel corpo, fatto di centinaia di case, palazzi e chiese circondati da vallate che mozzano il fiato, ma è bella anche nell’anima, vibrante di emozioni e sensazioni accumulate nei secoli, che attendono solo di essere colte». Parole emblematiche che racchiudono l’anima di Mimì.

Pochi anni prima del tramonto, dopo anni di ricerche, aveva portato a compimento una meravigliosa opera letteraria, quasi il suo testamento spirituale, sono i sei volumi della collana “Una Ragusa da amare”, che di recente Enzo Criscione, cui lo legava una amicizia vera, si è sentito in obbligo di rinverdirne il ricordo con la riedizione di quell’opera, racchiusa in un elegante cofanetto. Sono sei capitoli di storia e tradizioni locali che vanno dagli svaghi (ad esempio il dopoguerra, il mitico Washington, le sale da ballo, il carnevale) ai detti antichi (le frasi celebri, i luoghi comuni, le ‘nciurie). Nel terzo volume troviamo la storia locale, dai saraceni ai Vespri siciliani e via via fino agli anni ’50; il quarto tomo è uno scrigno di “Cunti e leggende”, quasi un mitico habitat da favola. Il quinto volume parla di arte, fede e personaggi per un tuffo in tradizioni e usanze a molti sconosciuti. Infine la sesta parte è dedicata ai buongustai, una miriade di storie legate alla cucina e al dialetto ragusano.

All’epoca della sua scomparsa Mimì Arezzo aveva 65 anni: è stato un innamorato della storia locale, uomo di cultura ironico, capace di prendersi in giro, studioso delle tradizioni locali. Oltre che promotore di iniziative culturali Arezzo è stato direttore di un periodico, “Il Pungiglione”, capace di menar fendenti a destra e a manca con grande sagacia. Per tutta la sua vita ha svolto un’intensa attività culturale, fondando negli anni numerosi circoli e associazioni, tre giornali (“RagusaMondo”, “Il Giufà” e “Il Pungiglione”) e due case editrici.

 

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