Pubblicato il 24 Marzo 2016 | di Redazione
0Cittadini, operatori di pace e “seminatori” di speranze
Il 12 marzo dell’anno 295 d. C., a Tebessa, attuale Algeria, un giovane di nome Massimiliano veniva giustiziato all’età di 21 anni per aver dichiarato, in quanto cristiano, la propria obiezione di coscienza alla violenza armata e alla guerra. È nel ricordo di quel giovane, oggi martire protettore del servizio civile, che il 12 marzo scorso 2.500 giovani in servizio civile presso gli enti afferenti al Tavolo ecclesiale del servizio civile – dalla Caritas alle Misericordie, dall’Associazione Papa Giovanni XXIII alla Focsiv – hanno popolato la piazza di San Pietro, al grido “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”.
«Saluto i giovani partecipanti all’incontro dei volontari del Servizio civile», ha detto papa Francesco: «Oggi ricorre la memoria liturgica di San Massimiliano di Tebessa, martire per obiezione di coscienza durante l’impero romano. Cari giovani, imparate da lui a difendere i valori in cui credete».
La nostra Caritas era presente con ben 60 persone: 40 giovani in servizio, alcuni responsabili delle sedi di attuazione dei progetti, il direttore Domenico Leggio, Jenny Campagnolo e Francesca Greco, referenti per i giovani in servizio civile.
Una fra tutti, Martina Iacono, in servizio a Ragusa presso la cooperativa sociale A. F. Ozanam, che ha incontrato direttamente il Pontefice insieme con una piccola delegazione di colleghi, dichiara: «Un grazie lo devo al Servizio civile nazionale per avermi concesso di vivere un’esperienza unica e indimenticabile. Vedere da vicino e stringere la mano al Papa, credo sia il desiderio di ciascun credente e fedele e pensare che ciò sia successo a me è un’emozione indescrivibile a parole che porterò dentro di me per sempre. La Sua stretta di mano l’ho sentita e l’ho percepita come un caloroso abbraccio, come una presenza fissa che mi accompagnerà e veglierà costante nei miei giorni. Rimarrà un giorno indimenticabile e lo ricorderò con tanta emozione e gioia!».
«Il Santo Padre nel commento al Vangelo della lavanda dei piedi – ricorda Domenico Leggio – ha affermato che l’amore è “opere e servizio” e, svolto in maniera silenziosa, diviene elemento costitutivo della persona. Per questo sono certo che quanto vissuto da ciascun giovane non rimarrà relegato a questo anno di servizio civile ma aprirà il loro cuore ad una dimensione indelebile nel percorso di vita».
Il cardinal Francesco Montenegro, presidente di Caritas Italiana, ha salutato i ragazzi chiamandoli “operatori di pace” ed ha ribadito la stretta interdipendenza tra la vita del singolo e quella della comunità: «Voi avete il compito di essere contagiosi verso i giovani che vivono nel disimpegno. Infettateli! Che possano dire “Perché loro sì”? Vi chiedo di diffondere le parole di Papa Francesco che dice “Costruite amicizie nuove, offrite il vostro tempo, preoccupatevi sempre di chi vi chiede aiuto. Siate coraggiosi e controcorrente, siate amici di Gesù, che è il Principe della pace (cfr Is 9,6)”».
Il presidente Sergio Mattarella ha fatto giungere un messaggio in cui definisce il servizio civile «grande opportunità per crescere nella consapevolezza del proprio ruolo di cittadini, assicurando al tempo stesso all’intera comunità un contributo concreto e prezioso».
Forti le parole di padre Giulio Albanese, il quale definisce l’informazione “la prima forma di solidarietà”: «Sappiamo veramente poco del nostro mondo, non comprendiamo le cause di ciò che succede. Il primo impegno da prendere è quello di documentarsi, di leggere libri, quotidiani, settimanali… la negazione dell’informazione è dittatura!». Evidenzia due priorità su tutte: il bisogno di legalità e la questione migratoria. «È immorale che l’1 per cento della popolazione mondiale sia arrivato a detenere la ricchezza del restante 99%». Infine suor Michela Marchetti ha raccontato del suo lavoro a Crotone in un centro anti-violenza per donne e minori, utilizzando parole, gesti ed espressioni così autentiche e forti da conquistare l’attenzione di tutti i giovani che la hanno salutata con un caloroso applauso.
È importante che i nostri giovani si sentano parte di una realtà più grande, di speranze condivise, di una comunità che oggi hanno incontrato e guardato negli occhi. L’appartenenza è uno dei sentimenti di cui, immersi in un vortice caotico ma spesso superficiale di incontri, hanno più bisogno per sentirsi preziosi e necessari al mondo. Che i giovani si sperimentino e si sentano guidati da persone significative è ciò che auguriamo loro e, con questo viaggio, speriamo di aver dato il nostro impulso a tutti gli altri viaggi che verranno.
Jenny Campagnolo