Vita Cristiana

Pubblicato il 15 Aprile 2016 | di Mario Tamburino

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Papa Francesco, la via della conversione a un mondo inquieto

Quanti papa Francesco esistono?

A tre anni dalla sua elezione al Soglio di Pietro, la sera del 16 marzo 2013, sembra esservi un Francesco per ogni orientamento individuale o collettivo. C’è il Francesco ecologista, quello comunista, quello pauperista, il Francesco permissivo capace di perdonare la madre che ha abortito e quello pronto a sferrare un cazzotto se gli offendono la mamma e a gridare che «l’aborto non è affatto un male minore, ma un crimine!».

Di questa tentazione ad “impadronirsi” del papa e delle sue parole, un’interessante esemplificazione è stata offerta durante la discussione al Senato della proposta di legge Cirinnà. «Non mi immischio nella politica» titolavano le maggiori testate giornalistiche riportando la risposta di Bergoglio, intervistato sul dibattito in atto di ritorno dal viaggio in Messico. Truccando le parole di Francesco dei colori arcobaleno si finiva, però, per deformare i tratti del volto di una misericordia che tutto accoglie e tutto perdona in una caricatura sentimentale che giustifica ogni cosa in nome del relativismo dei valori e della dittatura dei desideri.

D’altro canto, anche quanti hanno inutilmente tentato di trascinare il papa nell’agone dello schieramento avverso alla legge, non si accorgono che Francesco ha introdotto uno stile diverso ed irreversibile di stare dentro la realtà. Entrambi i fronti, in fondo, credono debba essere la legge, in un senso o nell’altro, a risolvere il grido di compimento degli uni, o la possibilità di una costruzione sociale degli altri e cercano, nelle parole di Francesco, lo spunto per la propria giustificazione.

Non stancandosi di mettere in guardia dal pericolo pelagiano di trincerarsi dietro alle regole, questo papato rifiuta la logica degli schieramenti. Non di tirare la giacca (o la veste) del papa dalla propria parte, si tratta, ma di imparare da lui. Non di trovarsi d’accordo, ma di immedesimarsi. In ciò non vi è alcun cedimento al relativismo. Solo il rifiuto di chiudersi in una contrapposizione sterile con un’umanità, quella post moderna, che ha smarrito la via di un rapporto ordinato con le evidenze che emergono dalla realtà.

«Il papa non si immischia nella discussione parlamentare» aveva dunque affermato Francesco. Ma chi si è fermato a dare rilievo solo a queste parole ha maliziosamente oscurato il prosieguo del dialogo. Affidando il voto parlamentare alla “coscienza ben formata” dei parlamentari, egli ha raccontato l’episodio umoristico, ma non troppo, di due politici cattolici argentini. Dovendo decidere, sul tema del matrimonio omosessuale, se “fare un favore” al presidente Kirchner o a Bergoglio, i due sceglievano utilitaristicamente di farlo all’uomo politico più potente del Paese.

La necessità di una “coscienza ben formata” sui temi decisivi delle generazioni presenti e future, esprime il bisogno di riconquistare personalmente ed offrire a tutti, le evidenze di ragioni che non si possono imporre. E questo, non perché si sia insinuato il dubbio circa le verità in oggetto, ma perché, oggi più che mai l’uomo ha bisogno di riconoscere ciò che può compiere il suo desiderio e ciò che invece lo inganna, all’interno di una traiettoria di convinzione personale e libera. Si chiama conversione. Essa può accadere solo davanti alla testimonianza di una vita e non alla coercizione delle norme. Una vita che abbia la forza persuasiva irresistibile di una bellezza disarmata. La si può imparare dal Francesco.

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