Società

Pubblicato il 9 Maggio 2016 | di Redazione

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Riscopriamo il mondo con la sharing economy

E se vi dicessi che i vostri nonni hanno inventato qualcosa alla moda? E se vi dicessi che i vostri nonni hanno creato la sharing economy?
Vi starete chiedendo come sia possibile, perché è proprio improbabile che, pur essendo tanto imbranati ad usare lo smartphone, siano stati capaci di ideare Enjoy, Car2Go, AirBnb, Mvmant, etc.
E invece dovrete ricredervi.

Nei lontani anni del boom economico, molti dei nostri nonni si ritrovavano a guardare Carosello nel salotto del più benestante del quartiere, che offriva generosamente la buonanotte della tv italiana.
Questo piccolo gesto di condivisione è stato, insieme a molti altri, antenato di quella che noi oggi, con fare anglofilo, chiamiamo sharing economy.

“To share” è un verbo inglese che significa appunto condividere. Con l’accezione sharing economy si intende, più precisamente, il passaggio-chiave da proprietà esclusiva a condivisione di proprietà, tramite una piattaforma online. In questo modo l’incontro tra domanda e offerta viene semplificato e, cosa ancora più significativa, si cerca e sperimenta una risposta alla crisi tramite la creazione di nuova occupazione e la riduzione dei costi complessivi.

La sharing economy è stata protagonista della chiacchierata con Carlo Andorlini, docente di Disegno e Gestione degli Interventi Sociali all’Università di Firenze, svoltasi giovedì 5 maggio presso la Sala Avis di Ragusa per comune iniziativa delle Associazioni promotrici dei Venerdì Insieme 2016: MEIC, UCIIM, FUCI, Agedo, Amnesty International, AIMC, Insieme, Azione Cattolica, Avis, Caritas diocesana, Pax Christi, Fondazione San Giovanni Battista, Consorzio La Città Solidale, Radio Kàris, Insieme in Città.

In un contesto sociale in cui fenomeni di cambiamento generati dalla crisi economica non sono ancora conclusi, si aprono scenari di rivalsa e di ingegno da parte di coloro che, seppur immobili di fronte a un computer, un tablet o uno smartphone, cercano di costruire una prospettiva, un futuro più sostenibile ed equo per tutti.

<<La sharing economy -spiega Andorlini- affonda le sue radici sui principi di comunità, collaborazione e condivisione. Migliora infatti il rapporto delle persone portatrici di bisogni con la collettività di riferimento e la stimola a trovare risposte e alternative a situazioni complesse>>.

La lungimiranza del processo, sia sociale sia economico, ha dato prova della forza di una intelligenza collettiva che può rappresentare un valore inestimabile, come accennato da Roberto Piccitto in apertura e approfondito da Davide Cilia, del MEIC di Ragusa, moderatore dell’incontro.

Nel corso della conferenza, Andorlini l’ha definita “politica ed economia del ritrovamento”. Infatti, gli esempi di tale condivisione dimostrano che il vero divario non è tanto tecnologico quanto culturale. Molti retaggi legati alla diffidenza o a modi di pensare d’altri tempi, perdono senso se paragonati alle formule di sharing puro e sociale.

In numerose parti d’Italia, il tragitto in auto diventa un momento di socializzazione perché i posti vacanti vengono offerti a coloro che devono percorrere la medesima tratta, adottando una condotta nel rispetto dell’ambiente. Allo stesso modo, l’invenduto di un esercizio commerciale di alimentari viene raccolto e distribuito a chi fatica a comprare di tasca propria. Ancora, se ciò che serve è un nuovo acquisto la cui cifra è proibitiva, diventa possibile sensibilizzare gli utenti e organizzare una colletta (o per chi preferisce gli inglesismi un crowdfunding). Infine, se ciò che manca è un luogo di lavoro stimolante e variegato, ecco che c’è il co-working, che permette la coesione di una pluralità di professioni in un unico spazio, dotato di servizi e punti di comunità. Insomma, per ogni esigenza la rete ci avvicina ad una nuova forma di sharing.
Cosa ci riserverà il futuro?

<<La sharing economy –ci racconta Andorlini– presenta dei numeri in forte crescita. Si parla di circa 120 piattaforme solo in Italia. Di queste, l’80% coinvolge circa 30mila utenti e il restante 20% oltre 500mila. Se guardiamo il terziario – conclude – i numeri esplodono>>.

In quello spazio di “relazione produttiva”, che coniuga sistemi collaborativi e sharing potrebbe risiedere il futuro, la progettualità che non trova garanzie e forme di espressione altrove.
Se intesa come complementare – e non sostitutiva – rispetto alle altre forme di economia, la sharing economy quella vera, come ha precisato Gian Piero Saladino, Direttore delle Comunicazioni Sociali della Diocesi, nel suo intervento al dibattito, quella che non è un travestimento della speculazione economica in altra forma delle multinazionali, quella che valorizza davvero la solidarietà e la condivisione dei beni comuni – può farci riscoprire il bello della vita: la gioia delle relazioni umane, intramontabile ora come ai tempi dei nostri nonni.

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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