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Pubblicato il 17 Maggio 2016 | di Redazione

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Fede e scienza come atteggiamenti sperimentali

Il nostro pensiero istintivo è abituato a mettere un muro invalicabile tra fede e scienza. Ciò perché la fede si basa su ciò che non è dimostrabile con dati e calcoli (infatti, non bastano migliaia di fedeli in Piazza San Pietro per provare l’esistenza di Dio), mentre la scienza procede con esattezza razionale e per dimostrazioni. Ma, a pensarci bene e non sostando in superficie, almeno un fatto unisce fede e scienza: il loro essere sperimentali! Con il termine “sperimentale” qui si vuole dire qualcosa che ha lo scopo e l’atteggiamento di ricercare e provare espressioni sempre nuove.

La fede non è qualcosa che deve essere conquistata solo con buone azioni. E soprattutto non è mai una certezza definitiva! Mi piace dire che “la fede non è mai una conquista, ma è un dono tremendo del cielo”. Questo perché, differentemente da come la possono pensare i “giusti” e coloro che, sentendosi tali, hanno fatto del cristianesimo la religione del moralismo, teologicamente è corretto dire che la fede è una verità donata al cuore dell’uomo e che va sempre indagata (chi volesse contestarmi se la prenda direttamente con un padre della Chiesa come Sant’Agostino). E questa ricerca è sempre piena di ostacoli, dubbi e fatiche. Ogni giorno il cristiano, andando in chiesa o pregando nella sua stanza, dovrebbe domandarsi: “Davvero io credo con tutto il cuore a tutto ciò che sto dicendo e ascoltando? E sono davvero disposto ad usare tutte le mie forze per aderire alla Parola di Dio?”. Esiste tale essere umano, o esiste solo qualche uomo convinto di ciò, il quale cammina sempre a testa alta senza sentire nemmeno il peso di un ciottolo sulle proprie spalle? Chi ha letto il Vangelo, sa che Dio si è fatto uomo non per giudicare, ma per venire a salvare ciò che era perduto. E così – come ha sostenuto in questi giorni Enzo Bianchi, dialogando con lo psicoanalista Massimo Recalcati al Salone del libro di Torino – sono il perdono e la misericordia ad aprire il varco al pentimento e a un cammino nuovo di vera fede. Infatti, il figliol prodigo, tornando alla casa del padre, non mostra alcun pentimento, ma solo quando il padre lo accoglie con amore e gioia, il figlio, facendo esperienza del perdono, conosce anche il pentimento che porta alla fede. Molti cristiani potrebbero infastidirsi, perché il loro legalismo li porta a fare solo questa esperienza di Dio: mettersi al posto del creatore, sentirsi sempre nel giusto e giudicare aspramente i peccatori con valori morali assai discutibili. Costoro (che spesso si sentono nella retta fede e sono anche pronti a far guerra per essa) forse hanno dimenticato che Gesù, uomo che passò facendo del bene, tra le tante cose che ha fatto, ha accolto tra i dodici un traditore, perdonava peccatori e prostitute, e guariva persone dimenticate dalla società e dai suoi esponenti più influenti. E si dimentica spesso anche che essere cristiani vuol dire imitare il Cristo, quindi avvicinarsi con amore a tutto ciò che per natura non riusciamo a pensare come edificante, a tutto ciò che ci respinge e che ci fa ribrezzo. Tutto questo è stato detto per sottolineare quanto sia sperimentale e sperimentabile la fede.

Allo stesso modo, la scienza è un sapere sempre in via di revisione. E’ vero che essa si basa su fatti, calcoli, dati, numeri etc., ma è anche vero che è sempre in cammino verso una verità. Una teoria valida oggi può essere smentita domani; e un’intuizione folle agli occhi di tutti, invece può diventare una solida verità scientifica. Anche se col tempo si sono fatte scoperte sensazionali e si sono curati mali tremendi, è innegabile che il mistero avvolge anche il mondo razionale della scienza. Chi non avrebbe mandato in manicomio Einstein quando immaginava con tutto il suo intelletto di viaggiare aggrappato a un raggio di luce? Certamente, il creato coinvolge diversamente la fede e la scienza, ma entrambe mirano a fare esperienza dell’ignoto; anche la scienza conosce la fatica umana del vagare nell’incerto. E paradossalmente spesso sono gli errori a far scoprire una teoria scientifica! Possono cambiare i mezzi e la visione ultima del mondo, ma la strada sembra essere lunga e travagliata anche per chi maneggia numeri, cartelle cliniche, strumenti per esperimenti di fisica, di chimica etc.

Perciò, più che un muro è meglio edificare un dialogo costante. Un dialogo che non è tra credenti e uomini di scienza, ma è un dialogo che può abitare anche un solo uomo e i suoi pensieri, perché essere uomini di fede ed essere uomini di scienza, non sono modi d’essere che si escludono a vicenda. Anzi, spesso l’arte del dubbio su vari aspetti della vita è un segnale di grande intelligenza, mentre l’assenza di angoscia e di domande è un sintomo di poca materia grigia. Ma attenzione a un grande rischio che sfocia nel ridicolo: cioè quando la fede chiede alla scienza certezze sul suo conto, dimenticando di essere incerta per definizione (statue che piangono, psicosi di massa e spettacolarizzazioni del sacro), o quando la scienza pensa di svelare l’essenza di Dio, anche con le sue “scoperte-ipotesi” sulla vita dopo la morte. In questi casi il limite non può che piombare ferocemente sulla stupida tracotanza di questi atteggiamenti.

Perciò, prima di mettere muri tra fede e scienza, dobbiamo sempre ricordarci di essere tutti accomunati dal fatto di essere uomini in cammino; tutti affannati della nostra finitezza e dall’esasperato desiderio di cogliere qualche attimo dell’infinito e del suo mistero. Basta etichettare ed etichettarsi, perché prima di essere atei, cristiani, scienziati, filosofi, dottori etc., attraversiamo tutti lo stesso mare sulla barca della conoscenza e sul legno della croce.

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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