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Pubblicato il 30 Maggio 2016 | di Giuseppe Nativo

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Il fascino della Sicilia rivive nei versi di “Argu lu cani”

Il fascino dei luoghi della sua Sicilia, amabilmente definita “Isula”.

Una edizione essenziale nella forma, ma ricchissima nel contenuto. Un testo da portare in borsa, oppure da tenere sul comodino per leggerlo con serenità o nei momenti di attesa in un giorno qualunque, considerando che ogni giorno “qualunque” non è.

È un viaggio “onirico-poetico” quello dello sciclitano Salvo Micciché (consulente informatico, fotoreporter e direttore editoriale del quotidiano on line Ondaiblea) dove il verso si trasforma in immagini e queste prendono vita dal suono del verso e, talora, dal suo incalzante ritmo.

Un itinerario, in lingua siciliana, che – attraverso anche la rielaborazione di antiche nenie, filastrocche e rime popolari – si presenta come un intreccio di intime dimensioni.

Il titolo, “Argu lu cani” (Edizioni Biancavela – StreetLib, 2016, pp. 100) mutuato da una lirica contenuta nella silloge, riporta in mente Argo, il cane di Ulisse, che è stato per tantissimi anni anche il fidato amico a quattro zampe dell’autore. I versi omerici, volutamente riportati, fanno quasi da preambolo all’iter poetico dell’autore.

Il metodo utilizzato dall’autore è proprio quello di ripercorrere, tramite l’affettuoso colloquio con il proprio cane, un itinerario ricco di “stori di stori”, ormai cadute nell’oblio, ma terreno di preziosa ricerca volta a ri-scoprire l’appartenenza ad un territorio.

Pensieri, immagini, verso e narrazione si toccano, si abbracciano, si intrecciano, assumendo un ritmo fortemente corroborato dalle forme espressive dialettali affiancate dalle traduzioni. Il termine “cuntu” fa capolino di continuo come una sorta di mantra. Nel verso non sempre c’è la rima; se c’è a volte è baciata, a volte alternata: come un percorso sinusoidale che ripercorre gli alti e bassi del quotidiano vivere.

Il suo animo poetico è fortemente legato al territorio e al senso religioso (di qui “San Giorgi” che “abballa”, mentre “u Battista” gira a “Rrausa” con la “cira nne strati”).

Il fascino dei luoghi della sua Sicilia, amabilmente definita “Isula” e deliziosamente immaginata come “pitrudda cu tri punti” (piccola pietra a tre punte), è rimasto immutato. In essi permane una sottile malia che trasporta l’animo in un tempo senza tempo dove l’unica realtà che conti è l’amore perché la “Sicilia jè terra d’amuri, terra do Signuri” (la “Sicilia è terra d’amore, terra del Signore”).

 

 

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Autore

Pubblicista. Appassionato di storia locale. Nel 2004 ha pubblicato un libro sulla Inquisizione in Sicilia nel XVI secolo, con particolare riferimento alla Contea di Modica. Collabora a diverse testate cartacee e on line.



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