Pubblicato il 14 Giugno 2016 | di Luciano Nicastro
0La rifondazione comunitaria della NUOVA RAGUSA
Dice un proverbio cinese: << scrivete più scuro e leggerete più chiaro!>>
L’IDEA MADRE
L’idea guida di questa rifondazione comunitaria all’insegna di una speranza umana e civile collettiva dovrebbe essere la convinzione progettuale che “VIVERE MEGLIO E’POSSIBILE” a patto e condizione che si realizzi una riscrittura della città secondo un paradigma di convivenza armoniosa e LAICA di religioni e filosofie, di fede e di ragione, di culture e di ideali plurali che si alimentano di una forte e comune spiritualità e di una antropologia di fraternità e di corresponsabilità.
Noi non siamo marginali ma nel nostro Meridione viviamo in condizioni oggettive di marginalità e in un complesso di effettivo condizionamento strutturale che crea diseguaglianze forti a livello economico-sociale e culturale e limita fortemente la base di partenza e l’espressione piena delle doti di personalità e di maturità civile della nostra gente ed in particolare della capacità di futuro dei nostri giovani.
Questa impresa collettiva è necessaria e doverosa dopo un bilancio in rosso di qualità e di possibilità che sono state consumate e dilapidate con la logica della prepotenza e del saccheggio sistematico di risorse materiali e spirituali nell’arco degli ultimi 50 anni. Possiamo ancora contare sulla bontà d’animo del nostro popolo e sulla sua più profonda religiosità cristiana, che ha trasmesso specie nella famiglia, nella Scuola e nella Impresa una forza di coesione e uno spirito di progresso e di condivisione, una capacità umana concreta, visibile e credibile di onestà delle relazioni e delle intraprese economiche, una convinzione diffusa, come imprinting collettivo del costume societario, che possiamo osare ed agire bene se superiamo l’atavico fatalismo e il cieco individualismo che disgrega,disarma e demotiva ogni speranza civile e ogni tentativo di fecondo dialogo intergenerazionale.
Basta mantenere una visione alta e fiduciosa di progettualità e di costruzione intelligente e paziente come fecero i seminatori e i cittadini che costruirono la prima rifondazione dopo il terremoto del 1693. Dopo la seconda guerra mondiale e la grande Catastrofe di valori e di mondi vitali tutti gli uomini lavorarono per vivere meglio, per ricostruire a misura del valore primario della persona umana, progettando insieme e collaborando. Così rinacque la forza di vivere e di edificando il futuro preferibile di un nuovo mondo di pace e di diritti universali come Comunità di popoli liberi e società aperte e democratiche, di Stati e federazioni continentali, di Paesi fratelli e di Nazioni amiche. Sono le cellule vive di uno STATO IDEALE che tutela e difende la Comunità dei popoli liberi, solidali e democratici che si incarna a livello universale nella vita dell’ONU e delle sue istituzioni in una grande umanità di mondi vitali (famiglia,convivenze,gruppi dei pari,pluralismo associativo, Scuola e comunicazione, Arte e della nostra terra creatività, architettura e beni culturali, biblioteche e musei….etc) e di strutture dinamiche di economia, tecnica e politica sinergiche secondo lo spirito della Pacem in terris di Papa Giovanni e della Populorum Progressio di Papa Paolo VI°.
Le città vivono e parlano quindi anche a livello universale e planetario con la dialettica migratoria delle immigrazioni e delle periodiche migrazioni,mentre al loro interno nutrono e difendono le vie umane dei loro piccoli sentieri e delle virtù proprie dei loro raggruppamenti sociali ,dei luoghi dell’abitare e convivere,delle relazioni virtuose e di connessione fisica e digitale,della volontà di integrazione e di processo e di cammino: quartieri e le strade, le vie e le piazze della geografia urbana e le antenne della comunicazione telematica e digitale di chi ha e di chi non ha “occhi per vedere e cuore per sentire ed amare, capacità di discernimento e di giudizio, sereno ed oggettivo e moto spirituale di progresso e di sviluppo. Anche i mali e i malanni sono veicolati dalla dinamica fisica della patologia sociale e dalla vocazione ad una salubre ecologia umana.
Non sembri un ragionamento astratto e retorico questo andamento a spirale. In fondo è più concreto di quanto non appaia immediatamente. Guardiamo il caso della città di Ragusa che nella analisi e nei sentimenti di quel grande innamorato di Ragusa che fu Mimì Arezzo, ahimè prematuramente scomparso. (cf. “Amare Ragusa! – Mimì Arezzo editore).
Quando si verificano momenti di crisi di identità nascono divisioni e muri di ostilità ma anche una forte spinta progettuale verso il miglioramento con la nostalgia del futuro preferibile. In questo caso si opera una vera e propria rifondazione della politica a partire dalle Città e dal suo umanesimo integrale che si misura con la dialettica degli stereotipi e dei pregiudizi, con una nuova dinamica sociale che tende a sostituire il dominio delle caste precedenti delegittimato e contestato dai nuovi ceti produttivi e dalla nuova classe dirigente che sale e vuole spazio e riconoscimento sociale e democratico.
Il tessuto della nuova società si erge sulla volontà popolare di prima ma il suo sistema socio-culturale viene messo in discussione, viene riconsiderato, ristrutturato e, in alcuni casi, rifondato rinvigorendo l’anima identitaria spirituale e politica del corpo civile che ormai è cresciuto ma non adeguatamente sviluppato. Per questo è arrivato il momento di e si devono porre in essere più forti e solide fondamenta per una più alta, coesa ed armonica comunità di futuro destino comune. Ogni città, quindi, non solo si guarda allo specchio ma fa un esame a tutto tondo del cammino fatto e delle negatività e carenze riscontrate, delle positività emerse e delle speranze civili e religiose a partire da un proprio sguardo su Dio e dal bisogno trascendente di far ritornare laicamente ma fermamente Dio sulla vita collettiva ed individuale dei cittadini nell’ambito di una libertà religiosa affermata e garantita. Nessuna guerra di religione né nella società cittadina, né nella scuola o nella cultura di respiro comune.
La nuova laicità non è la laicitè alla francese invasiva e nichilista ma la laicità collaborativa, che è essenzialmente rispettosa e tollerante, laica nel senso di una presenza pubblica sobria e non invasiva,caratterizzata dal dialogo civile e democratico che rifugge dal confronto salottiero e borghese, ideologico o di parte. Aperta alla trascendenza, rispetta le tradizioni religiose e le motivazioni spirituali, la cultura della città è in sintesi la comune e strutturale solidarietà militante.
La luce delle città è chiara e solare e splende sempre per tutti perché la fonte e la foce umanissima è costituzione chiara ed evidente del bene comune nella sua qualità morale e religiosa che “arcobaleno”, madre e radice di ogni evento e di ogni progetto. Sono tutelati i diritti e incentivati i doveri, sono valorizzati i portatori di proposte di bene e di arricchimento della vita collettiva e le loro scuole di qualunque indirizzo siano. Nella città tutto viene messo in rete senza pregiudizio come in un moderno panopticon per mantenere intenzionalità globale e universale di visione e di respiro spirituale e democratico. E’ bandita ogni forma di nazionalismo e di razzismo. E’ promossa e premiata la cultura antropologica ed etica, la deontologia delle professioni e la creatività della ricerca scientifica e di quella sociale.
La città idealtipica è essenzialmente “educativa” e la sua Rocca d’altura è un Faro di Fede e di Ragione,di speranza, poesia, ed arte; promotrice delle arti e dei mestieri ha un mercato biologico connesso con le caratteristiche produttive tipiche del territorio che vengono controllate e garantite. In una parola ogni città è in piccolo un mondo vitale di bene fecondo, una grande oasi di vita economica e spirituale, sociale e culturale, morale e politica, cioè scende come dono dall’alto.
E’ per così dire “Il cielo in una città”, una nomadelfia esemplare e paradigmatica. In essa vengono prodotti e riprodotti ,ricreati e rivitalizzati i luoghi e i sentieri delle relazioni;in essa nascono e crescono personalità” cittadine” che in rete formano una “amicizia politica” e una “fraternità sociale” propria e appropriata ad una “città – villaggio”, una utopica prossimità particolare,bella e buona, dove non si fa differenza di classe e di razza, di cultura e di religione e dove si formano e si rinforzano i comportamenti virtuosi che creano cittadinanza sostanziale di corresponsabilità e di comunione. Non sempre vige questo ideale, spesso la realtà è fatta di divisioni e contrasti, di violenza e malaffare e la politica cittadina diventa una quotidiana “guerra per bande” che mira ad imporre la logica ferrea del proprio particolare secondo gli interessi e le intenzioni delle varie “tribù” che “mettono le mani” sulla città e si impadroniscono del potere municipale. In ogni alleanza di potere si tende a disarmare gli avversari e gli antagonisti e a creare un sistema che nelle sue forze e intenzioni non è immediatamente visibile ma all’occorrenza esprime una potenza di fuoco e una capacità di governo oltre la durata della Amministrazione.
L’eredità civile e politica che viene lasciata ai successori è per lo più la prospettiva del rinvio sistematico della grande politica e dei sacrifici necessari. In sostanza la poesia si annuncia,la prosa si scrive. E l’architettura spirituale e integrale della vera politica democratica langue ed è “parlata” ma la Città continua ad aspettare i seminatori di bene comune e i realizzatori delle condizioni di felicità comunitaria. Quando spunterà l’alba della civiltà comunale in questa nostra città non è dato sapere. Come è evidente una città-comunità nasce, rinasce e si sviluppa da una volontà generale,da una verità di scopo e soprattutto dal cuore e dalla libertà di uomini forti e generosi per ragioni endogene e motivazioni di fondo.
Come ha scritto Papa Francesco: <Lo sguardo della fede scopre e crea la città>. L’analisi unidimensionale ci può consentire una foto che registra e guarda all’apparenza ma non vede con occhi più capaci e lungimiranti la noumenicità, invisibile ma reale, che nella sua invisibile presenza interagisce e postula un nuovo cammino,una ristrutturazione in vista di una vera e propria saggia rifondazione comunitaria di ripresa.
Dice Papa Bergoglio: <Abitare in una grande città al giorno di oggi è una cosa molto complessa, dal momento che i legami di razza, storia e cultura non sono omogenei e gli stessi diritti civili non sono condivisi in egual misura da tutti i residenti. Sono moltissimi, in città, i “non cittadini”, i “cittadini a metà”e i “cittadini di serie B”, vuoi perché non godono di pieni diritti (gli esclusi, gli stranieri, i”sans –papiers”, i bambini senza scolarizzazione, gli anziani e i malati senza copertura sociale), vuoi perché non sono in regola con i propri doveri.> (Papa Francesco, Dio nella Città, san paolo ed. Milano 2013 pp.5-7 e pp.52-53: <Le città sono luoghi di libertà e di opportunità…. Nelle città è possibile sperimentare vincoli di fraternità,solidarietà e universalità. In esse l’essere umano è chiamato a camminare sempre più incontro a l’altro,a convivere con il diverso,ad accettarlo e ad essere accettato da lui…..il progetto di Dio è <la Città Santa,la nuova Gerusalemme che scende dal cielo,da Dio…>.(ibidem a pp.54-59 si trovano le linee di una rinnovata pastorale della Chiesa nei confronti del “mondo della sofferenza urbana”:<si prenda cura di coloro che sono ai margini delle strade e negli ospedali, dei carcerati, degli esclusi, dei drogati, degli abitanti delle nuove periferie, dei nuovi centri residenziali, delle famiglie che, disintegrantesi, convivono di fatto…>.
Questa è una pastorale ricca di misericordia e di promozione umana e sociale in quanto, incarnando il Vangelo della vita nella città, si favorisce una esperienza maggiore e migliore di fraternità ed accoglienza tra quelli che “vengono in città e quelli che già vivono in essa”.Questa è la rivoluzione silenziosa ma profonda della “carità dei cristiani” oggi attraverso piccole comunità di fraternità missionaria nei confronti di coloro che vivono ai margini, sono diventati “marginali” e si sentono e sono lontani ed esclusi. La buona notizia che il Signore è ritornato, è entrato e vive anche nella nostra città <ci spinge ad uscire e ad andare per le strade> non per trionfalismo e integrismo di maniera né per uno spirito apologetico di crociata e di potere, ma per vedere e ringraziare il nostro Redentore Gesù Cristo e la sua Chiesa perché ci ha insegnato a camminare per la via, la verità e la vita “dell’Amore più grande”. E non c’è amore più grande di quello di colui che dà la vita per i suoi amici.
Ma per vedere Gesù sulla strada di Emmaus o sulla via di Damasco bisogna camminare come missionari umili e disarmati. Pronti ad annunziare il Vangelo della speranza,della misericordia e della Salvezza per tutti i popoli e per tutti gli uomini in tutti i paesi e le nazioni, senza preferenze sociali, culturali, etniche o religiose. Come Zaccheo, che per essere capace di vedere bene ha avuto bisogno di salire sul Sicomoro della strada, bisogna salire in alto e vedere tutto dall’alto, abbandonando i piccoli tornaconti individuali e di ceto,bisogna trascendere le nostre soggettività e uscire dalle nostre “prigioni”. Ritorniamo a vedere il Sole, la Luna e le stelle. E scriveremo una pagina nuova di una grande Storia dell’anima di questa Città comune:la storia del suo volto visibile e la storia della faccia nascosta e invisibile e pur presente.
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