Pubblicato il 28 Giugno 2016 | di Gian Piero Saladino
1Università o ricerca del lavoro?
Nei prossimi giorni, molti studenti conseguiranno il diploma di maturità. I dubbi e le domande su “cosa fare dopo”, che da mesi agitano la mente dei ragazzi e il cuore dei loro genitori, dovranno trovare risposta, una bussola per orientarsi in una scelta che influirà non poco sulla loro vita futura.
Conviene continuare gli studi?
La prima domanda è se continuare o no gli studi, poiché investire tempo di vita e notevoli risorse economiche in un momento di crisi e di disorientamento sugli scenari del lavoro non è certo facile come 20 o anche solo 10 anni fa. Una risposta alla domanda non può ignorare tre dati sicuri, confermati da Alma Laurea il 27 aprile scorso: non è vero che in Italia ci sono troppi laureati! La media dei giovani (25-34 anni) con istruzione universitaria nei paesi Ue21 è superiore al 36 per cento, mentre in Italia siamo ancora al di sotto del 21 per cento.
Non è vero che i giovani laureati sono tutti disoccupati! Per quanto il loro tasso di disoccupazione, dal 2007 al 2014 sia aumentato dal 10 al 17.7 per cento, esso rimane ancora visibilmente più basso rispetto a quello dei diplomati. I dati mostrano tra l’altro che, con il trascorrere del tempo dal conseguimento del titolo, la condizione occupazionale dei laureati tende a migliorare.
Non è vero che i laureati non guadagnano più degli altri! I neo-laureati guadagnano in media 1.400 euro al mese, laddove i diplomati guadagnano molto di meno. Inoltre, Il lavoro stabile è pari, a un anno dalla laurea, al 39 per cento tra i laureati triennali, al 34 per cento tra i magistrali e al 38 per cento tra i laureati a ciclo unico.
Si può quindi dire che continuare a studiare conviene per trovare più facilmente lavoro, per mantenerlo stabile e per guadagnare di più. È anche vero che le statistiche hanno rilievo nazionale e che la realtà nella nostra provincia potrebbe essere diversa.
Scegliere secondo passione o secondo opportunità?
La seconda domanda è se conviene scegliere secondo passione o secondo opportunità. Una risposta alla domanda deve tener conto di alcuni elementi:
Può succedere che i giovani scambino le proprie passioni e le proprie attitudini con una simpatia superficiale e momentanea, ma un corso di studi che abbia minori possibilità occupazionali di altri richiede una vocazione profonda, che possa motivare allo studio in misura tale che si raggiunga l’eccellenza, condizione fondamentale per penetrare con successo un mercato del lavoro sempre più selettivo.
Può succedere, d’altronde, che i giovani seguano i consigli “utilitaristici” di una generazione adulta sfiduciata, ma che poi la mancanza di interesse li induca ad abbandonare gli studi o a cambiare dopo il primo anno.
Si può quindi dire che la scelta deve coniugare al meglio passione e utilità, lasciando i ragazzi liberi di raccogliere e confrontare le informazioni sulle diverse opzioni di studio e gli orientamenti degli adulti, e di decidere loro assumendo, però, tutta la responsabilità delle loro scelte.
Meglio una città grande o piccola?
La terza domanda è se è meglio scegliere la sede universitaria in una città piccola o in una città grande. La risposta a questa domanda porta a pensare che una città piccola offre opportunità di socializzazione e di concentrazione negli studi che la città grande, più dispersiva, non favorisce. Una città grande offre, però, occasioni di contatto con personaggi di chiara fama e, spesso, migliori opportunità di lavoro al termine degli studi.
Piccola o grande che sia, bisogna stare attenti ad evitare che la scelta sia il frutto di una moda (in ogni città ci sono corsi di laurea d’eccellenza e corsi dai nomi roboanti che nascondono il vuoto) o si riduca all’acquisto di una griffe (non importa dove ci si laurea, né quanto si paghi per frequentare, ma quello che si apprende durante l’esperienza universitaria) o nasconda una fuga dalla paura di restare soli, senza nessun compagno di scuola, in una sede ottimale ma dove non si conosce nessuno.
Esiste la laurea perfetta?
La quarta domanda è se esiste un corso di laurea che garantisca un posto di lavoro stabile per tutta la vita. La risposta, purtroppo o per fortuna, è negativa: oggi, infatti, la stabilità del lavoro non esiste, e la sua continuità è assicurata dall’eccellenza delle competenze (sapere, saper fare, saper essere), e dalla capacità creativa di apprendere continuamente, dalle competenze disciplinari (innovazioni scientifiche e tecnologiche) alle competenze trasversali (intraprendenza, relazione, negoziazione, gestione del rischio, cooperazione competitiva, etc.).
Le altre domande
Le domande potrebbero moltiplicarsi: cosa sta cambiando nel mercato del lavoro? Quali sono le università a numero chiuso e quali accessibili con un semplice test di selezione? Quali corsi ci sono ancora in provincia e cosa offrirà il territorio ragusano fra 5 anni? Quali sono le professioni emergenti e quali si estingueranno? Cosa fare se si ha poca voglia di studiare o di farlo a lungo? Dove trovare informazioni attendibili? E così via. Ci vorrebbe il giornale intero, ma ci limitiamo qui ad offrire la nostra umile esperienza nell’orientamento dei giovani (saladino@hgo.it) e a rinviare ai siti almaorientati.it, fabbisogni.isfol.it, universitaly.it, cisiaonline.it, etc.
Scegliere è sempre difficile, oggi più di ieri, ma non bisogna aver paura a diventare migliori, né quella paura trasmettere, noi adulti, ai nostri figli, negando loro il diritto di sognare. Diceva Plutarco, filosofo greco: “I giovani non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere”. Bisognerebbe non dimenticarlo!
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