Società

Pubblicato il 11 Ottobre 2016 | di Vito Piruzza

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Cibo, no agli sprechi e solidarietà più facile

“Il cibo è Grazia di Dio” quante volte nella nostra vita abbiamo sentito ripetere questo concetto prima che “la società dei consumi” lo sbiadisse?

Nei miei ricordi d’infanzia è impresso il bacio che si dava al pane (cibo per eccellenza) quando maldestramente veniva fatto cadere a terra.

Si, la “società dei consumi” ci invita ogni giorno compulsivamente a “comprare” a prescindere dalla necessità dell’acquisto, ed ecco amplificarsi e diffondersi uno stile di vita che spreca migliaia di tonnellate di cibo in tutte le fasi della produzione e del consumo: l’Università di Bologna ha stimato in 1,4 milioni di tonnellate i prodotti agricoli non raccolti, in 2 milioni di tonnellate lo spreco alimentare nella catena della trasformazione industriale e in 300 mila tonnellate quello che si realizza nella distribuzione commerciale, per non parlare poi del cibo che buttano via le famiglie che secondo alcune stime raggiunge 8 miliardi l’anno.

A fronte di questo fenomeno si assiste da anni all’incremento esponenziale dell’indigenza, cosa che rende ancora più assurdo il fenomeno: le persone patiscono la fame e buttiamo una quantità abnorme di cibo nelle discariche.

Il Parlamento Europeo già il 19 gennaio 2012 con apposita risoluzione chiese ai Paesi membri di attivarsi per porre correttivi a questo fenomeno increscioso. L’Italia il 19 agosto scorso, seconda solo alla Francia, si è dotata della legge 166 che tende ad incoraggiare il riutilizzo degli alimenti che altrimenti andrebbero a finire in discarica. Per la verità in Italia non si era all’anno zero, la legge del 2003 detta “Del buon Samaritano” aveva permesso alle onlus di poter svolgere il servizio di redistribuzione del cibo.

La nuova legge adesso amplia sia la platea dei soggetti che possono effettuare il servizio di redistribuzione degli alimenti, sia l’ambito di intervento perché si comincia a parlare di beni destinati prioritariamente al consumo umano, ma anche al consumo animale; amplia anche la gamma dei prodotti includendo anche i farmaci prossimi alla scadenza (ovviamente per questo settore con limitazioni e dopo che verrà emesso apposito decreto attuativo), ma anche il pane e i prodotti della panificazione non consumati entro 24 ore dalla produzione e nella normativa si contempla anche la cessione delle eccedenze dei prodotti agricoli e di allevamento, e perfino la gestione degli articoli di abbigliamento donati da privati.

Vengono snellite le procedure per la cessione dei beni che già esistevano e permettevano fiscalmente ai produttori e alle imprese di distribuzione di donare i prodotti. La legge adesso in più prevede che i Comuni detraggano dall’imposta sui rifiuti una percentuale commisurata alle quantità di beni ceduti che le imprese certifichino come donate.

Insomma ci si è resi conto che va promosso uno stile di vita e una cultura anti-spreco cui oramai ci eravamo disabituati e che sarebbe giusto fare riemergere dal mondo dei ricordi in cui l’avevamo confinata.


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