Pubblicato il 7 Novembre 2016 | di Redazione
1Quel giorno con Madre Teresa
Il ricordo della presenza a Ragusa di Madre Teresa è nel cuore dei ragusani: 23 maggio ’79 e 27 ottobre ’82. Quel mattino del 23 maggio, una piccola fragile donna, il viso solcato da una ragnatela di rughe, lo sguardo limpido, scese dall’autobus proveniente da Palermo. L’improvvisa comparsa era un dono della suora ai collaboratori ragusani e Concetta Scribano al suo fianco era felice per l’esito della sua “missione” a Palermo. Una scolaresca con l’insegnante Tina Gulino le porse il primo saluto. Madre Teresa chiese di essere accompagnata subito presso i poveri, si accostò agli anziani rassegnati nella loro miseria, accarezzò i volti dei bambini abbandonati a se stessi. Agli alunni delle scuole elementari riuniti nel palazzo vescovile, la Madre rivolse le parole più tenere ricordando i “suoi bambini” di Calcutta che aveva visto morire di fame.
Madre Teresa aderì alle preghiere dei collaboratori: «Verremo volentieri nella vostra città» e al vescovo, monsignor Angelo Rizzo che le offriva l’antico convento ai Giardini Iblei rispose di donarlo ai poveri. Le Missionarie della Carità arrivarono in tre, il 20 dicembre ’79, accolte con gioia dai fedeli raccolti nella cattedrale: Rhomira e Alfonsa indiane, Christa canadese.
Visitavano i poveri più poveri e pregavano incessantemente. La piccola casa delle suore divenne luogo di preghiera e di accoglienza dove i poveri ricevevano tutto quello che i collaboratori donavano. Il silenzioso lavoro di queste suore ha alleviato molte sofferenze ed è stato di esempio alle persone di buona volontà. Ai voti tradizionali di povertà, castità e obbedienza, le suore di Madre Teresa uniscono il servizio devoto e gratuito ai diseredati, sempre piene di gioia, ogni loro attimo è vissuto nella più assoluta dedizione ai bisognosi. La loro regola di vita è nelle parole di Cristo: “Qualunque cosa fate all’ultimo dei miei fratelli l’avete fatta a me”.
Nella nuova casa di contrada Nunziata in quattro assistevano amorevolmente anziani invalidi e persone in difficoltà. Qui dove fioriva la carità fino all’eroismo, il 27 ottobre ’82 arrivò Madre Teresa a sostenere il loro duro lavoro per amore dei poveri. Le fui vicino e mi chiese di continuare il lavoro che stava eseguendo, di attaccare i quadretti della Via Crucis nella cappelletta mentre lei si affaccendava per la casa con la cura di chi vi ha abitato sempre e dovesse restarci. Si udiva il lamento dei malati e sulla porta comparve una vecchietta che piangeva disperatamente; subitamente Madre Teresa le prese le mano fra le sue, l’accarezzò dolcemente e le sussurrò piano l’invocazione: Oh Gesù.
Il contatto con la santità mi commosse: la giacchetta lisa, rammendata con cura, sul sari bianco anch’esso rammendato, ai piedi nudi i sandali consumati dal suo peregrinare per il mondo a confortare i poveri. La santità è un mistero e Madre Teresa ha incarnato questo mistero. Pensai a queste parole scritte da un non credente, mi ricordai del fatto che quando un giornalista andò da lei a Calcutta e la trovò che medicava le piaghe aperte di un lebbroso mentre altri lebbrosi intorno aspettavano e la carne era putrefatta fino all’osso: “Quello che fate è bellissimo – disse il giornalista – ma personalmente non lo farei neanche per un milione di dollari”. Oh – sorrise Madre Teresa – per un milione di dollari neanch’io. Lo faccio per amore di Dio!”.
Rivolta alle persone accorse col vescovo, il sindaco, il prefetto: «Tutto questo è dono di Dio per tutti perché il Signore ci giudicherà per quello che avremo fatto ai poveri. Così ogni volta che verrete qui non vogliamo il vostro denaro, io voglio le vostre mani per servire e il vostro cuore per amare i poveri e condividere quel che facciamo, servire in umiltà e nella carità il Signore servendo chi ha più bisogno di un gesto d’amore. In molti paesi abbiamo questo tipo di case ed è bello vedere come i ricchi e i poveri s’incontrano insieme. Noi pensiamo di dare molto ai poveri ma vogliamo assicurarvi che riceviamo molto di più di quello che diamo. Noi riceviamo la gioia di amare e non è molto quanto noi diamo ma quanto amore mettiamo nel dare. Noi vogliamo che qui nessuno che abbi bisogno si senta solo e abbandonato. Siamo venute per aiutare i fratelli e testimoniare l’amore fra i più poveri, servire in umiltà e nella carità il Signore servendo chi ha più bisogno di un gesto d’amore».
Scendeva la sera mentre lasciavo la casa. Mi accompagnava, e non mi avrebbe più lasciato, il ricordo della soavità dello sguardo pieno di luce e la forza delle parole piene di gioia dette a Ragusa: «Sorridete gli uni agli altri, sorridete a vostro marito, sorridete a vostra moglie, ai vostri figli. Sorridetevi a vicenda, questo vi aiuterà a crescere nell’amore del Signore».
Le fu chiesto: «Che cosa pensa del fatto che la gente dica che è santa?». Rispose: «Vi prego, per favore, lasciatemi prima morire».
Morì il 5 settembre 1997 in India. Alla vigilia della sua beatificazione il 19 ottobre 2003 da Papa Wojtyla, il cardinale Maria Martini scrisse: «Tutte le volte che ho incontrato Madre Teresa di Calcutta, ne ho ricevuto una profonda impressione, come di una creatura fuori del comune, quasi come l’apparizione di un essere non di questa terra. C’era il lei un insieme di dolcezza e di forza, di spiritualità e di concretezza, di umiltà e di coscienza della propria dignità e missione che me la facevano apparire come un qualcosa le cui radici non sembravano esser in questo mondo».
di Gaetano Trovato
BIOGRAFIA DI MADRE TERESA DI CALCUTTA (scritta da Gaetano Trovato)
A soli 12 anni riceve la vocazione nel santuario di Letnica in Bulgaria. Nel 1937 pronuncia i voti definitivi e fonda la Congregazione delle Missionarie della Carità e si dedica al volontariato nel centro per lebbrosi a Calcutta. “Chi è Cristo pe me? È il lebbroso a cui lavo le ferite”, così con una sua meditazione spiegò negli anni 40 alle prime Missionarie della Carità il cuore della compassione cristiana che l’ha portata al riconoscimento di una vita di santità. Madre Teresa girava per le strade della ex capitale della British India, quando i malati erano ancora 15 milioni, raccogliendo chiunque senza curarsi se era pieno di escrementi o di pus, se avesse la lebbra o la tubercolosi, e non pochi morivano ogni giorno tra le sue braccia. A quella donna semplice, Agnese Gonxhe (nome che significa fiore o bocciolo di fiore) nata a Skopie da famiglia albanese, terza di tre figli, si sono inchinati governanti, papi le hanno affidato missioni per la comprensione internazionale. Ha ricevuto da Paolo VI il Premio Giovanni XXIII, dal governo indiano il Pandit Nehru, in Inghilterra il premio Templeton, dalla Fao il Premio Albert Schweitzer . “Per l’impegno per i poveri e il suo rispetto per il valore e la dignità di ogni singola persona” ricevette nel 1979 il Premio Nobel per la pace. Madre Teresa rifiutò il banchetto per i vincitori e chiese che i 6000 dollari di fondi fossero destinati ai poveri di Calcutta, che avrebbero potuto essere sfamati per un anno intero. Alla sua morte il Segretario Generale delle Nazioni Unite dichiarò: “Lei è le Nazioni Unite. Lei è la pace nel mondo”. Sulla sua semplice tomba bianca a Calcutta, nella sede delle Missionarie della Carità, è stato inciso un verso del Vangelo di Giovanni: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. In occasione della santificazione, il 4 settembre 2016, le parole di Papa Francesco sono state: «Consegno a voi volontari questa figura, conservatene il sorriso nei vostri cuori e donatelo a quanti incontrate nel vostro cammino».
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