Approfondimenti

Pubblicato il 6 Gennaio 2017 | di Redazione

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L’uomo del sottosuolo

Quando si parla di Dostoevskij è difficile capire dove finisce lo scrittore di romanzi e dove inizia lo scrittore di filosofia. E’ davvero impossibile tracciare una netta distinzione tra le due vocazioni.

Qui si vuole dire qualcosa sul libro Ricordi dal sottosuolo e vedere fino a dove si spinge una delle visioni filosofiche dello scrittore russo. L’edizione che ho tra le mani è quella pubblicata da Adelphi e tradotta da Tommaso Landolfi (chi meglio dello scrittore surrealista poteva entrare ed addentrarsi nel fosco sottosuolo?).

L’uomo del sottosuolo, con la sua vita, interroga ogni uomo nel profondo. Egli rappresenta la tormenta dei fantasmi che abitano il cuore dell’uomo e che spesso lo costringono alla convivenza con il male e con i mali. Rappresenta cioè la parte bestiale e animalesca dell’uomo che non riesce ad elevarsi alla vita buona dell’anima e che non riesce a liberarsi dalla contraddizione in cui questa è caduta per la ribellione verso ogni tipo di razionalità.

Leggendo il libro emergono grandi domande come le seguenti (riportate nella quarta di copertina della mia suddetta edizione): “Siamo davvero convinti che soltanto il normale e il positivo, insomma soltanto il benessere, sia vantaggioso per l’uomo? Che non abbia a sbagliarsi, la ragione, a proposito di codesti vantaggi? Non sarebbe poi possibile che all’uomo non piaccia soltanto lo star bene? Che gli piaccia anzi altrettanto la sofferenza? Che lo star male gli sia di vantaggio giusto quanto lo star bene?”.

Scrive George Steiner: “Se anche non avesse scritto nient’altro, Dostoevskij sarebbe stato annoverato tra i principali artefici del pensiero moderno solo per i Ricordi dal sottosuolo. L’universo concentrazionario – il mondo dei campi della morte – conferma l’intuizione sulla bestialità degli uomini, sulla loro inclinazione – sia come individui sia come orde – a sopprimere nel loro animo la scintilla dell’umanità”.

Da tutto ciò, per il lettore, sorge una domanda fondamentale: Dostoevskij fu un nichilista? Leggendo altri suoi libri non lo si può definire tale, ma è sicuro che lo scrittore-filosofo russo era convinto che si potesse guarire dal nichilismo, e dalla sua malattia, solo dopo aver toccato il fondo e l’abisso dello spirito umano. E’ come se ci si trovasse di fronte alla disperazione più totale, dalla quale però si attende, contro ogni speranza, una rinascita spirituale.

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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