Pubblicato il 9 Febbraio 2017 | di Luciano Nicastro
0“Chiesa di Ragusa dove vai?”
Ci vuole un vero dialogo su temi e spunti di riflessione per conoscerci meglio e amare di più la nostra Chiesa di Ragusa e il suo Vescovo.
Gli insegnamenti di Gesù Cristo
“Se amate quelli che vi amano, quale ricompensa avrete? Non fanno questo anche i pubblicani? Se saluterete solo i vostri fratelli, che fate di più? Non fanno questo anche i pagani?”.
“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi”. (Luca 5,31-32)
L’insegnamento di Papa Francesco sulla via dei Papi del Concilio
“L’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella liturgia in mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire il bene. La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi” (Evangelii Gaudium, esortazione apostolica, LEV 2013 par.24 e 25).
“Il Concilio Vaticano II ha presentato la conversione ecclesiale con l’apertura a una permanente riforma di sé per fedeltà a Gesù Cristo: “Ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in una accresciuta fedeltà alla sua vocazione…. Ci sono strutture ecclesiali che possono arrivare a condizionare un dinamismo evangelizzatore, ugualmente, le buone strutture servono quando c’è una vita che le anima, le sostiene e le giudica….”.
“Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’auto- preservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie…” (par.27).
“Ogni Chiesa particolare, porzione della Chiesa Cattolica sotto la guida del suo Vescovo, è anch’essa chiamata alla conversione missionaria. Essa è il soggetto dell’evangelizzazione, in quanto è la manifestazione concreta dell’unica Chiesa in un luogo del Mondo… La sua gioia di comunicare Gesù Cristo si esprime tanto nella sua preoccupazione di annunciarlo in altri luoghi più bisognosi, quanto in una costante uscita verso le periferie del proprio territorio o verso i nuovi ambiti socio-culturali…”.(par.30).
La domanda fondamentale
La domanda fondamentale, in questo momento di snodo socioculturale e storico della vita della nostra società “arrivata” e della Chiesa di Ragusa Comunità cristiana in transizione, può essere la seguente: la nostra Chiesa è ancora una “comunità di comunità”, una comunità viva che dialoga ad intra e ad extra, che prega e ama, la Ecclesia Nascenti dell’inizio, o è una comunità spenta e routinaria, seduta e muta, che parla solo se è interrogata? Ovvero, dopo la poesia dell’inizio, essa si è burocratizzata in una prosa che non affascina e non promuove, né coinvolge? Si è appesantita e sclerotizzata e – preoccupata di continuare nella fedeltà e nella sicurezza – si sta spegnendo con i suoi credenti anziani, o ci sono in essa condizioni di modus vivendi et cooperandi di grande avventura cristiana?
E’ vero, il momento è delicato, le difficoltà sono enormi, il lavoro apostolico è immenso, le forze sono ridotte, e la nostra Chiesa è oggettivamente al bivio.
Ma ci chiediamo: essa vive per sopravvivere e annuncia solo a chi viene in Chiesa, o è impegnata nell’andare a trovare chi è immerso nella quotidianità della sofferenza e della povertà?
Ci chiediamo ancora: è una comunità oppressa dai suoi problemi interni e aspetta di risolverli per iniziare la evangelizzazione permanente? Quali sono le scommesse sul presente e quali quelle di un futuro preferibile e impegnato? Quale Valore cristiano fondamentale predichiamo e comunichiamo a tutti con la nostra attuale pratica pastorale? A cosa è finalizzato il movimento dei passi settimanali della nostra realtà ecclesiale alla vita dei gruppi o alla vita delle parrocchie in uscita? Siamo pronti per proporre a tutti i residenti un cammino leggero ma profondo d intenso di conversione e di costruzione dell’anima della nostra realtà ecclesiale?
Si potrebbe fare un lungo elenco di fatti ed esempi esplicativi, ma non è questo il momento: d’altra parte, essi sono noti a chi ha seguito la vicenda del Seminario, dell’Istituto Teologico, etc…
Abbiamo indubbiamente bisogno di un dialogo vero per conoscerci, di un esame di coscienza comunitario per amarci e camminare “a due a due” sulla via di Damasco, abbiamo bisogno di aprire la Porta della Missione e di incontrare i poveri e i disperati, qualunque sia il loro livello di fede cristiana, e chiederci se non siamo diventati di fatto, pur non volendolo, una società di gruppi e di aggregazioni, non sempre collaborativi ma impegnati a vivere come “fratelli separati” nella Chiesa di Ragusa in più o meno visibile permanente conflitto.
Abbiamo ancora bisogno di avere dal nostro Vescovo, Padre, Maestro e Pastore, una Parola forte e ferma, di indirizzo pastorale, di conversione all’unità superiore di Comunità e di riduzione della portata ‘strutturale’ del ruolo e dell’impegno dei gruppi, in vista del bene superiore della missione della Chiesa locale e della esistenza cristiana adulta di quanti in essa vivono. Se c’è stata delega a persone o a strutture, questa esperienza non ha generato una proficua seminagione. Vale sempre l’antica e storica sentenza che dice: “bisogna servire la Chiesa, non servirsene!”.
Chiediamoci inoltre se l’egocentrismo e l’individualismo – che sono stati in momenti diversi un evidente retaggio della nostra storia locale, dell’originaria società agricola e di quella successiva, e della sua evoluzione a società del ceto medio, benestante e consumista – non siano arrivati ad essere l’identità visibile (e forse sotterranea e non voluta qualità di orientamento e di vissuto di un attribuito valore interno e comune) della nostra Società attuale e, per certi aspetti, anche della stessa Chiesa di Ragusa.
Chiediamoci infine se la nostra Chiesa diocesana non sia, da questo punto di vista, ritornata ad essere “neo-campanilistica”, nel senso di avere ripreso l’antico volto e ruolo conflittuale di Chiesa piegata su logiche non sue, e se non sembra aver abbandonato la precedente e positiva evoluzione religiosa della Chiesa sanamente “municipale”, ma non campanilistica. Per attuare l’idea conciliare di una Chiesa locale – “soggetto culturale” formativo, diffuso e permanente, verso tutti – chiediamoci ancora se non si debba riprendere il cammino del I Sinodo Diocesano nella sua Impostazione e nella sua Conclusione (la ripresa non è stantia ripetizione, ma consapevole riappropriazione per una finalità più adeguata).
Chiediamoci ancora: la nostra Chiesa di Ragusa è ancorata nel porto, in attesa dell’alba, per una navigazione coraggiosa e una progettualità strutturale e teologica a misura della Evangelii Gaudium di Papa Francesco?
Ci vuole, a questo punto, un vero dialogo su temi e spunti di riflessione per conoscerci meglio e amare di più la nostra Chiesa di Ragusa e il suo Vescovo, per capirlo e comprenderlo nella sua guida di centro e di comunione ecclesiale, e per far conoscere e stimare la silenziosa fatica e dedizione pastorale di quanti operano strettamente con Lui nella “vigna”, al servizio apostolico della struttura della Curia, degli uffici e di questo mondo vitale di riferimento.
Io credo che non abbiamo bisogno né di processi né di nuove divisioni, ma di un clima di rispetto, stima e coinvolgimento vero e autentico, non diplomatico né burocratico.