Pubblicato il 25 Febbraio 2017 | di Redazione
0Religiosità popolare, tradizioni e folklore
Un appuntamento che non può mancare, una ricorrenza che, nonostante i cambiamenti socio-culturali e religiosi del nostro tempo, non passa inosservata. Stiamo parlando della solennità liturgica di San Giuseppe, quest’anno il 20 marzo. Già dai primi giorni del mese primaverile si intensificano in diverse località della provincia iblea i preparativi per la festa in onore al santo patriarca.
Ogni località della provincia di Ragusa ha il suo San Giuseppe: una chiesa o semplicemente una festa; ma nessun Comune si reputa “orfano” del santo patriarca, perfino le frazioni iblee della campagna e del litorale non trascurano di onorarlo al meglio. E’ così che prendono al via i tridui, i settenari, gli ottavari e le novene in preparazione alla solennità liturgica di marzo. Giorni di preghiera e devozione, ricordando le amarezze e le allegrezze della vita dello Sposo di Maria. Si recitano e si cantano le famose “coroncine”, un intreccio di bellezza poetica, di devota preghiera, di melodioso canto con le quali i devoti onorano il santo artigiano da oltre un secolo, radunandosi davanti a una sua immagine in chiesa, o a un’edicola votiva in strada, o davanti a una “tavolata” commemorativa a casa. Sì, perché caratteristica principale dei festeggiamenti di san Giuseppe sono proprio le “tavolate” allestite in suo onore, dette anche “artari” o “cene”; frutto di una plurisecolare venerazione al santo con le quali la comunità cristiana ha voluto associare il culto alla carità per i poveri, proprio nel ricordo di colui che è invocato come il “Padre della Provvidenza”.
Non mancano altre usanze di sano folklore ma ricche di significati biblici, teologici e antropologici. In tanti a riversarsi in piazza o nelle strade per accendere la tradizionale “vampanigghia” (o “pagghiaru”) o per assistere alla secolare tradizione della “cavalcata” e ricordare così la migrazione della Santa Famiglia in Egitto. Oggi tematica più che mai attuale e scottante!
Momento clou dei festeggiamenti sono le processioni dei figuranti della santa Famiglia, detti anche “santi” o “virginieddi”, per poi completarsi con le solenni processioni con i venerati simulacri che, quasi a mo’ di gara, uno più bello dell’altro, non fanno altro che rappresentarci e immortalarci i tratti teneri, di bontà e di affabilità del Padre terreno di Gesù.
Sono tantissimi quindi gli elementi della tradizione cristiana e della cultura contadina iblea che caratterizzano la festa di san Giuseppe nel territorio ragusano; vale la pena di conoscerli accuratamente, di valorizzarli sempre più e di non perderli nel tempo. Il culto a san Giuseppe negli iblei, come in tutta la Sicilia, è frutto di una genuina religiosità popolare, il più delle volte molto commovente, che riesce ancora a mantener in vita ben 16 feste nelle 19 località che venerano il santo Carpentiere.
Acate, Chiaramonte Gulfi, Comiso, Donnalucata, Friggintini, Giarratana, Ispica, Marina di Ragusa, Modica, Monterosso Almo, Pedalino, Pozzallo, Ragusa, San Giacomo Bellocozzo, Santa Croce Camerina, Scicli, Scoglitti, Vittoria, Zappulla; ognuno, con orgoglio, ha il suo bel “San Giuseppe”!
Paolo Antoci