Politica

Pubblicato il 13 Marzo 2017 | di Alessandro Bongiorno

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Ragusa e lo sfruttamento del petrolio. Stiamo così bene da poter dire basta?

Il petrolio, che ha costituito l’inizio della presenza industriale in provincia di Ragusa, creando occupazione, benessere e sviluppo, può ancora aiutare la nostra economia a rilanciarsi. Ne è convinto il presidente dell’Associazione degli industriali della provincia di Ragusa, Enzo Taverniti. Turismo, agricoltura, enogastronomia, beni culturali, che restano al centro di ogni progetto di sviluppo della nostra area, non sono riusciti ad assicurare lavoro a certezze alle generazioni dei figli di chi ha lavorato all’Abcd, alla Ibla, alle altre realtà industriali e manifatturiere della nostra provincia. È un dato di fatto. Ragusa, come qualsiasi altra realtà, non può fare a meno della presenza industriale e deve provare a sfruttare una risorsa naturale come il petrolio che, sinora, ha dato tantissimo senza compromettere nulla al turismo, all’agricoltura o alla valorizzazione dei beni culturali.

Ultimamente è stato perforato un nuovo pozzo, denominato Irminio 6, che ha garantito per circa un anno possibilità di lavoro a un centinaio tra operai e tecnici specializzati, e diverse compagnie hanno avviato i procedimenti per nuovi pozzi. Anche le manutenzioni sono state regolarmente effettuate sui pozzi attivi, assicurando ulteriori posti di lavoro nell’indotto.

«Riteniamo che – scrive Taverniti in una lettera aperta che intende riaprire un dibattito sulle prospettive di sviluppo del nostro territorio – non si debba trascurare, né svilire in ragionamenti preconcetti, il notevole apporto che, nonostante il persistere della crisi, hanno continuato e possono continuare a dare le attività industriali; quelle attività cioè che, utilizzando le risorse disponibili nel territorio, riescono a generare ricchezza e occupazione tramite una trasformazione manifatturiera rispettosa delle norme e degli strumenti di pianificazione, compatibile con le esigenze di tutela e valorizzazione dell’ambiente e coerente con la visione “integrata” che la nostra comunità ha del proprio futuro».

Il riferimento è rivolto anche alla coltivazione dei campi petroliferi e alla valorizzazione delle materie prime del suolo e del sottosuolo, e al notevole indotto che attorno ad esse è venuto a crearsi negli ultimi decenni. Taverniti ricorda a questo proposito la rilevanza per l’economia locale e l’occupazione delle aziende impegnate nell’estrazione e trasformazione petrolchimica, nelle lavorazioni plastiche, nella produzione di materiali da costruzione, nell’utilizzo responsabile del suolo agricolo per l’approvvigionamento delle materie prime destinate alla trasformazione alimentare.

«Ci sembra ingeneroso, quindi, disconoscere la realtà, per nulla immaginaria, dell’industria di trasformazione ragusana quale elemento importante per il benessere del territorio, ed è in errore – secondo il presidente di Confindustria Ragusa – chi oggi canta il de profundis del comparto trasformativo e manifatturiero ibleo e la fine degli investimenti nel comparto energetico, poiché il sistema delle piccole e medie imprese ragusane, facendo tesoro delle loro esperienze durante il periodo di crisi, stanno risalendo la china diversificando produzioni, mercati e tecnologie produttive».

Quello del presidente dell’Associazione degli industriali della provincia è ovviamente un contributo a un dibattito che, ci si augura, possa inaugurare una nuova stagione di protagonismo della politica e delle associazioni di categoria cui le famiglie ragusane chiedono progetti concreti e prospettive realizzabili per ancorare il futuro dei propri figli alla realtà dove sono nati e dove sono cresciuti.

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Autore

Giornalista, redattore della Gazzetta del Sud e condirettore di Insieme. Già presidente del gruppo Fuci di Ragusa, è laureato in Scienze politiche.



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