Società

Pubblicato il 30 Marzo 2017 | di Vito Piruzza

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La paura, le armi e la violenza

L’enfasi posta dai mezzi di informazione su recenti fatti di cronaca che vedono sotto processo persone che hanno ucciso dei ladri che si sono introdotti furtivamente in casa o presso negozi, sta fortemente orientando il dibattito in Italia.

Come accade troppo spesso in questi casi l’aumento di attenzione è motivato molto più da esigenze di audience che da reale ricerca di soluzioni e conseguentemente l’approccio lungi dall’essere improntato alla razionalità fa sempre leva sull’emotività alimentando la pura e il senso di insicurezza con buona pace della possibilità di trovare soluzioni efficaci al problema.

Poco più di una decina di anni fa una simile “ondata emotiva” ha fatto modificare l’istituto della legittima difesa estendendolo non solo a difesa alle persone, ma perfino a difesa delle cose; penso sia legittimo e opportuno chiedersi se questo abbia aumentato il senso di sicurezza dei cittadini o almeno abbia costituito una risposta valida al problema o fatto regredire il fenomeno.

In entrambi i casi la risposta è negativa, a mio avviso semplicemente perché è sbagliato l’approccio al problema.

Intendiamoci, non voglio neanche sollevare i tanti problemi di ordine etico che scelte come queste comportano in termini di prevalenza dei valori in campo sia perché non è un ambito di mia competenza, sia perché a mio avviso già affrontare in termini razionali e non emotivi il problema ci porta a soluzioni più efficaci.

I dati statistici ci dicono infatti che in Italia sono costantemente diminuiti i reati gravi contro la persona (omicidi e violenza), ma che negli ultimi 10 anni è cresciuta la criminalità predatoria, anche se negli ultimi anni la crescita si è appiattita.

Cosa significano questi dati?

Credo sia abbastanza evidente che non è aumentata la violenza nel nostro Paese, ma è altrettanto evidente che l’aumento di furti e rapine coincide semplicemente con l’aumentato il malessere economico-sociale.

E se nonostante la modifica della legge che ha reso legittima la difesa delle “cose” oltre che delle persone i furti sono aumentati, non è legittimo chiedersi quale efficacia avrebbe continuare ad aumentare la possibilità di difesa con le armi dei cittadini?

Spostare l’attenzione dalle cause del problema agli effetti non aiuta a risolverlo!

In Italia dal 1990 ad oggi l’indice che misura la disuguaglianza economica (indice di Gini) è cresciuto molto di più che negli altri paesi occidentali, e in aggiunta a ciò la crisi economica ha avuto effetti ancora più pesanti che nella maggior parte degli altri Paesi.

Si badi bene, questa considerazione non vuole essere una forma di giustificazionismo sociologico del fenomeno, ma tende a puntare l’attenzione sulle cause del fenomeno atteso che a 11 anni dalla modifica della legge sulla legittima difesa si può affermare con certezza che l’ampliamento della possibilità di usare le armi in casa non è servita non solo a risolvere, ma neanche a limitare il fenomeno.

Portare la discussione quindi sulla esigenza di una maggiore giustizia economica e a una migliore rete di protezione sociale sarebbe sicuramente molto più efficace, ma ovviamente alimenterebbe un dibattito con minore appeal televisivo e soprattutto richiederebbe una complessità di elaborazione che appare oramai demodè in una società che propone ricette semplici ed emotivamente rassicuranti a prescindere dalla loro efficacia.

Riguardo poi al senso di sicurezza dei cittadini, che peraltro è fortemente influenzata da questo proliferare di dibattiti, le statistiche dimostrano in modo evidente, ma è anche un dato abbastanza comprensibile,  che decresce con l’aumento dell’età media, quindi in una società che invecchia è fisiologico che questo avvenga anche a parità di condizioni, figurarsi in momenti in cui l’aumento della marginalità sociale aumenta la criminalità predatoria.

Ma anche in questo caso la risposta dell’autodifesa appare un pannicello caldo a fronte del trend di costante diminuzione degli investimenti sulle forze dell’ordine che si sono verificate negli ultimi decenni e che solo recentemente ha avuto una battuta di arresto.

Argomenti così delicati e complessi non vanno affrontati con la disinvoltura che contraddistingue certi format televisivi e soprattutto noi cittadini dobbiamo abbandonare l’illusione che risposte “semplici” siano anche risolutive, quasi sempre sono solo “semplicistiche” ed inefficaci.


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