Pubblicato il 2 Maggio 2017 | di Luciano Nicastro
0Sono un “abitatore del Tempo” sub specie aeternitatis
Carissimo Luca, caro collega filosofo, rispondo con gratitudine alla tua complessa e profonda riflessione (pubblicata su Insieme online col titolo “Oltre la filosofia della rotatoria”, che si può leggere cliccando qui) e precomprensione filosofica di livello “epistemologico”, dichiarando che apprezzo l’andare oltre “la filosofia della rotatoria” e ti ricordo, per quanto mi riguarda, che sono intervenuto molte volte sulla questione di fondo dell’abitare e del costruire la comunità dei parlanti e dialoganti nel “nostro” (non in senso possessivo ma affettivo, del prendersi cura della vita “comune”, delle radici e delle speranze, per essere dentro e condividere….) territorio, che anche a te sta a cuore. Non solo perché lo ritieni “meno peggio”, ma per la sua trascendentale qualità (o differenza!?) umana e umanistica, diffusa e “umile”, sociale senza indulgere a visioni “municipalistiche”.
Il tuo, però, non è un invito “gadameriano” – né del mio maestro “ancorché dialettico” E. Severino – che va oltre il linguaggio e il logos come pensiero verso la filosofia della necessità mediante il neo-parmenedismo e il destino che tutto copre e invade, soprattutto l’invisibile propaggine della struttura originaria e l’identità progettuale della filosofia futura. Stando però a un approccio che, fra le righe, anche tu indichi non come presupposto, ma “come luce e metodo”: quello husserliano dello “stare” o “andare alla cosa”.
In questo caso vale non l’oltre, ma la riduzione fenomenologica e il confronto fra le opinioni del tempo e le esperienze di disvelamento del vero, bello e buono, alla ricerca della auspicabile weltanschauung comune sia nel caso della Città che della società aperta e globale e (ahimè “pagana” e non laica spirituale!) per camminare su questo sentiero, che è bivio dilemmatico e percorso accidentato dei comuni mortali.
Siamo compagni di viaggio e ricercatori dell'<ultimo vecchio ponte (De Andrè) dove potremo pregare… “noi suicidi del nostro cuore e delle altrui speranze o certezze“… “venite in paradiso là dove vado anch’io perché non c’è l’inferno nel mondo del BUONDIO…”l’oltre” non può essere (e nemmeno essere “indiscernibile”!) l’eternità dell’INFERNO o spirale della Catastrofe senza fine, né l’eternità del bene senza libertà come nella Leggenda del Grande Inquisitore ne “I Fratelli Karamazov” di F.Dostoevskij.
Come tu ricordi, il cardinale ultranovantenne nel Carcere pone una domanda a Gesù Cristo (dopo averlo imprigionato perché con il suo vangelo della libertà aveva messo in crisi la tranquilla comunità di Siviglia). La sua domanda è terribile: “Sei tu, sei tu….perché sei venuto a disturbarci?”….Gesù CRISTO era ritornato, per la Sua infinita Misericordia, a Siviglia in Spagna al tempo della terribile Santa Inquisizione a riportare la libertà là dove regnava l’autorità, e il popolo era diventato una massa che in compenso godeva del pane e dei piaceri dei sensi, viveva nella sicurezza e “si sentiva felice!”. Alla fine l’Inquisitore disse a Gesù, che lo guardava e non gli rispondeva: <Vattene e non venire più, non venire mai più….mai più”.
Non apro altre riflessioni sul significato della “Leggenda”….Mi piace sottolineare che “oltre la cristianità chiamata “comunità” c’è la negazione della libertà e il sonno della Ragione. La Fede è diventata la via delle contraddizioni di una presunta e presupposta “filosofia della prassi“.
Consentimi, carissimo Luca, che veda “l’oltre ” nel senso più sociologico (come sai, sono anche “sociologo impegnato e militante di tipo “mounieriano”!): la città, come è noto, rappresenta l’esperienza più umana e studiata per capire il mondo in una dimensione di dialettica dei bisogni e della difficile solidarietà, specie al tempo della concentrazione glocale e della violenza lacerante a grappolo.
Ci aiuta a recuperare una visione più umana e spirituale il nostro (non in senso possessivo!) San Giorgio La Pira, il quale parlava delle città e della CITTA’ come luogo teologico della fraternità e della solidarietà nella quale si poteva lavorare per costruire un mondo nuovo di amore e di pace sui “sentieri di Isaia“. Egli, come sai, fu messaggero di Pace quando dominava la logica della guerra “preventiva” e ritenne suo dovere andare “oltre” le armi e i tamburi di guerra (vietnamita!) di Kruscev e Kennedy al tempo di Papa Giovanni…
Per quanto riguarda il problema della rotatoria, hai ragione: dobbiamo andare “oltre”, verso la qualità della Politica, che non si adagia sugli interessi spiccioli delle mille tribù ma guarda lontano verso il regno spirituale dei fini e dei bisogni della vera e concreta (non astratta né hegeliana IDEA di STATO …..)
Sul tema de “La mia Città è differente!” ho già scritto e pubblicato parecchio (on line), ma è pronto, e spero anche stampabile, un libro di DIALOGO e di confronto per una visione comune e condivisa, come tu giustamente auspichi e richiedi.
Grazie della tua affettuosa richiesta di impegno e approfondimento nello spirito di Bose, spirituale e cristiano (e cattolico!), civile e politico con la P maiuscola, come dice Papa Francesco.