Pubblicato il 9 Giugno 2017 | di Redazione
0Quando i cristiani sono una sola cosa: un moderno apoftegma
Da cattolico amante del cristianesimo orientale (segno tipico di un amico della Comunità Monastica di Bose) e coerente con il concetto del “respirare a due polmoni” di San Giovanni Paolo II (che Papa Francesco sta mettendo in pratica in tutti i modi), oltre a soffermarmi su autori come Gregorio Palamas e Massimo il Confessore, sull’esicasmo in generale, sulla Filocalia e sui Racconti di un pellegrino russo, ho avuto modo di amare pure i Detti dei padri del deserto.
Sul sito di Bose si può leggere: “I detti dei padri del deserto sono parole, trascritte dopo una lunga tradizione orale, pronunciate da uomini e donne che vivevano nel deserto egiziano tra il IV e il V secolo d.C., spesso in risposta a domande poste dai discepoli, giovani che desideravano abbracciare una vita di fede e di preghiera. Sono parole di persone sapienti, dotate di un acuto discernimento spirituale, acquisito attraverso l’esperienza del vivere concreto. Quello che caratterizza i detti dei padri del deserto è che essi sono pratici piuttosto che teorici: non cercano di sviluppare un argomento, di esaminare un concetto, ma parlano a partire da un’esperienza, e a un’esperienza si rivolgono. Come le parabole che raccontava Gesù, i detti dei padri non forniscono soluzioni ai problemi della vita quotidiana, ma interpellano il discepolo, l’ascoltatore, il lettore a fare verità in se stesso; muovono a una personale ricerca di autenticità“.
Così, dopo averne letti molti (infatti sono numerosissime le raccolte pubblicate da diverse case editrici), con molta modestia ho provato a scriverne uno e a calarmi – per quanto possibile – in questa dimensione spirituale.
IL GIOVANE E L’ASCETA
In un giorno di primavera, alcuni giovani decisero casualmente di andare a trovare un vecchio monaco. Mentre questi preparava il pranzo per accogliere i giovani, uno di loro cominciò a parlare di Dio e ad esibire la sua grande cultura teologica e filosofica. L’asceta portò a tavola un profumato minestrone e, facendo finta di non aver sentito i discorsi aulici del giovane intellettuale, a un certo punto gli disse improvvisamente: “Tu che conosci molte cose divine, hai mai lottato contro le passioni?”. Il giovane, inizialmente, provò vergogna e rimase in silenzio, poi rispose: “Padre, in verità sono stato travolto dalle passioni e ti confesso che sarei potuto morire almeno tre volte. Adesso cerco di conoscere Dio attraverso i libri, ma in realtà soffro, perché mi sento privo della dignità che ogni uomo dovrebbe avere”. Il monaco cambiò espressione e, con la luce negli occhi e sul volto, gli disse: “Medita incessantemente, cerca di fare silenzio dentro di te, e vedrai che già possiedi una dignità. Non solo la ritroverai, ma ti dico che risorgerai altre tre volte”. Dopo il pranzo, il giovane salutò con un abbraccio l’asceta, scoppiò a piangere e, nella sua debolezza, trovò la sua forza. “Vedi che anche tu hai un cuore? Cammina sereno” concluse il monaco. Forse agli occhi del mondo quel giorno non avvenne niente, ma è così che l’invisibile salvezza si mostra… senza che ce ne accorgiamo!
L.F.