Vita Cristiana

Pubblicato il 20 Luglio 2017 | di Redazione

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“Evangelii Gaudium”: l’esperienza del Meic di Vittoria

Avviandosi verso la pausa estiva, i membri del gruppo MEIC di Vittoria possono dirsi soddisfatti delle attività svolte durante questa prima parte dell’anno 2016-2017.

Il primo e impegnativo passo è stato quello di partecipare al Convegno Nazionale MEIC, celebrato a Caserta dall’11 al 13 novembre scorso e il cui titolo era “Dal Sud al Nord. Un’Europa aperta al mediterraneo”; la partecipazione è stata fonte di ispirazione per orientare successivamente i temi della riflessione di gruppo. In particolare, è stata scelta con entusiasmo l’Esortazione Apostolica di Papa Francesco Evangelii Gaudium, come guida per avviare un dibattito sulla necessità di realizzare un cambiamento nella Chiesa e nella partecipazione attiva dei cristiani, per riscoprire la gioia di annunciare il Vangelo.

Attraverso l’approccio intellettuale che caratterizza il MEIC, ciascuno dei componenti del gruppo si è occupato di approfondire i singoli capitoli dell’Esortazione Apostolica, relazionandone poi il contenuto, individuando i punti salienti e gli spunti utili al dibattito svolto. Infatti, è proprio nel processo di rinnovamento della Chiesa italiana che il MEIC vuole collocarsi, portando avanti proposte per disegnare il cammino futuro della comunità ecclesiale.

È ormai consolidata, inoltre, la collaborazione con il gruppo MEIC di Ragusa, col quale si è stabilita un’intesa molto positiva, costruita anche su affinità di intenti e condivisioni profonde e grazie alla quale, domenica 16 luglio è stata fatta l’esperienza di un Ritiro spirituale congiunto.

Sempre nell’ottica della condivisione, il gruppo MEIC di Vittoria ha preso parte all’organizzazione della Festa di Pentecoste in sinergia con la Consulta diocesana delle Aggregazioni laicali, nel corso della quale il Vescovo di Ragusa, Mons. Carmelo Cuttitta, ha voluto incontrare tutte le realtà laicali del territorio per riflettere sul tema della famiglia.

Ai temi socio-culturali il gruppo affianca il percorso interno di formazione teologico-spirituale, avvalendosi della competenza dell’Assistente ecclesiastico, don Giuseppe Di Corrado. Negli anni trascorsi abbiamo riflettuto sui documenti del Concilio Vaticano II, sulle Encicliche Laudato Sii e, più di recente, sull’Amoris Laetitia oltre alla già citata Evangelii Gaudium.

Le relazioni

+ Introduzione e Primo Capitolo
Introduzione

L’Evangelii Gaudium è un’esortazione apostolica che Papa Francesco indirizza ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate e ai fedeli laici, sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale. L’EG è l’invito pressante del Papa a riscoprire la gioia del Vangelo ma oserei dire anche il Vangelo della Gioia. Ed è proprio da questa gioia che scaturisce l’impegno di ogni battezzato a portare agli altri, con nuovo fervore e dinamismo, l’amore benevolo e misericordioso di Gesù. Bisogna, dunque, superare il grande rischio del mondo attuale, ovvero quello di cadere in una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali. È un invito a recuperare una visione profetica e positiva della realtà senza distogliere lo sguardo dalle difficoltà. Papa Francesco infonde coraggio e provoca a guardare avanti nonostante il momento di crisi, facendo ancora una volta della croce e risurrezione di Cristo il “vessillo della vittoria” (85). Sin dall’introduzione all’EG, Papa Francesco invita ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Il Pontefice, dunque, bandisce ogni scusa. Nessuno può e deve rimandare l’incontro con il Risorto. Insiste ancora dicendo: “Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia”. Tra l’altro è lo stesso Vangelo che invita con insistenza alla gioia. Basti ricordare che il saluto dell’Angelo a Maria (Lc 1,28) è “Rallegrati”. Quando Gesù inizia il suo ministero, Giovanni esclama : ” Ora questa mia gioia è piena”; ed ancora lo stesso Gesù promette ai suoi discepoli: ” Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia” (Gv 16,20) L’EG nasce successivamente alla XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi ( Ottobre 2012) sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. In quell’occasione si è ricordato che la nuova evangelizzazione chiama tutti e che si realizza fondamentalmente in tre ambiti: 1. Pastorale Ordinaria: fedeli che regolarmente frequentano la Comunità e che si riuniscono nel giorno del Signore per nutrirsi della sua Parola e dell’Eucaristia. Fanno parte di questo ambito anche coloro i quali conservano una fede cattolica intensa e sincera benchè non partecipino frequentemente al culto. Questa pastorale si orienta alla crescita dei credenti. 2. Persone battezzate che però non vivono le esigenze del Battesimo : la Chiesa, come madre sempre attenta, si impegna perchè essi vivano una conversione che restituisca loro la gioia della fede e il desiderio di impegnarsi con il Vangelo. 3. Coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo hanno sempre rifiutato: i cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì chi condivide una gioia. Così come disse Benedetto XVI, durante un’omelia, “la Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione”! Giovanni Paolo II, più volte, ribadì che l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa. In questa linea, i Vescovi latini-americani hanno affermato che non possiamo più rimanere tranquilli, in attesa passiva, dentro le nostre chiese. Bisogna dunque passare da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria.

Primo Capitolo

Il primo capitolo, quindi, si sviluppa alla luce della riforma in chiave missionaria della Chiesa, chiamata ad “uscire” da se stessa per incontrare gli altri. È la “dinamica dell’esodo e del dono dell’uscire da sé, del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre” (21), ciò che il Papa esprime in queste pagine. Dio ci precede nell’amore indicando alla Chiesa il cammino da seguire. Essa non si trova in un vicolo cieco, ma ripercorre le orme stesse di Cristo (cfr 1 Pt 2,21); pertanto, ha certezza del cammino da compiere. Questo non le fa paura, sa che deve “andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un inesauribile desiderio di offrire misericordia” (24). Perché questo avvenga, Papa Francesco ripropone con forza la richiesta della “conversione pastorale”. Ciò significa, passare da una visione burocratica, statica e amministrativa della pastorale a una prospettiva missionaria; anzi, una pastorale in stato permanente di evangelizzazione (25). Come, infatti, ci sono strutture che facilitano e sostengono la pastorale missionaria, purtroppo “ci sono strutture ecclesiali che possono arrivare a condizionare un dinamismo evangelizzatore” (26). La presenza di prassi pastorali rafferme e invecchiate obbliga, quindi, all’audacia di essere creativi per ripensare l’evangelizzazione. In questo senso afferma il Papa: “Un’individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia” (33). È necessario, pertanto, “concentrarsi sull’essenziale” (35) e sapere che solo una dimensione sistematica, cioè unitaria, progressiva e proporzionata della fede può essere di vero aiuto. La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Sul punto, Papa Francesco invita tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. La Chiesa deve essere una mamma dal cuore aperto; tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte delle comunità. L’Eucarestia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli. Spesso ci si comporta come controllori della grazie e non come facilitatori. Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa. (47) Voglio concludere la mia relazione con le stesse parole di Papa Francesco: “…preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio un Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo…”

Francesca Sgarlata

+ Secondo Capitolo - Nella crisi l'impegno comunitario
Il primo concetto che Papa Francesco presenta in questo capitolo è il “discernimento evangelico”, cioè lo sguardo che il discepolo assume nei confronti della realtà contemporanea, studiando e interpretando i segni dei tempi, rilevando “ciò che può essere frutto del Regno” e “ciò che nuoce al progetto di Dio”.

L’epoca in cui viviamo ci ha portato a un miglioramento del benessere delle persone, grazie al progresso scientifico e alle innovazioni tecnologiche. Tuttavia a questo quadro si contrappone lo stato di precarietà di molti individui, dovuta all’aumento delle patologie e alla mancanza di gioia di vivere, alle iniquità, anche nei paesi ricchi.

“No a un’economia dell’esclusione e dell’iniquità”: si assiste all’emarginazione di grandi masse di popolazione considerando l’essere umano come bene di consumo, da usare e gettare. Non si assiste più al semplice sfruttamento, ma all’esclusione dalla società,sotto l’indifferenza generale. “È la relazione che abbiamo stabilito con il denaro, poiché accettiamo pacificamente il suo predominio su di noi e sulle nostre società”. La crisi finanziaria è dovuta alla negazione del primato dell’essere umano, alla mancanza di un orientamento antropologico che ci riduce al solo bisogno del consumo.

L’aumento della ricchezza di pochi porta ad uno squilibrio legittimato da “ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria”. A tutto ciò si aggiunge una corruzione ramificata ed un’evasione fiscale egoista. Tutto ciò che è fragile, come l’ambiente, rimane indifeso di fronte alle leggi e agli interessi del mercato.

Sullo sfondo di questo quadro si colloca il rifiuto dell’etica e il rifiuto di Dio. L’etica infatti relativizza il denaro e il potere, limita la manipolazione della persona, chiama l’essere umano alla sua piena realizzazione e all’indipendenza da ogni schiavitù, consente di creare un equilibrio sociale più umano.

Riguardo al problema della sicurezza contro le forme di violenza Papa Francesco afferma che “fino a quando non si eliminano l’esclusione e l’iniquità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza. Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma senza uguaglianza di opportunità le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione”. È inutile ricorrere agli armamenti per risolvere le violenze generate dalla disparità sociale. La guerra inganna chi reclama maggiore sicurezza ed esaspera le situazioni conflittuali. È ingannatoria anche la pretesa di educare o addomesticare i popoli poveri per renderli inoffensivi.

Dal punto di vista culturale si assiste ad una diffusa indifferenza relativista, in cui ciascuno si crede “portatore di una propria verità soggettiva”, rendendo difficile l’esistenza di un senso di comunità che vada oltre gli interessi personali. Di fronte all’avanzamento di una cultura dell’esteriorità e dell’apparenza, le radici culturali si indeboliscono e si diffondono “nuove forme di comportamento che sono il risultato di un’eccessiva esposizione ai mezzi di comunicazione”, mettendo in pericolo la sopravvivenza dei valori tradizionali.

La fede cattolica è messa di fronte alla diffusione di forme di religiosità tendenti al fondamentalismo e che promuovono una “spiritualità senza Dio”, come reazione alla società materialista e in grado di offrire sollievo a chi cerca soluzioni facili alle proprie necessità spirituali. Questo fenomeno è accompagnato dal fatto che i credenti stessi non sperimentano la loro appartenenza ad una Chiesa, caratterizzata da uno scarso sentimento di accoglienza nelle parrocchie e nelle comunità e da un prevalere di un prevalente “atteggiamento burocratico per rispondere ai problemi della vita dei popoli”, a discapito dell’aspetto pastorale.

“Il processo di secolarizzazione tende a ridurre la fede e la Chiesa all’ambito privato e intimo”. Si fanno strada delle posizioni che ritengono ingiusto l’insegnamento della Chiesa, secondo cui esistono delle norme morali oggettive universali, insistendo invece sulla necessità di un relativismo e una libertà morali. Assistiamo al diffondersi di una “superficialità al momento di impostare le questioni morali”. È dunque necessaria “un’educazione che insegni a pensare criticamente e che offra un percorso di maturazione nei valori”.

Anche la famiglia viene investita da questo sistema, con un affievolirsi dei legami da cui dipende anche la solidità della società. “L’individualismo postmoderno e globalizzato favorisce uno stile di vita che indebolisce lo sviluppo e la stabilità dei legami tra le persone, e che snatura i vincoli familiari”. Da qui l’esigenza di un’azione pastorale che promuova e rafforzi i legami interpersonali, che educhi al rispetto dell’altro e ad una comunione fraterna.

Come luogo fisico di azione del cristiano, la città va riscoperta sotto lo sguardo della fede. La presenza di Dio “vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia”. Nella città contemporanea che vede il germogliare di nuove culture, il cristiano anziché essere generatore di senso, spesso viene contaminato da altri paradigmi in contrasto con il Vangelo. Proprio in queste trasformazioni deve inserirsi la nuova evangelizzazione, immaginando innovativi spazi di preghiera e di comunione, più attraenti per le popolazioni urbane. “Si rende necessaria un’evangelizzazione che illumini i nuovi modi di relazionarsi con Dio, con gli altri e con l’ambiente”, che faccia da mediatrice tra le contraddizioni tra gruppi di cittadini eterogenei.

Papa Francesco riflette sul ruolo degli operatori pastorali nell’affrontare le sfide dell’attuale cultura globalizzata. È necessario puntare sulla motivazione degli operatori pastorali, richiamandoli sulle tentazioni che purtroppo li colpiscono. In essi infatti si riscontrano “un’accentuazione dell’individualismo, una crisi d’identità e un calo del fervore”. Molti operatori sviluppano un senso di inferiorità a causa di una generale sfiducia nel messaggio della Chiesa. Questo indebolisce l’impegno e soffoca la gioia della missione. Evangelizzare diventa un compito forzato a cui dedicare pochi sforzi e poco tempo.

Si assiste allo sviluppo di un relativismo, un agire come se Dio non esistesse, anche in chi apparentemente possiede solide convinzioni spirituali, che finisce con l’adottare stili di vita incoerenti. Il Papa parla di “accidia pastorale”. “Molti laici temono che qualcuno li inviti a realizzare qualche compito apostolico, e cercano di fuggire da qualsiasi impegno che possa togliere il loro tempo libero”. Anche i sacerdoti si preoccupano con ossessione del loro tempo personale. C’è la percezione che un compito di evangelizzazione possa ridurre l’autonomia e sia qualcosa di velenoso, anziché una risposta gioiosa alla missione a cui Dio ci chiama.

Il problema sono le attività vissute male, senza motivazione e spiritualità adeguate. Le cause dell’accidia pastorale possono essere il portare avanti progetti irrealizzabili, la non accettazione della difficile evoluzione dei processi, la mancanza di pazienza, l’inseguimento di vanità personali, la perdita di contatto reale con la gente, l’eccessiva attenzione all’organizzazione più che alle persone.

Il risultato è il precipitare nel “grigio pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa”, in cui “la fede si va logorando e degenerando nella meschinità”. I mali del mondo e della Chiesa dovrebbero essere visti come sfide per crescere e come un terreno nel quale riconoscere sempre le manifestazioni dello Spirito Santo, in cui non bisogna perdere mai fiducia.

Il generale senso di sconfitta e pessimismo che ci caratterizza denota una “desertificazione spirituale, frutto del progetto di società che vogliono costruirsi senza Dio o che distruggono le loro radici cristiane”. Questo deserto deve essere il punto di partenza per riscoprire la gioia della fede.

Andrea Sigona

+ Terzo Capitolo - L’annuncio del Vangelo
La lettura attenta e meticolosa del terzo capitolo dell’Evangelii Gaudium, apparentemente si presenta di facile comprensione, (in realtà è un testo che affronta un argomento che ha collegamenti con tematiche molto profonde); il testo permette al lettore di addentrarsi e cogliere i più sottili aspetti riguardanti il mistero di comunione e missione della Chiesa, dove il Popolo di Dio è parte integrante. Si percepisce che tutti siamo chiamati alla Santità e alla salvezza. I singoli capitoli vanno letti con particolare attenzione per coglierne collegamenti e sfumature. Dall’analisi accurata si riesce a percepire ciò che sta a cuore a Dio, la salvezza di ogni creatura umana, creata a Sua immagine e somiglianza. Il tema centrale del terzo capitolo dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium è “l’annuncio del Vangelo”, dove è la Chiesa intesa come totalità del Popolo di Dio che annuncia. La premessa è che al centro dell’evangelizzazione c’è sempre la proclamazione di Gesù Cristo. Protagonista dell’evangelizzazione è il Popolo di Dio, un Popolo che non va inteso come una società di uomini, ma come una comunità di persone che si stringono intorno al mistero trinitario. Nel Vaticano II si è inteso che la Chiesa è mistero, nel senso di realtà imbevuta di divina presenza, risultato, appunto, delle operazioni trinitarie di cui si faceva cenno sopra[1].

Nell’assemblea del Signore, non è importante che qualcuno si raduni ma è essenziale che sia Dio a radunare il suo popolo. La comunità è quella di Dio per sua libera elezione. Dio lo raduna affinché ascolti le Parole che Egli vuole comunicarle[2].

Una realtà tangibile è che non ci può essere reale e autentica evangelizzazione senza un preciso e nitido annuncio che Gesù Cristo è il Signore. Spazio e tempo dinnanzi a questa realtà si contraggono, l’evangelizzazione esplicitata sempre nella gioia e nella bellezza deve viversi come una necessità.

Ogni cristiano deve essere missionario, un cristiano diviene discepolo-missionario solo quando ha concretamente sperimentato il Suo amore; anche noi, così come hanno fatto i discepoli e tutti coloro che lo hanno incontrato, avvertiamo l’esigenza di annunciare il Vangelo e lo facciamo con gioia. Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto (Gv 20,1-2.11-18). Quando si cita il popolo di Dio, non possiamo non esplicitare che esso non è altro che la Chiesa, una Chiesa collocata dentro il mondo, questa Chiesa vive e si annuncia e si presenta in Cristo. La Chiesa vissuta seguendo la buona vita del Vangelo diventa un seme di salvezza, di unione e di speranza. Secondo l’espressione dei padri, La Chiesa è il luogo dove fiorisce lo Spirito [3].

La nozione di popolo di Dio, infatti, per essere fondata essenzialmente sulla professione di fede e sul battesimo, che n’è il segno sacramentale, stabilisce per la Chiesa un forte carattere anti-elitario, non settario e anti-corporativistico. l significato di Popolo di Dio, si collega al battesimo, quest’ultimo ne è il segno sacramentale, facciamo riferimento ai battezzati nel loro insieme a prescindere che siano fedeli laici, o fedeli consacrati, o vescovi, presbiteri diaconi [4] . Gesù non dice agli Apostoli di formare un gruppo esclusivo, un gruppo di élite. Gesù dice: «Andate e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19). San Paolo afferma: «non c’è Giudeo né greco … perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). Mi piacerebbe dire a quelli che si sentono lontani da Dio e dalla Chiesa, a quelli che sono timorosi e agli indifferenti: il Signore chiama anche te ad essere parte del Suo popolo e lo fa con grande rispetto e amore! [5] . La Chiesa è Popolo di Dio in ragione di Cristo. Ekklesia è una comunità che è tale per il fatto di vivere del corpo e della parola del Signore, per essere divenuta essa stessa corpo di Cristo.

Il modello di Chiesa quale corpo di Cristo appare già in 1 Cor 6,12-20. Qui San Paolo introduce l’idea che i corpi dei cristiani sono membra del corpo di Cristo. I Cristiani, infatti, a seconda del loro comportamento, sono membra dell’uno e dell’altra. In forma ancora più esplicita è presente in 1 Cor 12,12-38 e in Rm 12,3-8, dove la Chiesa viene descritta quale organismo vivente, in cui vige l’interdipendenza delle membra, La diversità è senza ombra di dubbio affermata in analogia al corpo umano, che pure essendo uno ha molte membra, Paolo ha un sentimento di predilezione per le parti che fra tutte appaiono meno, cioè quelle più deboli e più soggette alla sofferenza, tutte insieme convergono verso l’unità e la cooperazione. La diversità è ricchezza perché “se tutto Fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo?” (1Cor 12,19) [6]. Il Popolo di Dio si personifica nei vari popoli quindi nelle varie culture. Papa Francesco accenna al fatto che la grazia suppone la cultura. La cultura intesa come inclusione di conoscenza, credenza, arte, morale, diritto e costume. In ambito teologico si fa riferimento alla tradizione che è ciò che costituisce per un essere umano una cultura, cioè una concezione del mondo, una visione dell’esistenza insieme agli altri e dei compiti da assumere in comune, nonché l’espressione di una situazione. Ogni popolo, nel suo divenire storico, sviluppa la propria cultura con legittima autonomia [7]. Il cristianesimo non dispone di un unico modello culturale, bensì, di un volto pluriforme che grazie all’azione dello Spirito Santo diventa più accattivante ed espressivo. Nonostante l’aspetto pluriforme del popolo di Dio, la Chiesa non perde la sua unicità. Lo spirito mandato dal Padre “abita nei fedeli e tutta riempie e regge la Chiesa produce quella meravigliosa comunione dei fedeli […]. Lo Spirito effonde doni gerarchici e carismatici affinché tutti i fedeli si pongano al servizio gli uni degli altri e tutti insieme edifichino la Chiesa nella carità [8] . Nella diversità non si perde né la cattolicità né l’unicità. A tal proposito è d’obbligo citare San Paolo (Ef. 4,4-6). “Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti [agisce] per mezzo di tutti ed [è presente] in tutti”. La cultura viene superata dall’ unità nello Spirito.

Papa Francesco nel capitolo III prosegue mettendo in rilievo alcuni punti necessari, affinché l’annuncio del Vangelo sia efficace. Nell’annuncio evangelico è necessario seguire un itinerario, una traccia, per la precisione vengono definite vie o mezzi o forme, tra queste ricordiamo: la pietà popolare, le relazioni interpersonali, i carismi, l’omelia, la catechesi kerigmatica e mistagogica, la via della bellezza, la proposta morale e l’accompagnamento spirituale.

La pietà popolare. Le espressioni della pietà popolare hanno molto da trasmettere, e vanno lette ed interpretate con rispetto profondo, si tratta di un luogo teologico a cui dobbiamo prestare interesse e riflessione. Paolo VI nella sua Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, spiega che la pietà popolare “manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere”. Papa Francesco ribadisce che si tratta di una vera “spiritualità incarnata nella cultura dei semplici” [9] . In particolare il Santo Padre Giovanni Paolo II ha indicato la famiglia come soggetto della pietà popolare insieme ad essa le confraternite e le pie associazioni di fedeli [10].

Da persona a persona (le relazioni interpersonali). Essere discepolo significa avere la disposizione permanente di portare agli altri l’amore di Gesù, questo avviene spontaneamente in qualsiasi luogo, nella via, nella piazza, al lavoro, in una strada [11]. Si tratta di una predicazione rispettosa non invasiva, garbata e affettuosa; il primo step è il dialogo personale, una condivisione gioiosa, un dialogo fondato sulle proprie speranze, le proprie aspettative, i propri progetti. Questo dialogo appunto perché è autentico, non è immune da preoccupazioni e personali disagi. Dal dialogo si passa alla presentazione della Parola, che può essere concretizzata attraverso la lettura di passi della Scrittura e preghiera personale che diventa condivisa e che unisce.

I carismi. La diversità dev’essere sempre riconciliata con l’aiuto dello Spirito Santo; le differenze tra gli individui e le varie comunità possono essere motivo di disarmonia ma è lo Spirito Santo che suscita la diversità, ed è lo stesso Spirito Santo che trasforma in dinamismo queste diversità. Pluralità, molteplicità se suscitate dallo Spirito Santo realizzano e completano. La diversità non suscitata dallo Spirito Santo crea esclusivismo, divisione, particolarismi, l’unità pianificata attraverso i nostri piani umani, diviene qualcosa di sterile che implicitamente crea uniformità e omologazione [12].

L’omelia. Nella Bibbia, troviamo la raccomandazione di preparare la predicazione per assicurare ad essa una misura adeguata: «Compendia il tuo discorso. Molte cose in poche parole» (Sir 32,8). L’omelia è un importante ministero è il luogo di vicinanza tra Dio e il Suo Popolo. San Paolo parla con forza della necessità di predicare, perché il Signore ha voluto raggiungere gli altri anche con la nostra parola (Rm 10,14-17). «la proclamazione liturgica della Parola di Dio, soprattutto nel contesto dell’assemblea eucaristica, non è tanto un momento di meditazione e di catechesi, ma è il dialogo di Dio col suo popolo, dialogo in cui vengono proclamate le meraviglie della salvezza e continuamente riproposte le esigenze dell’Alleanza» [13] . L’omelia è un riprendere quel dialogo che è già aperto tra il Signore e il suo popolo. Nell’omelia, la verità si accompagna alla bellezza e al bene.

Catechesi Kerigmatica e mistagogica. Il Papa ha posto l’attenzione sul ruolo fondamentale della catechesi. Il primo annuncio o Kerygma deve necessariamente avere un ruolo centrale nell’attività evangelizzatrice, il Kerigma è trinitario. L’annuncio principale è che Gesù risorto vive nella comunità dei suoi discepoli, nella Chiesa […] Dalla Croce di Cristo sgorga la riconciliazione fra cielo e terra, la possibilità che il perdono e la salvezza raggiungano le pieghe più intime e dolorose […]. Nasce dunque, l’unità della famiglia umana, per la quale ci sentiamo spronati sempre più alla carità, alla comprensione, alla giustizia e al bene comune, alla convivenza leale e pacifica, alla condivisione dei nostri beni [14]. Un percorso compiuto dai cristiani attraverso la pratica dei riti liturgici, dei sacramenti e della testimonianza reale e quotidiana della propria fede.

La via della bellezza. Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di gioia profonda, anche in mezzo alle prove. Tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta ad incontrarsi con il Signore Gesù. Ogni Chiesa particolare si deve mettere nelle condizioni di poter promuovere l’uso delle arti nella sua opera evangelizzatrice, lasciando viva la continuità con il passato, e le tradizioni [15].

Proposta morale. L’annuncio del Vangelo è bene che si faccia in modalità positiva; “più che come esperti in diagnosi apocalittiche o giudici oscuri che si preoccupano di individuare ogni pericolo o deviazione, è bene che si annunci con gioiosi messaggi di proposte alte. Custodire il bene e la bellezza che risplendono e in una vita fedele al Vangelo” [16] .

Accompagnamento. L’uomo compie un itinerario, un cammino, che avviene per tappe ben precise e del tutto personali e personalizzate. Sotto la guida di un qualificato accompagnatore spirituale, riesce nel suo intento, liberandosi piano piano dell’attaccamento, disordinato, alle cose sensibili, si libera dalle false certezze e dai falsi assoluti dell’intelligenza. L’accompagnamento è innanzitutto ascolto, e l’ascolto è un dialogo. Papa Francesco ha dichiarato che Il dialogo è «”arte” che non si impara a buon mercato. Non possiamo accontentarci di mezze misure», dobbiamo «guardare in alto e allargare lo sguardo». «Il dialogo», rimarca il Papa, «ci aspetta nelle prove e nei gemiti dei nostri fratelli, nelle piaghe della società e negli interrogativi della cultura del nostro tempo» [17].

La Chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per contemplare commuovere e fermarsi davanti all’altro, tutte le volte che sia necessario. (Es 3,5). L’accompagnamento è un’arte e come tale deve essere esercitata con parsimonia.

Conclusione. Il capitolo esaminato è di facile e gradevole lettura, perché permette di comprendere che la Chiesa è da sempre intesa come una totalità di persone, il Popolo di Dio in cammino, un Popolo che annuncia ed evangelizza; in questo cammino l’uomo ha bisogno dell’altro, nessuno si salva da solo cioè nessuno da solo è capace e ha le forze per farlo. Gli strumenti per evangelizzare sono diversi e Dio ci elargisce il dono della Grazia per poter affrontare tale cammino, tale cammino non è esente da difficoltà perché la vita della croce è una caratteristica della vita umana. L’imperfezione umana non deve scoraggiare l’uomo nel suo percorso di Santità ma anzi deve fungere da stimolo per lottare contro la mediocrità che impedisce una maturità nella fede.

[1] Cf. M. Semeraro, Mistero, Comunione e missione, EDB, Bologna 2008, 10.

[2] Cf. M. Semeraro, Mistero, Comunione e missione, EDB, Bologna 2008, 17.

[3] CCC, n. 749.

[4] Cf. M. Semeraro, Mistero, comunione e missione, EDB, Bologna 2008, 64.

[5] Cf. PAPA FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Capitolo III, l’annuncio del Vangelo, tutto il Popolo di Dio annuncia il Vangelo, un popolo per tutti, 59.

[6] Cf. M. Semeraro, Mistero, comunione e missione, EDB, Bologna 2008, 69.

[7] CONC. ECUM. VAT. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 36.

[8] Cf. M. Semeraro, Mistero, comunione e missione, EDB, Bologna 2008, 88.

[9] Cf. PAPA FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Capitolo III, l’annuncio del Vangelo, Tutto il popolo di Dio annuncia il Vangelo, La forza evangelizzatrice della pietà popolare, 55.

[10] Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, Direttorio su pietà Popolare e Liturgia, Principi e orientamenti, Liturgia e pietà popolare nel magistero della chiesa, Il soggetto della pietà popolare, 68-69. Città del Vaticano 2002.

[11] Cf. PAPA FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Capitolo III, L’annuncio del Vangelo, Tutto il Popolo di Dio annuncia il Vangelo, Da persona a persona, 56.

[12] Cf. PAPA FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Parte III, l’annuncio del Vangelo, Tutto il Popolo di Dio annuncia il Vangelo, Da persona a persona, 58.

[13] Cf. PAPA FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Capitolo III, l’annuncio del Vangelo, Tutto il Popolo di Dio annuncia il Vangelo, Un popolo per tutti, 48.

[14] Vescovo di Ragusa, Monsignor Carmelo Cuttitta, Gesu’ Risorto è vivo in mezzo a noi http://www.ragusah24.it/2017/04/11/gesu-risorto-e-vivo-in-mezzo-a-noi-il-messaggio-del-vescovo-per-la-pasqua/print/, [28/05/2017].

[15] Cf. PAPA FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Capitolo III, L’annuncio del Vangelo, Tutto il Popolo di Dio annuncia il Vangelo, Carismi al servizio della comunione evangelizzatrice, 58.

[16] Cf. PAPA FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Capitolo III, L’annuncio del Vangelo, Un’evangelizzazione per l’approfondimento del kerygma, Una catechesi kerygmatica e mistagogica, 75.

[17] Cf. PAPA FRANCESCO, Lasciamo agli altri le discussioni di chi ascolta solo se stesso, e lavoriamo per la pace, http://www.lastampa.it/2017/05/27/vaticaninsider/ita/vaticano/lasciamo-le-discussioni-di-chi-ascolta-solo-se-stesso-e-lavoriamo-per-la-pace-UgJvJL3VKnQ3mimz9iICSP/pagina.html, [28/05/2017].

Coniugi Pietro Ferraro e Concetta Giardina 

+ Quarto Capitolo - La tensione sociale dell’evangelizzazione
In questo capitolo Papa Francesco riprende alcuni concetti già affrontati nel secondo, in particolare e con nuovi accenti il rapporto tra l’annuncio di Cristo e la sua ripercussione comunitaria, tra confessione della fede ed impegno sociale, approfondendo i concetti di inclusione dei poveri e pace sociale.

Nel paragrafo introduttivo il Papa afferma che se la dimensione sociale dell’evangelizzazione “non viene debitamente esplicitata, si corre sempre il rischio di sfigurare il significato autentico e integrale della missione evangelizzatrice” (EG 176).

Papa Francesco riconosce infatti un’intima connessione tra l’evangelizzazione e la promozione umana: non possiamo salvarci da soli ma dobbiamo cercare ed avere a cuore il bene degli altri. La proposta del Vangelo, di conseguenza, non può consistere solo in una relazione personale con Dio ma occorre, invece, sempre tenere presente il mandato “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15).

La religione non può e non deve infatti limitarsi all’ambito privato. “Chi oserebbe rinchiudere in un tempio e far tacere il messaggio di San Francesco di Assisi e della Beata Teresa di Calcutta? Essi non potrebbero accettarlo” (EG 183).

Papa Francesco affronta allora due questioni che considera determinanti per il futuro dell’umanità: l’inclusione dei poveri da una parte e la pace e il dialogo sociale dall’altra.

I cristiani e le comunità, ricorda, devono essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri affinchè questi ultimi possano integrarsi pienamente nella società. Questo implica non solo l’essere docili e attenti all’ascolto del grido del povero ma anche collaborare per risolvere le cause strutturali e profonde della povertà.

Papa Francesco ci ricorda che nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri, tanto che Egli stesso si è fatto povero. Tutto il cammino della salvezza è attraversato dai poveri: basti pensare al “si” di Maria, umile ragazza di un paese sperduto della provincia di un grande impero oppure al fatto che il Salvatore sia nato tra gli animali oppure ancora che erano folle di diseredati quelle che seguivano inizialmente Gesù quando predicava.

Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica.

Papa Francesco afferma con dolore che la peggiore discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale. Essi, sostiene il Papa, hanno bisogno di Dio e non possiamo non offrire loro la Parola, i sacramenti e un cammino di crescita nella fede.

Da sempre attento agli ultimi, non tralascia una opportuna riflessione sulla politica che definisce “una vocazione altissima, e una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune”. Auspica che il Signore doni più politici che abbiano davvero a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri.

E utilizza parole incisive per esprimere questo concetto. “È indispensabile che i governanti e il potere finanziario alzino lo sguardo e amplino le loro prospettive, che facciano in modo che ci sia un lavoro degno, istruzione e assistenza sanitaria per tutti i cittadini”. E si dice convinto “che a partire da un’apertura alla trascendenza potrebbe formarsi una nuova mentalità politica ed economica che aiuterebbe a superare la dicotomia assoluta tra l’economia e il bene comune sociale ”( EG 205).

Chi sono i poveri verso i quali volgere il nostro sguardo?

Papa Francesco invita ad essere vicini a nuove forme di povertà e di fragilità in cui siamo chiamati a riconoscere Cristo sofferente: i senzatetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, gli anziani e i migranti. Definisce “doppiamente povere” le donne che soffrono i maltrattamenti e le violenze e i bambini nascituri ai quali oggi, sostiene il Papa, si vuole negare la dignità umana, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo.

Con fermezza ricorda, invece, che la vita di ogni essere umano è sacra ed inviolabile e tale argomento non è soggetto a presunte riforme o modernizzazioni. Papa Francesco riconosce, però, che poco si è fatto per accompagnare adeguatamente quelle donne che si trovano in situazioni molto dure, dove l’aborto si presenta loro come una rapida soluzione alle loro profonde angustie.

L’altra questione importante affrontata nel quarto capitolo è la pace sociale che per Papa Francesco “non è assenza di guerra, frutto dell’equilibrio precario delle forze, ma si costruisce giorno per giorno, nel perseguimento di un ordine voluto da Dio”.

Per la costruzione di una società dove regnino pace, giustizia e fraternità indica quattro principi:

– il tempo è superiore allo spazio significa lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Questo principio aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone. È un invito ad assumere la tensione tra pienezza e limite, assegnando priorità al tempo. Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione (EG 223). Si tratta di un principio già presente nella Lumen Gentium.

– l’unità prevale sul conflitto consiste nello sviluppare una comunione nelle differenze, che può essere favorita solo da quelle nobili persone che hanno il coraggio di andare oltre la superficie conflittuale e considerano gli altri nella loro dignità più profonda. La solidarietà, intesa nel suo significato più profondo e di sfida, può diventare così uno stile di costruzione della storia, un ambito vitale dove i conflitti, le tensioni e gli opposti possono raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita (EG 228).

– la realtà è più importante dell’idea è la necessità tra le due si instauri un dialogo costante, evitando che l’idea finisca per separarsi dalla realtà. È pericoloso, ci ricorda Papa Francesco, vivere nel regno della sola parola, dell’immagine, del sofisma (EG 231).

– il tutto è superiore alla parte significa che non dobbiamo essere troppo ossessionati da questioni limitate e particolari ma allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande. Il modello di riferimento, non è la sfera, dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l’altro. Il modello deve essere il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità (EG 235).

L’ evangelizzazione, prosegue Papa Francesco, implica un cammino di dialogo costante:

– con gli Stati

– con la società includendo le culture e le scienze

– con altri credenti che non fanno parte della Chiesa cattolica

Sostiene Papa Francesco che agli Stati spetta la cura e la promozione del bene comune della società e questo ruolo non può essere delegato ma esige profonda umiltà sociale.

Per quanto riguarda il dialogo con le scienze, come già altre volte sottolineato, la fede non ha paura della ragione e ha fiducia in essa come afferma san Tommaso d’Aquino. La Chiesa non pretende, allora, di arrestare il grande progresso delle scienze ma al contrario si rallegra e perfino gode riconoscendo l’enorme potenziale che Dio ha dato alla mente umana.

Il Papa invita poi al dialogo ecumenico e al superamento delle divisioni fra le confessioni cristiane. Esse hanno molto da imparare le une dalle altre e ricorda a tal proposito che la presenza al Sinodo del Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I e dell’Arcivescovo di Canterbury Rowan Williams è stata una preziosa testimonianza cristiana.

I paragrafi finali del quarto capitolo sono poi dedicati alla relazione con l’Ebraismo e con l’Islam. Seppur alcune convinzioni cristiane siano inaccettabili per gli Ebrei, il Papa riconosce una ricca complementarità che permette di leggere insieme i testi della Bibbia ebraica e aiuta vicendevolmente a sviscerare le ricchezze della Parola. Per quanto riguarda l’Islam Papa Francesco rammenta gli elementi comuni delle due fedi: oltre al credo in un unico Dio, la venerazione di Abramo, il riconoscimento di Gesù Cristo come Profeta e la venerazione di Sua Madre Maria. Esorta poi i cristiani ad accogliere con affetto e rispetto gli immigrati islamici che giungono nei nostri Paesi, implorando i paesi islamici di fare altrettanto nei confronti dei cristiani, assicurando a quest’ultimi la libertà di praticare il loro culto.

Il Papa sottolinea infine l’importanza della libertà religiosa considerata un diritto umano fondamentale. “Un sano pluralismo, che davvero rispetti gli altri ed i valori come tali, non implica una privatizzazione delle religioni, con la pretesa di ridurle al silenzio e all’oscurità della coscienza di ciascuno, o alla marginalità del recinto chiuso delle chiese, delle sinagoghe e delle moschee. Si tratterebbe in definitiva di una nuova forma di autoritarismo”(EG 255)

Papa Francesco conclude il capitolo ribadendo lo scopo che si era prefissato: esplicitare l’ineludibile dimensione sociale dell’annuncio del Vangelo per incoraggiare tutti i cristiani a manifestarla sempre nelle loro parole, atteggiamenti ed azioni.

SPUNTI DI RIFLESSIONE:

– Riconosco come cristiano e come cittadino di avere una vocazione al sociale?

– Quali forme di povertà riesco a scorgere e quali invece restano a me invisibili?

Cristina Di Lorenzo

+ Quinto Capitolo

EVANGELIZZATORI CON SPIRITO

N° 259 – Gli Evangelizzatori con Spirito sono coloro che si aprono senza paura all’azione dello Spirito Santo che fa uscire da se stessi (Pentecoste) e infonde la FORZA per Annunciare la NOVITÀ del Vangelo con AUDACIA ( Parresia) a voce alta, in ogni tempo e in ogni luogo, anche CONTROCORRENTE.

  ‹‹Gesù vuole evangelizzatori che annunciano la Buona Notizia non solo con le parole, ma soprattutto con una vita trasfigurata dalla presenza di Dio ››.  (N° 261) Un’evangelizzazione con Spirito è un’evangelizzazione con Spirito Santo, dal momento che  Egli è l’anima della Chiesa evangelizzatrice.

  1. MOTIVAZIONI PER UN RINNOVATO IMPULSO MISSIONARIO

N° 262 – Gli Evangelizzatori con Spirito sono coloro che pregano e lavorano. Bisogna coltivare UNO SPAZIO INTERIORE che conferisca SENSO CRISTIANO all’impegno e all’attività.

La Chiesa  attinge al POLMONE della Preghiera e deve RESPINGERE una Spiritualità Intimistica e Individualistica  che non si può coniugare con l’esigenza della Carità, né con la logica dell’incarnazione (Novo Millennio ineunte G. P. II 2001).

Papa Francesco chiama FALSA SPIRITUALITÀ la privatizzazione dello stile di vita..

N° 264  – Perché “ l’amore che abbiamo ricevuto lo dobbiamo comunicare”, dobbiamo sentire la necessità di far conoscere la persona amata. La motivazione che ci fa comunicare il Vangelo è contemplarlo con Amore, è sostare e leggerlo con il cuore.

‹‹Bisogna recuperare uno spirito contemplativo che ci permetta di riscoprire ogni giorno che siamo depositari di un bene che ci umanizza, che aiuta a condurre una vita nuova››.

N° 265 – Tutta la vita di Gesù è preziosa e parla alla nostra vita personale. Il Vangelo è la verità che non passa di moda perché è in grado di penetrare là dove nient’altro può arrivare.

N° 266  –  Non si evangelizza se non si resta convinti che non è la stessa cosa cercare di costruire il mondo con il suo Vangelo piuttosto che farlo unicamente con la propria ragione. Il vero Missionario, che non smette di essere discepolo, sa che Gesù cammina, parla, respira, lavora con lui.

Se non si scopre la presenza di Gesù nel cuore della missione si perde l’entusiasmo, gli manca forza e passione. SE UNA PERSONA NON È CONVITNTA NON CONVINCE NESSUNO.  Così uniti a Gesù cerchiamo quello che Lui cerca ‹‹ LA GLORIA DEL PADRE›› ( N° 267) che ci ama: ‹‹ In questo è Glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto›› (Gv. 15,8).

IL PIACERE SPIRITUALE DI ESSERE POPOLO

N° 268  –  ‹‹ Un tempo voi eravate non popolo, ora invece siete popolo di Dio›› (1Pt 2,10).

La missione è una passione per Gesù ma anche per il suo popolo. Gesù si serve di noi per arrivare sempre più vicino al suo popolo amato. Ci prende in mezzo al popolo e ci invia al popolo.

269  Il donarsi di Gesù sulla croce non è che il culmine di questo stile che ha contrassegnato tutta la sua esistenza.Seguendo questo insegnamento ci IMPEGNAMO nella COSTRUZIONE di un MONDO NUOVO gomito a gomito CON GLI ALTRI  come una scelta personale che ci  riempie di gioie e ci conferisce identità.

N° 270. Gesù vuole che tocchiamo la Miseria Umana, che tocchiamo la carne sofferente degli altri. Bisogna rinunciare ai ripari personali e comunitari che ci permettono di tenerci a distanza dal dramma umano per entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza. In questo modo “ viviamo l’esperienza di essere popolo, di appartenere a un popolo”.

N° 272 – Chi non ama il Fratello ‹‹ cammina nelle tenebre ›› (1 Gv 2,11) ‹‹ rimane nella morte›› e ‹‹ non ha conosciuto Dio››.

Benedetto XVI in Deus caritas est (230) dice: ‹‹chiudere gli occhi di fronte al prossimo rende ciechi anche di fronte a Dio››.  (…) Quando riconosciamo l’altro aprendo gli occhi, viene illuminata la FEDE per Riconoscere DIO.

“Può essere missionario solo chi si sente bene nel cercare il bene del prossimo, la felicità degli altri, questa apertura del cuore è fonte di felicità” diversamente è un lento suicidio.

N° 273Io sono una missione su questa terra per questo mi trovo in questo mondo”. Siamo MARCHIATI A FUOCO  da tale missione di illuminare , benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare.

N° 274 – Per condividere la VITA con la GENTE abbiamo bisogno di RICONSCERE anche che ogni persona è OPERA DI DIO, SUA CREATURA. Egli l’ha creata a sua Immagine e riflette qualcosa della sua Gloria. Ciascuno è immensamente sacro e merita il nostro affetto e la nostra dedizione.

Se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita. Acquistiamo pienezza quando rompiamo le pareti e il nostro cuore si riempie di volti e di nomi.

L’AZIONE MISTERIOSA DEL RISORTO E DEL SUO SPIRITO

N° 275 – (Speranza/Ottimismo/ottimista)

‹‹ L’uomo non può vivere senza speranza: la sua vita, diverrebbe insopportabile ››( 216. Sinodo dei Vescovi – assemblea speciale per l’Europa).

Se pensiamo che le cose non cambieranno, ricordiamoci che Gesù Cristo ha trionfato sul peccato e sulla morte ed è ricolmo di potenza. “Gesù risorto e glorioso è la sorgente profonda della nostra speranza e non ci mancherà il suo aiuto per compiere la missione che Egli ci affida”.

N° 276La sua risurrezione contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo.

Dove sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della Risurrezione. È una forza senza uguali. NONOSTANTE GLI ASPETTI NEGATIVI OGNI GIORNO NEL MONDO RINASCE LA BELLEZZA. “I Valori tendono a riapparire in nuove forme, e di fatto l’essere umano è rinato molte volte da situazioni che sembrano irreversibili. Questa è la forza della Risurrezione e ogni evangelizzatore è uno strumento di tale dinamismo”.

N° 278. – (LA RISURREZIONE PRODUCE GERMOGLI)

LA FEDE significa credere che Egli veramente ci ama, che è vivo, che è capace di intervenire misteriosamente, che non ci abbandona, che trae bene dal male con la sua Potenza.

Il Regno di Dio è GIÀ PRESENTE NEL MONDO  e si sta sviluppando in diversi modi, come un piccolo seme che si trasforma in un grande albero,  o il lievito che fermenta, come un buon seme che cresce in mezzo alla zizzania.

La RISURREZIONE PRODUCE IN OGNI LUOGO GERMI DI QUESTO MONDO NUOVO, anche se vengono tagliati ritornano a spuntare. PENETRANO LA TRAMA NASCOSTA DI QUESTA STORIA.

Non rimaniamo al margine di questo!

N° 279 – Dobbiamo avere la consapevolezza di dare frutto. Abbiamo biosogno di una certezza interiore cioè della convinzione che Dio può agire in qualsiasi circostanza.   È sapere che chi si offre e si dona a Dio per amore, sarà fecondo.

Consapevolezza di dare frutto senza sapere come, dove, quando. La sicurezza che NULLA va perduto delle opere svolte con amore, NESSUN ATTO DI AMORE PER DIO VA PERDUTO.

   Tutto circola attraverso il Mondo come una Forza di Vita. Il Signore Riversa i nostri sforzi nei Luoghi dove serve, dove non andremo mai. Lo Spirito santo opera come vuole, quando vuole e dove vuole. È necessario il dono di noi stessi.

N° 280 – È lo Spirito Santo che viene in aiuto alla nostra debolezza ( Rm. 8,26), dobbiamo invocarlo Costantemente.

ESSERE

MISSIONARI

RIMANERE FECONDI

È come immergerci in un mare dove non sappiamo che cosa incontreremo.

NON C’È MAGGIORE LIBERTÀ DI QUELLA DI LASCIARSI PORTARE DALLO SPIRITO, rinunciare a controllare tutto e permettere che Egli ci illumini, ci guidi, ci orienti, ci spinga dove Lui desidera.

EGLI SA DI COSA C’È BISOGNO.

LA FORZA DELL’INTERCESSIONE

N° 281 – La preghiera di Intercessione non ci separa dalla vera contemplazione, perché se lasciamo fuori gli altri è un inganno; (N° 282 –) tutto questo si trasforma in RINGRAZIAMENTO  a Dio PER GLI ALTRI.

È LA GRATITUDINE di cuore veramente attento agli altri, riconoscendo che Dio stesso opera in loro.

Quando un EVANGELIZZATORE RIEMERGE DALLA PREGHIERA il suo cuore è diventato più generoso, si è liberato della coscienza ISOLATA ED è DESIDEROSO DI COMPIERE il bene e condividere la vita con gli altri. (N° 283) L’intercessione è come il lievito nel seno della Trinità. La nostra Intercessione è che la sua potenza, il suo amore e la sua lealtà si manifestino con maggiore chiarezza nel popolo

II MARIA, LA MADRE DELL’EVANGELIZZAZIONE

N° 284Maria sta in mezzo al popolo così come lo Spirito Santo. Lei. È la Madre della Chiesa Evangelizzatrice e senza di lei non possiamo comprendere pienamente lo spirito della Nuova Evangelizzazione.

IL DONO DI GESÙ AL SUO POPOLO

N° 285 – Sulla croce Gesù ci lascia Maria come madre nostra come compimento della sua missione. L’INTIMA connessione tra Maria, la Chiesa e ciascun fedele generano Gesù.

N° 286 – Maria è colei che sa trasformare una grotta in una casa per Gesù;  è la piccola serva che loda Dio; è l’amica attenta che non venga a mancare il vino; è colei che comprende tutte le pene (cuore afflitto).

In quanto Madre è SEGNO DI SPERANZA per i popoli che soffrono finché non germogli la giustizia.

È MISSIONARIA che si avvicina a noi per accompagnarci nella vita, aprendo i cuori alla fede con il suo affetto di madre. Come una madre CAMMINA E COMBATTE con noi ed EFFONDE L’AMORE di Dio.

LA STELLA DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

N° 287 – “Ella è la donna di Fede che cammina nella FEDE” (Lumen Gentium, Cap VII; 52-69); è un costante punto di Riferimento per la Chiesa (G.P. II Redemptoris Mater- 25 marzo 1987- 6…).

Si è lasciata condurre dallo SPIRITO verso un destino di SERVIZIO E DI FECONDITÀ.

Noi oggi fissiamo lo sguardo su di lei, perché ci aiuti ad annunciare a tutti il messaggio di salvezza, e perché i nuovi discepoli diventino operosi evangelizzatori.

N° 288 – In Maria vediamo che UMILTÀ e TENEREZZA non sono virtù dei deboli ma dei forti. Guardando Lei scopriamo che colei che lodava Dio perché ‹‹ha rovesciato i potenti dai troni›› e ‹‹ha rimandato i ricchi a mani vuote›› (Lc 1,52.53) è la stessa che assicura calore domestico alla nostra ricerca di giustizia.

Maria sa riconoscere le orme dello Spirito di Dio nei grandi avvenimenti ed anche in quelli che sembrano impercettibili”. È la donna ORANTE  e LAVORATRICE di Nazaret, e anche colei che parte dal suo villaggio per aiutare gli altri senza indizio (Lc 1,39) SIGNORA DELLA PREMURA.

Questa dinamica di giustizia e di tenerezza, di contemplazione e di cammino verso gli altri fa di lei un modello ecclesiale per l’evangelizzazione.

Maria Marangio

 

 

 

 

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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