Cultura

Pubblicato il 25 Ottobre 2017 | di Saro Distefano

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Arte, storia e cultura tra i viali del cimitero

A Ragusa il Fai è una presenza costante da quasi venti anni. Non ha mai saltato un appuntamento con le istituzionali “Giornate Fai di Primavera”, normalmente in programma a marzo, e da due anni organizza anche la “Giornata Fai di Autunno”. Domenica 15 ottobre, nonostante una fitta agenda di eventi provinciali concomitanti, e con un meteo che invitava alla spiaggia (e ai possessori di barca l’avvicinamento al colossale yacht del magnate russo che ha dato la stura a migliaia di foto e commenti tutti uguali sui social), oltre duecentocinquanta hanno percorso gli ombrosi viali del camposanto di Ragusa Superiore.

Come in altre occasioni, il plus nelle iniziative del Fai è stato rappresentato dalle guide: ragazzini di undici e dodici anni delle seconde medie della “Francesco Crispi” opportunamente preparati dalle professoresse Patrizia Distefano, Nicoletta La Rosa, Irene Marcinnò, Cinzia Parrino e Clara Vitale, coordinate dalla preside Maria Grazia Carfì. Non soltanto non hanno manifestato turbamenti che non poche mamme temevano, ma al contrario hanno gestito perfettamente cinque ore di tour, con gruppi anche ampi di ascoltatori ai quali hanno raccontato la complessa vicenda storica dell’ottocentesco camposanto ragusano, oltre ad illustrare caratteristiche e peculiarità di sette tra le tantissime tombe ritenute dalla delegazione Fai significative dal punto di vista artistico, architettonico o storico.

In molti hanno apprezzato l’iniziativa (che la delegazione Fai ha realizzato in collaborazione con il Comune, rappresentato per l’occasione dall’assessore ai servizi cimiteriali, Gianluca Leggio), soprattutto con riferimento alla genesi del camposanto, datato 1838 (tra i primi in Sicilia dopo l’emanazione della legge del marzo 1817 che vietava la sepoltura nelle chiese e obbligava i sindaci a costruire i cimiteri). Altrettanti i visitatori che hanno letteralmente scoperto tombe belle e monumentali (per esempio il pantheon della famiglia Schininà, la più antica tomba gentilizia del cimitero ragusano, costruita nel 1850) o onuste di storia (per esempio la lapide che ricorda la figura del belga Henry Blondeau), con statue bellissime realizzate da un allora giovanissimo Carmelo Cappello (la tomba della famiglia Pluchino Chitinnon) e l’insieme della “città dei morti” dove i ragazzi hanno portato la vita. Osservare, quale ultima delle sette tappe all’interno del camposanto, la tomba di Gino Giampiccolo, morto a sei anni nell’ormai lontanissimo 1936, ha dato la possibilità (agli organizzatori, ai genitori e alle insegnanti) di far apprezzare ai giovanissimi ciceroni e agli altri giovani presenti, che le tombe sono simbolo di morte che serve ai vivi per apprezzare la vita, che con la morte forma un ciclo naturale, nonostante la attualmente predominante cultura della immanenza e della immediatezza.

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Autore

Nato a Ragusa nel 1964 è giornalista pubblicista dal 1990. Collabora con diverse testate giornalistiche, della carta stampata quotidiana e periodica, online e televisive, occupandosi principalmente di cultura e costume. Laureato in Scienze Politiche indirizzo storico, tiene numerose conferenze intorno al territorio ibleo.



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