Politica

Pubblicato il 3 Novembre 2017 | di Vito Piruzza

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Alle urne il prossimo 5 novembre e anche Roma guarda a Palermo

La Sicilia va alle urne il 5 novembre prossimo; e questo appuntamento elettorale è sotto i riflettori perché, come è già accaduto altre volte, le elezioni siciliane sono preludio di ciò che avviene poi a livello nazionale.

È già accaduto cinque anni fa quando in Sicilia, anticipando l’exploit nazionale, il Movimento 5 stelle ricevette la prima importante affermazione elettorale sia come lista sfiorando il 15 per cento sia come candidato presidente superando il 18 per cento.

La legge elettorale con cui andremo alle urne è una legge con impianto proporzionale, i collegi elettorali sono nove, tante quante le province, nei quali si eleggono un numero di deputati regionali individuato sulla base della popolazione della provincia; per quanto riguarda la nostra Provincia di Ragusa i seggi in palio sono 4 (uno in meno rispetto alle precedenti elezioni).

I seggi vengono assegnati alle liste in proporzione ai voti ricevuti e risulta eletto il candidato che riceve nell’ambito della lista il maggior numero di preferenze, che in questa legge elettorale continuano ad essere lo strumento di scelta degli elettori.

È ammesso il voto disgiunto quindi l’elettore può votare il candidato di una lista e il presidente sostenuto da un altro schieramento.

Viene eletto Presidente della Regione il candidato che ottiene un voto in più degli altri infatti non è previsto un secondo turno di ballottaggio, ed assieme al Presidente entrano in Assemblea Regionale anche 6 candidati inseriti in un listino regionale che rappresenta il premio di maggioranza (insieme al presidente rappresentano il 10 per cento dell’Assemblea che dopo l’ultima riforma è composta da 70 deputati e non più da 90); in assemblea regionale entra anche il candidato presidente che arriva secondo.

I candidati alla presidenza sono cinque: Claudio Fava sostenuto da una lista di sinistra, Fabrizio Micari sostenuto da quattro liste di centrosinistra, Nello Musumeci sostenuto da cinque liste di centrodestra, Giancarlo Cancelleri sostenuto dal Movimento 5 Stelle, Roberto La Rosa sostenuto dalla lista Siciliani Liberi.

Al di là dei dati tecnici, la situazione politica della Sicilia è molto simile a quella italiana, elemento che rende queste elezioni un test nazionale significativo, anche se con le peculiarità tipiche siciliane.

Anche da noi le elezioni arrivano dopo un’esperienza governativa di centrosinistra molto travagliata; anche in queste elezioni la sinistra parte divisa mentre il centrodestra ha ritrovato compattezza; anche in Sicilia il Movimento 5 stelle ha ambizioni di governo.

Anche in Sicilia sarà molto difficile che il Presidente possa avere una solida maggioranza parlamentare, per ottenere questo la coalizione che lo sostiene dovrebbe superare il 40 per cento dei consensi cosa assolutamente non scontata; quindi, come già il Presidente uscente Crocetta, anche il prossimo potrebbe dover governare la difficile situazione della nostra isola non avendo una maggioranza parlamentare che gli permetta di operare scelte efficaci, con il rischio di ampliare ulteriormente la sfiducia nella politica e nelle istituzioni democratiche

In questa campagna elettorale si sente parlare pochissimo di programmi e di idee per risolvere i mille problemi che attanagliano la nostra isola, e per l’ennesima volta si ha l’impressione che la scelta si affidi unicamente alla fiducia personale nei confronti dei vari candidati.

Purtroppo tutti a parole dicono di condannare la personalizzazione della politica ma nei fatti la personalizzazione sembra diventato l’unico elemento caratterizzante la scelta elettorale.

In questo contesto il candidato di centrosinistra paradossalmente parte con lo svantaggio di essere un esponente della società civile (è il rettore dell’Università di Palermo), quindi molto meno conosciuto di politici di lungo corso come Musumeci o Fava, ma anche dello stesso Cancelleri che oramai da cinque anni guida il suo Movimento in Sicilia.


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