Politica

Pubblicato il 23 Gennaio 2018 | di Vito Piruzza

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Riecco il festival delle promesse

La campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento è entrata nel vivo e si sta sviluppando in un turbinio di promesse elettorali che non peccano certo di generosità.

Ovviamente non tutte le forze politiche sono ugualmente “generose”, alcune avanzano proposte realmente “sostenibili” in termini economici, e quindi realizzabili, ma colpisce che mai come oggi tutti, chi più, chi meno, ma veramente tutti (!) promettono abolizione di imposte e/o aumenti di reddito.

Gli istituti demoscopici hanno riconosciuto che in passato sortite in questo stile “giocate” in campagna elettorale hanno influito pesantemente sull’esito del voto: tutti ricordiamo il “coup the theatre” l’ultimo giorno della campagna elettorale del 2006 con Berlusconi che promettendo l’abolizione dell’Ici azzera d’un colpo il vantaggio di Prodi pareggiando sostanzialmente le elezioni… dopo due anni si dovette tornare alle urne!

Adesso però il fenomeno ha assunto dimensioni tali da rendere necessaria qualche riflessione anche per integrare le ironie che si cominciano a registrare sui social.

Al di la delle facili battute il problema infatti investe la qualità della democrazia e ci interroga sul fenomeno: è il cinismo dei politici a far sorgere il problema o semplicemente soddisfano un bisogno di rassicurazione presente tra i cittadini?

L’esperienza del 2006 e la rimozione collettiva (un po’ vigliacca per la verità) dell’esperienza del governo Monti con il suo carico di sacrifici indubbiamente hanno costituito un incentivo per le forze politiche ad impostare la campagna elettorale puntando invece che sui sacrifici, che vanno invece archiviati (legge Fornero e decine di normative di contrasto all’evasione fiscale), sulla eliminazione di tasse (Circolazione, canone Rai, Irap, universitarie etc.) o sull’incremento dei redditi (pensioni alle casalinghe, reddito di cittadinanza, altri bonus alle famiglie, aumento pensioni minime) senza andare molto nel dettaglio sulle fonti di finanziamento di tutte queste misure.

Qualche economista, un po’ micragnoso, ha quantificato in oltre 200 miliardi di euro il costo di questi generosi pacchetti elettorali.

Un ulteriore elemento che sicuramente ha contribuito a rendere disinvolto l’atteggiamento delle forze politiche in campagna elettorale, a mio avviso è stato l’effetto “deresponsabilizzante” del proporzionale in un panorama politico fortemente frammentato: tutti gli attori hanno la consapevolezza che nessuno uscirà vincitore da queste elezioni e sarà semplice scrollarsi di dosso l’accusa di non aver rispettato gli impegni, sia per chi non si assumerà la responsabilità del governo, ma anche per chi dovesse parteciparvi in coalizione sarà gioco facile addossare agli alleati l’impossibilità di realizzare le “promesse elettorali” …

È abbastanza evidente che al di là dell’effetto “richiamo” in campagna elettorale tutto ciò certo non giova all’autorevolezza e al prestigio della politica.

E personalmente in questo vedo un paradosso particolarmente evidente: da un lato è evidente la ricerca di leadership autorevoli, dall’altro i leader sembrano rinunciare al loro ruolo di farsi carico della complessità dei problemi della nostra società rifugiandosi in slogan semplicistici ed eccessivamente edulcorati, mortificando così proprio il bisogno di autorevolezza della politica.

Possibile che nessuno si ponga il problema che questo li delegittimi?

Alcide De Gasperi soleva dire: “Cercate di promettere un po’ meno di quello che pensate di realizzare se vinceste le elezioni” … altri tempi … altri leader (anche rispetto all’uso dei congiuntivi!) … ma anche  … altri elettori!

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