Vita Cristiana

Pubblicato il 29 Maggio 2018 | di Mario Cascone

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La mafia è sempre peccato!

Era il 9 maggio 1993. Una folla immensa di fedeli gremiva la Valle dei Templi di Agrigento per partecipare alla messa celebrata dal Papa Giovanni Paolo II: uno spettacolo di fede e di ecclesialità. Al termine della celebrazione, dopo il congedo liturgico espresso dal diacono, il Santo Padre a sorpresa, uscendo fuori dal protocollo, prese la parola, pronunciando a braccio un vigoroso grido, sgorgatogli dal cuore. Riallacciandosi al saluto liturgico del diacono, il Papa disse anzitutto: «Vi auguro di andare in pace e di trovare pace nella vostra terra». Poi in maniera chiarissima prese posizione contro il fenomeno mafioso: «Dio ha detto una volta: non uccidere! Non può l’uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare o calpestare questo diritto santissimo di Dio». Infine Giovanni Paolo II gridò: «Lo dico ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio».

A 25 anni di distanza da quel 9 maggio 1993, i vescovi di Sicilia hanno voluto ricordare questo appello di San Giovanni Paolo II; un appello che ha avuto una vasta risonanza ed ha provocato anche alcune conversioni di ex mafiosi, i quali si sono sentiti trafiggere il cuore dalle parole del Papa. Naturalmente la mafia è ben lontana dall’essere sconfitta. Capace di rigenerarsi con nuove strategie operative e nuove forme di affiliazione, il fenomeno mafioso è un vero cancro nella società. I vescovi siciliani affermano senza mezzi termini che la mafia è peccato, perché consiste in un rifiuto gravemente reiterato di Dio e degli esseri umani, creati a sua immagine e somiglianza. Dicono i vescovi: «Tutti i mafiosi sono peccatori: quelli con la pistola e quelli che si mimetizzano tra i cosiddetti colletti bianchi, quelli più o meno noti e quelli che si nascondono nell’ombra». Peccato è l’omertà di chi col proprio silenzio si fa complice del crimine mafioso. Peccato è soprattutto la mentalità mafiosa, che si può esprimere nei gesti quotidiani di prevaricazione e in una inestinguibile sete di vendetta. Strutture di peccato sono le organizzazioni mafiose, le quali producono «il salario del peccato», che è la morte (cfr. Rom 6, 23).

Su questa base i Pastori delle Chiese di Sicilia affermano che la mafia è del tutto incompatibile con il Vangelo e che bisogna compiere un sforzo ulteriore, da parte della comunità ecclesiale, per fare passare questo messaggio. Si tratta di utilizzare parole che siano capaci di scuotere coloro i quali, sotto varie forme, fanno parte delle aggregazioni malavitose. Si tratta di far capire quanto sia contraddittorio dirsi cristiani e poi dedicarsi al crimine mafioso. Un particolare richiamo i vescovi lo fanno sulla pietà popolare, che talora viene manovrata da parte delle famiglie mafiose di quartiere per fini di visibilità e di legittimazione sociale. Il rischio enorme è che in questi casi «non si tributa più onore al Signore, ma ai capi della mafia».

L’azione pastorale della Chiesa deve mirare a far nascere nuove generazioni di credenti, che maturino un autentico senso di appartenenza ecclesiale e siano in grado di sottrarsi alla mentalità mafiosa, attraverso una pratica di fede sincera.

La lettera dei vescovi di Sicilia è un’ulteriore parola della Chiesa sul deprecabile fenomeno mafioso; una parola rivolta anche  agli uomini e alle donne di mafia, ai quali viene indirizzato quest’appello di Papa Francesco: «Aprite il vostro cuore al Signore. Il Signore vi aspetta e la Chiesa vi accoglie».

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Autore

Sacerdote dal 1981, attualmente Parroco della Chiesa S. Cuore di Gesù a Vittoria, docente di Teologia Morale allo studio Teologico "San Paolo" di Catania e all'Istituto Teologico Ibleo "S. Giovanni Battista" di Ragusa, autore di numerose pubblicazioni e direttore responsabile di "insieme".



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