Vita Cristiana

Pubblicato il 25 Ottobre 2018 | di Redazione

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Paolo VI proclamato santo. Ecco come nacque il Credo

Domenica 14 ottobre la Chiesa ha proclamato santo  Papa Paolo VI (al secolo Giovanni Battista Montini), «un uomo semplicemente e follemente innamorato di Gesù Cristo».

Questo suo “innamoramento” gli costò la solitudine e l’incomprensione, specialmente dopo la pubblicazione dell’enciclica “Humanae Vitae”. A confortare il papa, in quegli anni turbolenti erano  rimasti solamente i “santi” viventi: il frate Pio da Pietrelcina e l’arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla.  In quegli stessi anni, però (1967-1968) ci fu un evento,  dimenticato per molti, ma che a distanza di 50 anni  riveste un’importanza particolare e meriterebbe una lettura attenta e approfondita alla luce del magistero dell’attuale Papa.

Tra il 1967 e il 1968, papa Paolo VI dedicò un anno di celebrazioni agli Apostoli Pietro e Paolo, colonne e fondamento della Chiesa di Roma, in occasione del 19° centenario del loro martirio. Lo chiamò “Anno della Fede”. Alla fine di quell’anno, il Papa pronunciò rigorosamente in latino “il Credo del popolo di Dio” che di fatto ricalcava quello formulato al Concilio di Nicea, che si recita in ogni messa, ma con importanti complementi e sviluppi.

Un testo strano, anzitutto per la sua lunghezza e minuziosità, inedita per una formula che in tutta la storia della Chiesa aveva sempre mirato alla concisione.

«Noi abbiamo voluto – dichiarò infatti papa Montini introducendo la professione di fede – che essa fosse sufficientemente completa ed esplicita, per rispondere in misura appropriata al bisogno di luce, sentito da così gran numero di anime fedeli, come da tutti coloro che nel mondo, a qualunque famiglia spirituale appartengono, sono in cerca della Verità».

Il “Credo” fu pronunciato due giorni dopo la dichiarazione pubblica in cui si affermava che le ossa dell’Apostolo Pietro erano state rinvenute là dove la tradizione le aveva sempre volute, sotto l’altare della Confessione nella Basilica Vaticana. Con tale pronunciamento papa Montini volle affermare, proprio nel cuore dell’anno più burrascoso del post-Concilio, che i punti fermi della fede stavano lì: in opere e parole, in carne ( le ossa di Pietro) e spirito.

Come e perché nacque nel “timido” Paolo VI, “architetto” del Concilio Vaticano II, l’idea di coronare l’Anno della Fede con la proclamazione del Credo del Popolo di Dio? E come fu redatto quel testo? Le risposte a queste domande si trovano in un volume  pubblicate in Francia nel 2008, il sesto tomo della “Corrispondance” tra il teologo svizzero Charles Journet e il filosofo francese Jacques Maritain, cioè le tante lettere (forse più di 300) che i due si scambiarono tra il 1965 e il 1973.

Né l’uno né l’altro sanno che Paolo VI ha intenzione di indire l’Anno della Fede. Maritain fa presente a Journet che da qualche giorno «un’idea mi è venuta in mente», che così descrive: «Il Sovrano Pontefice rediga una professione di fede completa e dettagliata, nella quale sia esplicitato tutto ciò che è realmente contenuto nel Simbolo di Nicea. Questa sarà, nella storia della Chiesa, la professione di fede di Paolo VI».

Senza che Maritain glielo abbia chiesto, Journet consegna la lettera del filosofo al papa, non senza averne conservata la copia, quando lo incontra il 18 gennaio successivo. In quell’occasione, Paolo VI chiede al teologo un giudizio sullo stato di salute della Chiesa: «Tragico», risponde lapidario il cardinale Journet.

Il 22 febbraio 1967, festa della Cattedra di Pietro, Paolo VI, indice l’ Anno della Fede. Due giorni dopo il filosofo francese così annota nei suoi diari: «È forse la preparazione per una professione di fede che lui stesso proclamerà?”».

Quello stesso anno dal 29 settembre al 29 ottobre, si riuniva a Roma il primo Sinodo dei Vescovi. Al termine la Commissione Dottrinale sottopose al Papa la proposta di una dichiarazione sui punti essenziali della fede. Il 14 dicembre , Paolo VI riceveva nuovamente il cardinale Journet, che ripresentava al papa l’idea di Maritain. Paolo VI ricorda al cardinale che alla fine del Concilio, altri avevano suggerito di promulgare un nuovo Simbolo della Fede. Lo stesso  Pontefice, aveva chiesto al teologo domenicano Yves Congar di preparare un testo, che però non lo soddisfò e quindi lui stesso accantonò.

Così è Paolo VI, che invita stavolta  Journet a preparare uno schema «di ciò che Voi pensate debba essere fatto».

Tornato in Svizzera, il cardinale Journet riferì la richiesta a Maritain e questi all’inizio del 1968, a Parigi, redige un progetto di professione di fede. Terminato il lavoro l’11 gennaio, il 20 dello stesso mese lo invia al porporato che con celerità il giorno successivo lo trasmette al Papa. In effetti, nelle intenzioni, Maritain aveva elaborato un testo che fosse stato da traccia al cardinale, ma quest’ultimo trasmette al papa il testo di Maritain senza nessuna modifica. A giudizio del cardinale, in esso gia trovavano risposta tutti i dubbi sollevati dal Catechismo Olandese e da altri teologi contestatori.

Il 6 aprile arriva una lettera da Roma del teologo domenicano Benoit Duroux, consulente della Congregazione per la Dottrina della Fede. Elogia il testo di Maritain e lo correda con alcuni commenti, con molta probabilità provenienti dal Pontefice. Lo stesso, trasmette al Cardinale un biglietto di ringraziamento. Poi per oltre due mesi il silenzio.

Il 30 giugno 1968, Paolo VI pronuncia in piazza San Pietro il “Credo del Popolo di Dio”: Maritain lo viene a sapere solo il 2 luglio, leggendo un giornale. Dalle citazioni, intuisce che il Credo pronunciato dal Papa coincide ampiamente con la traccia scritta da lui. Le maggiori differenze: la soppressione di tre paragrafi: sugli Angeli, sull’unica origine del genere umano, sulla nuova era del Vaticano II, l’eliminazione di accenni a ebrei e musulmani, l’aggiunta di passaggi sull’unità dei cristiani, il battesimo dei neonati, lo stato terreno della Chiesa.

Maritain annota nel suo diario: «Sono confuso, profondamente scosso di essere coinvolto in un mistero che mi sorpassa in tal modo». Questo pensiero, va ad aggiungersi a quello del filosofo fatto presente nell’accompagnamento del testo al Cardinale Jounet: «Penso che al Papa sia richiesto non soltanto di dare istruzioni ammirevoli a persone che sono sempre più animalizzate, ma anche di far ascoltare un forte grido nel deserto».

Nel 1970, il cardinale Jounet scriveva che quel Credo rappresentava l’espressione finale dottrinaria del Vaticano II, concilio comunemente considerato “pastorale”.

Quel Credo, sollevò polemiche, ma coglieva nel profondo la crisi religiosa in atto negli anni successivi sulla giusta interpretazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Maritain infatti, aveva scritto che quel Credo nasceva da un’intuizione venuta «con un’intensità e chiarezza tali che non credo di poterla trascurare», considerata «la gravità della crisi che minaccia le fondamenta della Chiesa».

 

Carmelo Ferraro

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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