Pubblicato il 30 Ottobre 2018 | di Luciano Nicastro
0Come restituire umanità e fraternità al mondo globale
Se si considera l’esperienza singolare di Simone Weil, mistica rivoluzionaria del Novecento il rapporto Dio-Uomo è una via fondamentale e strategica per dare un senso proprio sia alla realtà della laicità che alla sacralità della solidarietà.
L’integrismo clericale non ha di per sé la forza del disvelamento veritativo e non riesce a superare l’illusione del laicismo ideologico perché al proprio interno il problema di Dio copre la questione dell’uomo. Quand’anche Dio «fosse un’illusione dal punto di vista dell’esistenza», dal punto di vista del bene è l’unica realtà. Simone Weil sostiene che la definizione: «Dio è il bene» è altrettanto certa della evidenza e certezza di «Io sono». Se Pascal ha inteso “scommettere” (il parì) sull’esistenza di Dio, la Simone Weil ha voluto affermare come certa, evidente ed assertoria l’identità di desiderio ed esistenza. «Dio è perché io lo desidero!».
Non è questa una proiezione irrazionale ma una convinzione della fede spirituale. Una concezione “spirituale”, infatti, non può non condurre che a questa certezza estrema. Bisogna risalire alla peculiarità della sua concezione di Dio. «L’atto creatore non è più pensato come presenza ma come assenza di Dio dal mondo, un atto di abdicazione che pone una distanza infinita tra la creatura che è nel tempo e il creatore che è fuori del tempo… Dio si è reso “impotente” nei riguardi della creatura al punto di dover mendicare il suo amore, cioè rinuncia ad “esistere” in modo separato per rispettare la sua libertà. Dio è originariamente svuotamento e fragilità ma non è un Dio “minore” perché è il bene. La creazione non è caduta e rottura ma «un libero rapporto d’amore tra Dio e la sua creatura». Dio si è reso impotente per amore.
La realtà di Dio è diversa dalla visione tradizionale: Dio non è Onnipotente ed invasivo, ma misericordioso, provvidente e donativo, dolce e amante, («tutto concentrato in sé!»). L’Uomo deve imparare ad essere una bella persona umana, un figlio di Dio e come Lui deve essere «buono, dolce e amante», non prepotente, ma concentrato, povero e donativo. Come Gesù Cristo deve dare la sua vita per il prossimo perché non c’è amore più grande di quello di colui che dà la sua vita per i suoi amici. Egli ha saputo perdere e nello stesso momento ha riacquistato la sua divinità. Il rapporto tra questo Dio e questo figlio divino passa dal bagno di sangue del Crocifisso e dalla Sua Resurrezione.
La Politica deve ritrovare questa natura e pervenire alla realtà della fraternità non come slogan ma come via di donazione. Vale a riguardo la luce profonda che viene da don Primo Mazzolari il quale in tempo di guerra diceva con la forza del discepolo di Cristo: «La fraternità è la consolante certezza di lavorare insieme per un bene che Dio vuole e che noi dobbiamo volere con Lui, con tutte le nostre forze».
In questo senso l’uomo è un politico cristiano nella misura in cui dona tutto con tutto il suo cuore e la sua capacità di servizio. Il mondo contemporaneo è stato stravolto dallo sradicamento e dallo svuotamento dei veri valori della civiltà cristiana ora dobbiamo operare una grande riconversione nella società e nella vita culturale, economica e politica.
Ancora oggi ci sono realtà umane che chiedono un nuovo radicamento, cioè una nuova etica e nuove virtù per dare un senso di umanità e di fraternità al nuovo Mondo Globale dove imperano i prepotenti di tutte le specie. La questione di fondo è ancora quella di venerare nell’uomo redento il mistero divino e porlo al centro come messaggio di attenzione massima dei politici odierni per i tempi di questa decadenza di civiltà.