Pubblicato il 10 Dicembre 2018 | di Vito Piruzza
0Il grido inascoltato della Chiesa sul Mezzogiorno
Poche prospettive in una realtà abbandonata
La recente visita del Papa in Sicilia continua a testimoniare un’attenzione della Chiesa verso le tante problematiche di cui soffre il Mezzogiorno d’Italia, una terra cui non sono bastati 150 anni di storia unitaria, ma neanche 60 anni di Europa per colmare il divario che la separa dal resto del Paese, divario che anzi negli ultimi anni è cresciuto ulteriormente.
Un Mezzogiorno d’Italia che, come registra lo Svimez, negli ultimi 16 anni ha visto migrare 1 milione 883 mila persone, di cui la metà giovani tra i 15 e i 34 anni, di cui quasi un quinto laureati, e per 800 mila non c’è stato ritorno.
Questo dato sintetico ma impietoso rappresenta senza ombra di dubbio tutto il disagio di questa terra e il suo deficit di speranza.
Papa Francesco ha espresso grande consapevolezza del problema nel discorso a Piazza Armerina(«Non sono poche le piaghe che vi affliggono. Esse hanno un nome: sottosviluppo sociale e culturale; sfruttamento dei lavoratori e mancanza di dignitosa occupazione per i giovani; migrazione di interi nuclei familiari; usura; alcolismo e altre dipendenze; gioco d’azzardo; sfilacciamento dei legami familiari») e non dimentichiamo che l’occasione della visita era rendere omaggio in occasione dei 25 anni dell’omicidio al beato Don Pino Puglisi quindi alla risposta intransigente della Chiesa alla piaga della mafia.
Ma è giusto e opportuno evidenziare che la voce del Santo Padre non si è alzata solista a denunciare l’ingiustizia di una diseguaglianza territoriale oramai divenuta insopportabile; i pastori dell’Italia meridionale hanno con costanza e a più riprese sollevato il problema richiamando i governanti al dovere di farsene carico.
Fin dalla famosa lettera collettiva del 25 gennaio 1948 di 73 vescovi 2 prelati e 3 abati, intervento corale di tutta la Chiesa del Mezzogiorno che faceva sintesi dei tanti interventi delle chiese particolari e che sollevava con forza il problema della questione meridionale, il problema è sempre stato affrontato dalla Chiesa con forza conferendo anche alla denuncia la solennità della azione collegiale; così anche e con maggior forza nel 1989 la Cei pubblica il documento ‘‘Sviluppo nella solidarietà: Chiesa Italiana e Mezzogiorno” la problematica viene assunta come emergenza da tutta la Chiesa italiana.
Per ragioni di spazio non possiamo ricordare le decine di interventi dei tanti vescovi che hanno affrontato il problema, ma non possiamo certo non ricordare il veemente appello di Giovanni Paolo II contro uno dei mali atavici del meridione la mafia?
E poi un anno e mezzo fa a Napoli i Vescovi di tutte le regioni del Mezzogiorno hanno discusso per due giorni di ‘‘Chiesa e lavoro. Quale futuro per i giovani del Sud?’’ con un appello finale in cui partendo dal problema («affrontare la penosa e drammatica congiuntura della perdita del lavoro, dell’angosciante delusione di larghe schiere di giovani») denuncia una società che «ha organizzato il suo benessere a debito sulle generazioni future, permettendosi un livello di vita al di sopra e trasforma il lavoro in una merce qualsiasi» e stimola la classe dirigente con energia: «bisogna sgombrare il campo dalle logiche del clientelismo, dalle lentezza della burocrazia, dalla invadenza della malavita organizzata». Chiedendo di fare presto: «Oggi più che domani. Perché domani forse sarà troppo tardi».
Ma … il tempo è passato … ed ecco allora è arrivato anche il viaggio di Francesco in Sicilia …