Pubblicato il 7 Gennaio 2019 | di Redazione
0Il dramma del popolo siriano e il suo desiderio di pace
Il 30 Novembre scorso a Ragusa, nella parrocchia di San Giuseppe Artigiano, è stato presente padre Ibrahim Alsabagh, parroco di Aleppo, per far conoscere la sofferenza del popolo siriano, martoriato da una guerra che dura da molto tempo, e per testimoniare l’impegno della Comunità cristiana per ricostruire la speranza nel cuore della gente. Invitato dal Centro Socio-culturale Ibleo, dall’Ufficio diocesano per i Problemi Sociali e il Lavoro e la Consulta diocesana delle Aggregazioni Laicali, padre Ibrahim ha presentato il suo libro dal titolo “Viene il Mattino: Aleppo-Siria riparare la casa, guarire il cuore”.
Gli abbiamo rivolto alcune domande per conoscere il dramma del popolo siriano e il suo desiderio di pace, attraverso lo sguardo di un pastore.
Padre Ibrahim, il suo libro porta un titolo che apre alla speranza: vedere la luce avendo sperimentato la notte, come mai questa scelta?
“Sicuramente è stata una scelta voluta anche a seguito del primo libro intitolato “Un’istante prima dell’alba”, nel quale era già presente qualcosa della notte, ma allo stesso tempo anche qualcosa della luce, dell’alba, dell’arrivo del mattino: un miscuglio fra la notte in cui viviamo noi ad Aleppo, in tutta la Siria e in tutto il Medio Oriente e, allo stesso tempo, la speranza certa che questa notte finirà e che il mattino prima o poi arriverà”.
L’esodo di un popolo, la fuga dalla guerra, le persecuzioni dei cristiani: lei parla di seme di novità, in che senso?
“Sicuramente la storia si ripete all’infinito, con tutta questa guerra sembra che non ci sia nulla di nuovo sotto il sole, ma dall’altra parte c’è qualcosa che nasce da dentro, dalla fornace ardente di Aleppo, da cui la ricostruzione riparte, dato che, oltre tutti i segni di morte, ci sono anche segni di vita, tra cui la Chiesa con il seme del Verbo di Gesù Cristo, il Risorto, che ha vinto la morte e il peccato: tutto questo conferisce novità”.
Che cosa possono testimoniare i cristiani in un contesto così difficile?
“I cristiani possono testimoniare che Gesù Cristo è risorto, e, quindi, è presente in mezzo a loro, assiste il suo popolo, non lo abbandona mai, è molto più vicino di quello che si possa immaginare, è provvidente, cura con tanta tenerezza l’uomo e si manifesta, specialmente, quando ci sono le sofferenze più grandi che una persona o un popolo possono sperimentare.
Il fatto della presenza della persona di Gesù Cristo è quello che testimoniano tutti lì, ma, allo stesso tempo, anche la sua vittoria sul male, sul peccato, sull’avidità, sulla sete di potere e di dominio dell’uomo. Alla fine l’ultima parola non sarà mai del male, del peccato, dell’avidità, ma sarà della vita”.
Per riparare la casa e guarire il cuore in Siria che cosa si può fare?
“Iniziata già quattro anni fa, e tutt’ora in atto, l’opera di ricostruzione delle case, che vede attiva la Chiesa locale, ha contribuito a rendere abitabili 1250 case, che avevano subito danni e crolli su piani diversi. Questa è una chiara testimonianza che c’è tanto da fare e possiamo fare tanto. La nostra è una piccola Comunità latina che riesce a dare speranza, a muoversi con tutta la sua forza, ma anche con tutti i limiti, per cominciare ad aprire una strada nuova, in mezzo alle macerie di Aleppo, mediante la ricostruzione delle case, ma anche restituendo la speranza al posto della disperazione, che in diversi momenti ha regnato nel cuore degli abitanti.
Attraverso la ricostruzione delle case e i progetti di microeconomia, rivolti a tante persone impossibilitate nell’avvio di un progetto di lavoro, in una città distrutta, con le ali spezzate dal punto di vista economico, la Chiesa è riuscita a far ripartire tanti progetti per ricostruire, creare lavoro e comunione fra i diversi elementi della società. La Chiesa ha aperto una strada nel deserto, sostenendo concretamente quell’uomo danneggiato, distrutto dal terrore, dalla morte nel corpo e nell’anima e a farlo risorgere con Cristo Gesù”.
Intervista a cura di Vincenzo La Cognata