Vita Cristiana

Pubblicato il 22 Gennaio 2019 | di Redazione

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Guardare al giovane san Giuseppe

San Giuseppe è un modello esemplare di risposta vocazionale per i nostri giovani.

«A fianco della Vergine, anche la figura di Giuseppe suo sposo costituisce un modello esemplare di risposta vocazionale. E’ un breve passaggio del documento finale del Sinodo dei Vescovi nella sua XV assemblea Generale ordinaria, riguardante i Giovani, la loro fede e il loro discernimento vocazionale» .

Ancora una volta, e finalmente, San Giuseppe viene così preso in considerazione dalle ultime riflessioni ecclesiali in attesa di speranzosi frutti nella pastorale, non solo in quella della famiglia e del lavoro, ma stavolta anche nella pastorale giovanile.

Non sono poche le persone ancora legate e affezionate all’iconografia per niente conforme al Vangelo la quale per secoli ha voluto un san Giuseppe molto anziano, quasi ottantenne. «Sciocchi dipintori – direbbe il buon San Bernardino da Siena – che lo dipingono come un vecchio maninconioso» . Oggi, per fortuna, la serietà e l’incisività della giosefologia, riscoperta e riconsiderata da molti, finalmente ha ridato al nostro santo la giusta età e dunque anche la giusta attualità, soprattutto per i giovani.

San Giuseppe è sì, padre di Gesù, sposo di Maria, carpentiere e uomo giusto, ma lo è con una specificità che purtroppo non è stata evidenziata abbastanza: la sua giovinezza. Egli è stato un padre giovane e quindi ora modello appropriato per i giovani padri, sposo giovane per i giovani sposi, è stato un lavoratore giovane e dunque modello esemplare per i giovani lavoratori, giusto giovane per giovani uomini.

Altro che vecchietto, altro che personaggio distante e quasi insignificante. «Giuseppe è colui che Dio ha scelto per essere “l’ordinatore della nascita del Signore”, colui che ha l’incarico di provvedere all’inserimento ordinato del figlio di Dio nel mondo, nel rispetto delle disposizioni divine e delle leggi umane. Tutta la vita cosiddetta privata o nascosta di Gesù è affidata alla sua custodia» (RC 8).

«E’ stato chiamato da Dio a servire direttamente la persona e la missione di Gesù mediante l’esercizio della sua paternità: proprio in tal modo egli coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della Redenzione ed è veramente “ministro della salvezza”» (ibidem). E buona parte di questa sua vocazione è stata vissuta nel vigore dei suoi anni giovanili.

Pertanto la figura e la missione di San Giuseppe nella storia della salvezza sono e saranno un punto di riferimento per ogni giovane che vuole rinnovare la propria fede o ripensare seriamente al proprio discernimento vocazionale.

«Un singolare maestro nel servire la missione salvifica di Cristo, compito che nella Chiesa spetta a ciascuno e a tutti: agli sposi ed ai genitori, a coloro che vivono del lavoro delle proprie mani o di ogni altro lavoro, alle persone chiamate alla vita contemplativa come a quelle chiamate all’apostolato» (RC 32).

Il “sì” di Giuseppe, dunque, fatto di opere e non di parole, può essere di esempio al “sì” di ogni giovane, al “sì” di ogni “risposta vocazionale” giovanile. Il “sì” dei giovani di oggi diventi un riflesso di quello di san Giuseppe: un “sì” casto e puro, per essere fidanzato-sposo. Un “sì” tenero e responsabile per fare da padre, un “sì” onesto e laborioso per esercitare una degna professione, un “sì” coraggioso e fiducioso per uscire dalla propria terra natia, un “sì” santo e oblativo nell’essere cristiano, un “sì” dignitoso e virtuoso per essere buon cittadino.

Le gioie e i dolori, le paure e le speranze di ogni giovane in cerca di un partner, di un lavoro, di una dimora, di una patria, di un futuro e di tanto altro ancora, san Giuseppe dal Cielo le comprende bene perché in terra le ha vissute bene, cioè virtuosamente e santamente: «Nel corso della sua vita, che fu una peregrinazione nella fede, Giuseppe, come Maria, rimase fedele sino alla fine alla chiamata di Dio. La vita di lei fu il compimento sino in fondo di quel primo “fiat” pronunciato al momento dell’Annunciazione, mentre Giuseppe al momento della sua “annunciazione” non proferì alcuna parola: semplicemente egli “fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore”» (Mt 1,24).

E questo primo “fece” divenne l’inizio della “via di Giuseppe”. Lungo questa via i Vangeli non annotano alcuna parola detta da lui. Ma il silenzio di Giuseppe ha una speciale eloquenza: grazie ad esso si può leggere pienamente la verità contenuta nel giudizio che di lui dà il Vangelo: il “giusto” (Mt 1,19). Bisogna saper leggere questa verità, perché vi è contenuta una delle più importanti testimonianze circa l’uomo e la sua vocazione. Nel corso delle generazioni la Chiesa legge in modo sempre più attento e consapevole una tale testimonianza, quasi estraendo dal tesoro di questa insigne figura “cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52) (RC 17).

Per tale motivo ancora oggi abbiamo perduranti motivi per raccomandare a san Giuseppe i nostri giovani, perché con il suo esempio e mediante il suo soccorso possano virtuosamente vivere la giovinezza della loro futura vita familiare e lavorativa, svolgendo il loro ruolo di sposi, di genitori e di lavoratori in santità e per la santità.

Cari giovani, ripartendo dal Sinodo a voi dedicato e da voi celebrato, cogliete l’invito che per secoli la Chiesa mai si è stancata di ripetere; anche voi e soprattutto voi Ite ad Jospeh”. Andate da Giuseppe. Il giovane Giuseppe.

Paolo Antoci

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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