Società

Pubblicato il 6 Febbraio 2019 | di Agenzia Sir

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Sono solo, malato, mi sento abbandonato

La XXVII giornata diocesana del malato si celebra come oramai consuetudine nel giorno della ricorrenza della Madonna di Lourdes, e significative sono le iniziative promosse dall’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Salute in occasione di questa giornata.

Da citare, nel saloncino della parrocchia San Pietro apostolo a Ragusa, un incontro su “Il servizio ai malati dei ministri straordinari della comunione”: presente don Giorgio Occhipinti, direttore dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Salute. Altro appuntamento è quello su “Gli hospice e la speranza”con la presentazione della prima edizione del concorso artistico “Una carezza per chi soffre: i sentieri del sollievo”. Si tratta di un progetto indirizzato agli studenti delle terze e quarte classi degli istituti di istruzione secondaria superiore. Poi ancora nella cappella della Clinica del Mediterraneo di via Ettore Fieramosca, in programma la celebrazione eucaristica e la benedizione dei medici e degli operatori sanitari all’insegna del tema “La missione del medico nel lenire la sofferenza del malato”. Quella del malato è una realtà che diventa oggi più che mai di scottante attualità; viviamo in una società anziana, le aspettative di vita grazie alla scienza si sono allungate di molto, nel contempo sta emergendo un fenomeno preoccupante: quello della solitudine.
Solitudine negli affetti, solitudine nella famiglia, solitudine nella società , solitudine nella povertà, solitudine nel dolore e nella sofferenza per la malattia. Forse quest’ultimo fenomeno è tra i più cogenti: l’ammalato quando diventa tale diventa quasi un peso, un peso per la comunità, per la società, per la famiglia: ce ne accorgiamo quando abbiamo l’opportunità di trovarci in una corsia d’ospedale o in una comunità d’accoglienza.

Il vangelo è stracolmo di argomenti su questa realtà sociale, eppure c’è stato qualcuno pochi anni fa che ha affermato che “Il malato deve essere al centro, soggetto e non oggetto in questo mondo contemporaneo” tant’è che a lui ha dedicato una giornata mondiale di ricordo: parliamo di Papa Giovanni Paolo II, una figura emblematica che ha fatto della sofferenza la bandiera stessa della Sua esistenza terrena. Per quel Papa stare con gli ammalati , servirli con amore e competenza, non è soltanto un’opera umanitaria e sociale, ma anche e soprattutto un’attività eminentemente evangelica, poiché Cristo stesso invita ad imitare il buon samaritano, che quando incontrò sulla sua strada un uomo che soffriva non «passò oltre», ma n’ebbe compassione .
Più volte ed in tante occasioni abbiamo ascoltato le parole del Grande Papa il quale ribadiva il concetto che l’uomo è chiamato alla gioia e a una vita felice, ma sperimenta quotidianamente molte forme di dolore e la malattia è l’espressione più frequente e più comune della sofferenza umana. Le Sue parole sono ascritte quasi con lettere indelebili : “ Il dolore, l’infermità e i momenti bui dell’esistenza umana acquistano una dimensione profonda e apportatrice di speranza. Non si è mai soli davanti al mistero della sofferenza: per tutti c’ è Cristo, che dà senso a tutta la vita: ai momenti di gioia e di pace così come ai momenti di afflizione e di dolore. Con Cristo tutto ha senso, comprese la sofferenza e la morte; senza di Lui, niente può essere spiegato appieno, neanche i legittimi piaceri che Dio ha associato ai diversi momenti bui della vita”.

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