Pubblicato il 7 Febbraio 2019 | di Alessandro Bongiorno
0Centro storico: «Agire subito o non resterà nulla»
Il quartiere San Giovanni non può attendere altri dieci anni di dibattito sul centro storico. Occorrono soluzioni a breve, medio e lungo termine perché, se si continua così, «tra dieci anni non resterà più niente».
È il pensiero di padre Giuseppe Burrafato, parroco della cattedrale, che guarda con preoccupazione al futuro del quartiere che è anche l’anima di Ragusa.Negli ultimi anni si è sempre più spopolato e, di recente, ha anche perso importanti poli d’attrazione (la biblioteca, l’ospedale Civile, la Banca d’Italia) e ha visto abbassarsi saracinesche sormontate da prestigiose insegne.
«Ho ritrovato – afferma padre Burrafato – un articolo di padre Tidona del 14 giugno 1995. Sono passati quasi 25 anni e i problemi allora denunciati sono rimasti tali e quali e si sono ancora aggravati. Continuiamo a celebrare più funerali che battesimi, la popolazione si è spostata ancora di più verso la periferia, il patrimonio abitativo si è deteriorato, mancano servizi essenziali che possano aiutare gli anziani e spazi per lo sport e il tempo libero dei ragazzi, il verde è carente, i trasporti pubblici insufficienti. Questo denunciava allora padre Tidona e questa è la situazione di oggi. Abbiamo perso 25 anni».
Il piano particolareggiato dei centri storici ha fallito. Ha finito con il creare un quartiere-museo dove è sempre più difficile trovare una sufficiente qualità della vita. I turisti, dal canto loro, privilegiano Ibla o Marina di Ragusa.
E allora da dove ripartire? «La risposta – ribadisce padre Burrafato – è sempre quella che 25 anni fa diede padre Tidona. Occorre creare i servizi che mancano e riscoprire la funzione residenziale di questo quartiere perché il centro ha qualità dell’abitare che altrove è difficile ricreare. Già allora padre Tidona parlava della necessità del riuso e del recupero del patrimonio edilizio che oggi rischia le conseguenze dell’abbandono o del degrado. Si deve dare la possibilità di ristrutturazioni, anche totali, per gli immobili non di pregio e fare in modo che le famiglie tornino nel centro. Servono scelte politiche e amministrative chiare e fattibili. Comune e Istituto case popolari potrebbero anche acquisire o prendere in affitto alcune abitazioni per dare una casa a chi ne ha bisogno. I costi non sarebbero eccessivi e si eviterebbe anche di creare ghetti come è successo in altre zone della città. Il dibattito non può ridursi all’opportunità di chiudere o meno al traffico cento metri di una strada, per quanto importante come via Roma. La zona a traffico limitato può aiutare ma non può limitarsi a cento metri. Deve, piuttosto, comprendere un’area più vasta, un quadrilatero che comprenda anche corso Vittorio Veneto e via Mario Leggio. Così avrebbe un senso e il quartiere potrebbe tornare a recuperare anche la sua vocazione commerciale».