Società

Pubblicato il 21 Febbraio 2019 | di Redazione

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Ragusa: prima,l’uomo

Il centro ascolto Caritas di via Ecce Homo

“Possiamo farci distrarre da tante cose che hanno poco senso, ma tutti abbiamo un cuore. E, in fondo, la generosità verso l’altro è il motore della nostra vita”.

In fondo alla nostra intervista, alla domanda se esista ancora la generosità come cemento della comunità a Ragusa, ci risponde così Salvatrice Dipasquale, referente del Centro Ascolto Caritas di via Ecce Homo a Ragusa. Del resto, fin dalle prime battute, a colpirci era stato il suo sorriso. E quello di tutta l’equipe del Centro, che fa dell’accoglienza il proprio punto di forza.

“Siamo aperti dal lunedì al venerdì, di regola dalle 9 alle 12. Ma se c’è un’esigenza, non ci formalizziamo”.

Una ventina, più o meno, i volontari che aiutano Salvatrice, in un’azione quotidiana al servizio degli altri. “I problemi che ci portano le persone – spiega – sono tanti. E i più diversi. Il vitto, che non è di nostra competenza e quindi dirottiamo verso le realtà parrocchiali Caritas, il pagamento delle bollette, le bombole del gas, specie in questo periodo, i vestiti. E poi, la vera piaga di questi ultimi tempi: la casa”.

Un numero sempre maggiore di italiani vengono al Centro di Ascolto, spesso giovani coppie.

“Fino a poco tempo fa – ci dice con grande amarezza Salvatrice – lavoravano entrambi i coniugi. Ora, magari con bambini piccoli, essendo stati licenziati, sono costretti a chiedere aiuto. Per di più, in alcuni casi, con mutui da pagare, o affitti. A volte non si pensa che dietro un negozio o un’attività che chiude, non c’è solo il titolare, ma anche tante persone che non possono più lavorare. Oppure non si coglie la grande crisi di numerosi settori, a partire da quello edile”.

I numeri, sono davvero preoccupanti: oltre 1.500, le persone che, nel corso dell’anno, chiedono aiuto al Centro di via Ecce Homo.

“La nostra missione – sottolinea Salvatrice – è, primariamente e principalmente, l’ascolto. Per questo siamo qui, per curare la relazione con l’altro”. I primi colloqui, quando le persone si avvicinano al Centro, li fa proprio Salvatrice. “Per conoscerci – spiega – e per capire come aiutare davvero la persona che abbiamo davanti. Prima di tutto, ascoltando la sua storia”.

Tutti sono accolti, tutti sono ascoltati. “Se non riusciamo a rispondere a quello che ci chiedono – afferma Salvatrice – cerchiamo di trovare comunque una soluzione, oppure proponiamo il nostro aiuto, nei limiti delle nostre possibilità”.

Al centro, l’uomo. “A noi interessa la storia della persona, la sua sensazione di sentirsi accolto e, magari dopo tanto silenzio, e sofferenza, ascoltato”.

Tre i Centri Ascolto attivi in diocesi, oltre a quello di Ragusa, la Caritas ha attivato strutture analoghe anche a Vittoria e Comiso. “Per noi è molto importante la formazione – precisa Salvatrice – anche perchè senza la capacità di crescere a livello personale, è difficile riuscire a entrare in relazione con le persone che hanno bisogno e farsi “prossimo”, con rispetto, sensibilità e dignità”.

Cosa vorrebbe per il futuro, da una persona con la dolcezza di Salvatrice, è facile immaginarlo.

“Il lavoro – ci dice con la voce sommessa, come una preghiera quasi silenziosa – tante persone, se avessero il lavoro, non avrebbero bisogno di venire da noi. E magari, avendo visto da vicino il nostro Centro, potrebbero poi aiutare anche altri “fratelli” a uscire dalle difficoltà. Anche perché, l’assenza di lavoro, spesso, si accompagna a crisi familiari, separazioni, rabbia, solitudine. Noi, con la nostra presenza, accanto alle persone che soffrono, cerchiamo di rispondere a questa necessità. Non è facile, ma il nostro gruppo, e la coesione che si è cementata nel tempo, ci aiuta ad affrontare le situazioni più difficili”.

E la comunità ragusana (torniamo alla domanda iniziale), capisce quale sia la situazione reale, specie dal punto di vista della povertà?

“Guardi, è un problema di scarsa conoscenza, che a volte viene ulteriormente aggravata dal pensare di comprendere situazioni che non si conoscono da vicino. Me ne accorgo, a volte, con le persone che si accostano al nostro Centro, per dare una mano, anche occasionalmente. E mi dicono: non mi aspettavo che la situazione di tante persone, fosse questa. Ne avevo sentito parlare, ma non credevo fosse così. A volte, per capire, bisogna vedere, non solo con gli occhi, ma anche con il cuore”.

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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